RENZO FRANCABANDERA | L’incontro con Davide Lorenzo Palla non arriva nel foyer o seduti dentro comode poltroncine teatrali. Capita tipicamente nei bar e locali della città, dove lui vestito in abiti civili si trasforma in Otello in poche mosse, con un cappello in stile antico e una giubba scura. Poi lui fa tutto: da Otello a Desdemona, e Iago ovviamente.
La ricerca sulla materia popolare dei testi del bardo e sulla sua accessibilità è una delle cose più interessanti del lavoro che l’attore porta avanti da alcuni anni e che si sta risolvendo in una trilogia di cui è in preparazione il prossimo Giulietta e Romeo.
Pur con qualche ovvia concessione alla leggerezza, l’operazione è di sicuro interesse, perché permette due cose che negli anni si erano un po’ perse, ossia il teatro accessibile fuori dal teatro ma in spazi e luoghi di ritrovo, e l’altro era la dimensione più orale, drammaturgica del lavoro shakespeariano.
Andando al merito tecnico della proposta, Davide Lorenzo Palla, accompagnato dal polistrumentista Tiziano Cannas, sviluppa fin dall’inizio un rapporto fedele con il testo: il suo è proprio l’Otello, non un remake moderno, una riscrittura. Ovviamente vengono scelti alcuni passaggi essenziali, semplicemente riassunti i gangli narrativi o più accessori della trama.
All’inizio e poi con qualche ripetuta (e più facile, diciamo così) modalità di coinvolgimento al pubblico viene chiesto di immaginare il teatro, il drappo rosso, scenografie milionarie. E la scena si popola di immaginazioni solo apparentemente centrifughe. Ma poi il resto è fedele rimando all’opera del Bardo, poggiata lì su un leggio a cui tornare con un fare quasi involontariamente liturgico, come il prete durante la celebrazione. E quasi ora, scrivendolo, ragiono sul fatto che effettivamente, pur nella dissacrante similitudine, davvero Palla sulle cassette della frutta e fra frizzi e lazzi, ha un tempo scenico da celebrazione, da rito, e nel finale, come il prete che solleva l’ostia che è simbolo di altro in un rigoroso silenzio, lui fa vibrare sulla punta delle dita una fiammella che è anche una vita.
Nel frattempo, a Shakespeare è riuscito il miracolo di far tacere la chiassosa platea dei bar o luoghi di ritrovo in cui Palla porta la sua laica predica. Che ovviamente diverte e commuove, fa partecipare e fa star zitti. A volte viene in mente che è un leggero divertimento, altre che è una piccola genialata, di quelle che solo il teatro, per fortuna, riesce ancora a raccontare. Senza bisogno di molto. Al solito, un buon testo, una buona idea per raccontarlo, l’attore officiante il rito. E via, al cuore dell’emozione!