RENZO FRANCABANDERA | E’ un’edizione, quella 2014 di VIE, storico festival che si svolge ogni anno in Emilia sotto la guida di direzione artistica di Emilia Romagna Teatro, che pur non avendo un focus specifico, continua ad attraversare la contemporaneità, cercando di intercettare nuove identità e soggettività nell’ambito dello spettacolo dal vivo.
E queste identità, mai come in quest’ultimo biennio, paiono focalizzare l’attenzione su quello che più la nostra società ha rimosso negli anni, ovvero il rapporto con la malattia, la morte, la crisi dell’individuo. Ma non si pensi a spettacoli struggenti di tono decadente, perché la sensazione mal si coniugherebbe, ad esempio con Au-delà (Aldilà), la coreografia di DeLaVallet Bidiefono, collettivo di danzatori neri che sulle musiche eseguite dal vivo da Morgan Banguissa e Armel Malonga, e con una testualità non meno sonora, recitata roca e a tratti quasi heavy metal da Athaya Mokonzi su testo di Dieudonné Niangouna, andato in scena nel primo week end allo Storchi di Modena. Lo spettacolo nasce a Brazzaville in Congo dove lo stesso Bidiefono racconta di come fare danza in quel luogo lo abbia avvicinato all’esperienza dell’aldilà, dopo giornate intere passate senza mangiare e bere. “Con Au-delà voglio raccontare la storia del mio incontro con la morte, e di come la mia gente l’affrontata. Spero anche di riuscire a raccontare quanto la mia relazione con ‘l’aldilà’ abbia nutrito il mio impegno artistico e politico”. Lo spettacolo mostra un’Africa viva, piena di un’energia quasi mitica, e spesso soggiogata all’idea della morte violenta quasi come retaggio di un colonialismo che a volte come tutte le forme di schiavitù, trova criminali interpreti in loco. Il rapporto fra valore della vita e potere è un altro dei sentimenti che lo spettacolo è capace di indagare con profondità.
Se dal punto di vista coreografico lo spettacolo resta su stilemi già praticati dal contemporaneo, la combinazione con la musica dal vivo e il rapporto con l’energia vitale primordiale offrono, all’interno di un disegno luci (Stéphane ‘Babi’ Aubert) assai sofisticato, ai danzatori Flacie Bassoueka, DeLaVallet Bidiefono, Destin Bidiefono, Ingrid Estarque, Ella Ganga e Nicolas Moumbounou uno spazio d’azione intenso fatto di scene e sequenze composte di testo, movimento, musica. Una musica fatta di sola sezione ritmica, batteria e basso, con qualche ulteriore ingegnoso e suggestivo escamotage sonoro.
Un ritmo, un suono e un movimento diversissimo da Crocifissione e Deposizione di Virgilio Sieni, spettacolo-polittico ispirato al Vangelo secondo Matteo da cui sono tratti questi due quadri coreografici, progetto speciale di formazione di Biennale College Danza avviato da Virgilio Sieni nel dicembre 2013, e il cui debutto mondiale è avvenuto a luglio nell’ambito del 9. Festival Internazionale di Danza Contemporanea della Biennale di Venezia, con la regia e coreografia di Virgilio Sieni. Parliamo senza dubbio di una delle sue realizzazioni più alte e poetiche degli ultimi anni, e che si fa forte di quel percorso avviato in tutta Italia di via sociale alla danza.
Da Giuseppe Comuniello, performer già interprete de l’Atlante del bianco, ospite alcuni anni fa proprio qui a Vie, e interprete di Deposizione, allo straordinario gruppo di cantori corali e neo danzatori interpreti di Crocifissione, arriva un’emozione grandissima al pubblico. I venti spettatori ammessi per replica si trovano davvero ai bordi di un’emotività fragile e intensa, come il respiro che i cantori si passano l’un l’altro, gli ultimi di un uomo che si muove lentamente e con sofferenza fra piccoli assi e oggetti di legno. Una danza fragile, che si spegne lentamente.
Crocifissione è realizzato con la partecipazione di quarantatré elementi della Corale G. Saviani di Carpi, che Sieni ha avuto modo di conoscere lo scorso anno in HOME_quattro case, lavoro ideato appositamente per VIE, che danno quest’anno corpo e voce al momento dell’avanzare lento della croce e del condannato al Golgota. Nessuna scenografia e le abituali luci neutre, quasi fredde a cui Sieni ci ha abituato, che portano l’atmosfera in una dimensione di atemporalità e atopicità assoluta. La coreografia rivendica e manifesta la potenza della coralità teatrale, unita alla soavità straziante di un Requiem che viene eseguito sia da una parte dei 43 disposti a coro sullo sfondo che dai circa 20 interpreti dell’azione teatrale. Uomini e donne maturi che compongono e scompongono quadri viventi in movimento di rara icasticità, trascinando gli spettatori verso un Golgota emotivo da cui non si riesce a prendere distanza. Un pezzo di storia del teatrodanza di cui occorre far menzione come uno degli esiti più alti di questo tipo di ricerca scenica.