VINCENZO SARDELLI | Il teatro come esperienza assertiva, momento epifanico della propria identità. Autenticità e naturalezza sono la cifra di Fattoria Vittadini, gruppo di scuola Paolo Grassi che ha portato in scena, al Teatro dell’Arte di Milano, il musical postmoderno OOOOOOO.
Mix di danza, canto e recitazione, OOOOOOO è una sorta di brainstorming del “pensiero debole” che passa al vaglio la generazione Y, giovani intorno ai trent’anni o giù di lì. A scatenare questo cortocircuito sociologico e artistico è l’incontro tra Fattoria Vittadini e l’artista italo – olandese Giulio D’Anna.
Lo spettacolo è l’occasione per sette giovani performer (Mattia Agatiello, Chiara Ameglio, Cesare Benedetti, Noemi Bresciani, Maura Di Vietri, Riccardo Olivier, Francesca Penzo) di creare nuove dinamiche relazionali. Tutti si mettono a nudo. Svelano il proprio essere, agire, pensare. È un outing collettivo che rivela scelte e inclinazioni riguardo ad amicizie e sentimenti, sesso e religione, verità, menzogna, felicità, vita, morte, letture. Fino ai rapporti più personali con se stessi, genitori e partner. Molta intimità, nulla di sconvolgente. Ma proprio quest’autenticità, in fondo elementare, offre allo spettatore appigli per riconoscersi.
Rivelarsi per identificarsi. Scoprirsi per relazionarsi. I sette protagonisti sono elementi di un’architettura che si decompone e ricompone, rimodellandosi continuamente. Come oggetti di cera pongo, esplorano l’io e il mondo. Si separano, si confondono. Entrano ed escono dalle vite altrui. OOOOOOO è uno spettacolo proteiforme. Le note di Feelings di Alan Morris introducono una riflessione corale sul tema delle relazioni fallite. I curriculum lavorativi dei performer si liquefanno in percorsi esistenziali e psicologici. S’intersecano con dati statistici più generali.
La fisicità declina memorie ed emozioni, riflessioni e progetti. È una danza sofisticata, plastica, che crea scogli e montagne, sentieri, intrecci di corpi e di pensieri.
Quest’umanità qualunque si libra attraverso il gesto. Movimenti soft accompagnano le parole, pronunciate o proiettate sullo sfondo, in una performance mai didascalica. Gli attori mettono in scena un’individualità non autoreferenziale, inserita in un contesto collettivo. La dialettica d’incontri non degenera. Mira all’accettazione e all’armonia. Il contatto è reciprocità senza invadenza. La compenetrazione nasce dalla condivisione. I personaggi si sorreggono. Si camminano addosso senza calpestarsi.
I gesti hanno una musicalità. I muscoli diventano casse di risonanza per le mani, con qualche migliaio di schiaffi autoinflitti, ripetuti, ritmati, che segnano (forse) la via per il risveglio.
La musica scelta da Marcello Zempt crea atmosfere sopite: spirituali, senza derive esoteriche.
Ogni performer è parte di un organismo totale. Gli estemporanei strappi rispetto a questa dimensione d’integralità, di totalità, determinano perciò un incedere sgraziato, anchilosato. I corpi cadono, gli sguardi si perdono nel nulla. Se la solitudine contingente è sopportabile, l’assenza imposta dagli altri diventa devastante. Privi di sostegno, cadiamo, ci rialziamo a fatica, in un vuoto a perdere che conduce al nichilismo.
OOOOOOO è un’opera scanzonata, giovane, che presuppone la massima libertà espressiva di tutti i protagonisti. È un inno alla tolleranza e alla leggerezza, che ripudia ogni accesso moralistico. Sembra la perfetta incarnazione del metodo Stanislavskij, che crea una sottile relazione tra il mondo interiore del personaggio e quello dell’attore, e dà sfogo al sottotesto delle emozioni e dei bisogni personali e collettivi.