RENZO FRANCABANDERA | La sensazione, all’uscita dalla due giorni proposta all’interno della sempre interessante rassegna di danza MilanOltre, e dedicata al ballerino anglo-indiano Aakash Odedra, è simile a quella che si ha quando si ascoltano in sequenza i due album Passion: Music for The Last Temptation of Christ e Passion Sources di Peter Gabriel. Due serate, una dedicata a quello che il contemporaneo ha da dire al tradizionale e una dedicata a quello che il tradizionale ha da dire al contemporaneo, in una mescolanza fra linguaggio tradizionale indiano (Kathak e Bharata Natyam) e danza contemporanea europeo.
Lontani come siamo da qualsivoglia competenza sulla danza tradizionale indiana, almeno nelle sue forme più conosciute, una luce sulle profonde intenzioni che hanno portato il notevole danzatore britannico alla realizzazione del progetto Rising, portato in scena il 27 settembre all’Elfo di Milano che ospita la rassegna, la fornisce questo breve ma interessante video documentario che unisce alla voce dell’artista il racconto delle sue esperienze e le voci dei curatori, insieme a lui, del trittico che compone Rising, ovvero Russell Maliphant che firma la coreografia di “Cut”, in cui Aakash riprende il dialogo sempre presente con la cultura e la tradizione sufi, Akram Khan, in questi giorni ospite a Romaeuropa, coreografo di “In the Shadow of a Man” e Sidi Larbi Cherkaoui per “Constellation”. La proposta artistica si basa su pesi e contrappesi di corpo e luce, in una geometria le cui profonde ragioni si intuiscono però con maggiore chiarezza il giorno dopo.
Molti degli spettatori della prima serata sono accorsi, aspettandosi ancora un emozionante rilettura contemporanea di gestualità ancestrali, mentre Aakash Odedra spiazza il pubblico proponendo un lavoro con Sanjukta Sinha, elegantissima danzatrice di danza tradizionale, che con lui in un seguirsi di passi a due e soli, interpreta Tatha, un titolo che evoca sicuramente il Katha tradizionale. Firma la coreografia Kumudini Lakhia, e anche qui null’altro se non i corpi e le luci riempirono gli occhi dello spettatore, a partire dal controluce iniziale rosso carminio, su cui le due figure si stagliano nere. Pian piano il controluce si attenua rivelando le due figure in abiti tradizionali rossi, mentre il fondale torna nero. Di qui in poi un seguire di passi e coreografie di danza tradizionale, roots, per così dire, rispetto a quanto visto la sera prima. Qualche concessione alla contemporaneità di tanto in tanto, qualche posa e qualche sguardo teatrale, oltre il codice puramente fisico.
Quattro puntatori laterali bassi dietro le quinte a destra e sinistra, e poi una serie di fari a creare luci coniche verticali. Un microfono di tipo boundary layer, di quelli che raccolgono il suono ambientale, utile ai danzatori ad esaltare il riverbero delle tavole del palcoscenico percosse dai loro piedi nudi, e il ritmo forsennato, soprattutto nel secondo solo di Odedra, delle cavigliere tradizionali. Il finale è un passo a due di ispirazione sufi, con il vestito bianco già visto in Rising.
Il lavoro di Odedra è prossimo sotto molti aspetti a quello di ricerca sulla tradizione flamenca di Galvàn (non a caso protagonista a Romaeuropa insieme ad Akram Khan anello di congiunzione fra le due esperienze). Ma nominiamo qui anche la notevolissima e coreograficamente non meno ricca e originale ricerca di Colin Dunne sulla danza tradizionale irlandese, visto in Italia a Torino- Venaria, ospite di Teatro a Corte 2013, o il lavoro di Sciarroni sulla danza tradizionale tirolese, riletta in un’ottica di atto artistico senza soluzione di continuità. Mai come in questi anni il rapporto ricco e intenso, fortemente dialogico fra tradizione e contemporaneità sta diventando alimento per una creatività non più di negazione, ma anzi, di ricerca di un’ancestralità che non è solo gestuale ma concettuale, un richiamo a idee profonde, cui spesso basta giustapporre poche e ben realizzate coreografie di luce, capaci di esaltare la modernità delle movenze, la loro attualità profondissima e capace di dialogare in forma estesa, perché le danze tradizionali hanno codici comunicativi di base molto simili anche in culture lontanissime. E gli esperimenti come quelli di Odedra se ne fanno messianica rivelazione.
MilanOltre continua fino al 12 Ottobre con una interessante vetrina italia (tra gli altri Albanese e Beltrami), e dal 4 al 7 la National Dance Company Wales.