Natale in casa Cupiello-LatellaEMANUELE TIRELLI | Esiste un cofanetto dvd del “Natale in casa Cupiello” di Eduardo De Filippo. Esiste ed è ancora in vendita. Contiene la versione del 1962 e quella del 1977, due registrazioni preziose di una delle commedie più conosciute che Eduardo abbia mai firmato, diretto e interpretato. Anzi, da decenni è oramai un vero e proprio classico di Natale, così come è indimenticabile la famosa battuta che dà inizio allo spettacolo: “Lucarie’… Lucarie’… Scétate, song’ ‘e nnove”.

Dal 3 dicembre, al Teatro Argentina di Roma, sta andando in scena una versione di “Natale in casa Cupiello” diretta da Antonio Latella. E ci resterà fino al 1 gennaio.
Latella è famoso in tutta Europa per le sue regie che reinterpretano i testi con chiavi e spunti e slanci e terreni nuovi sui quali confrontarsi. Che poi dovrebbe essere il mestiere del regista un po’ in generale. Lui stesso sostiene che il teatro italiano debba essere svuotato per accogliere un pubblico meno saldamente ancorato alle tradizioni e più disponibile al nuovo e alla riflessione. Ed è inoltre assolutamente plausibile che un titolo così muscoloso come “Natale in casa Cupiello” attiri moltissimi spettatori nella prima sala dello Stabile capitolino.

A questo punto, tralasciando lunghe riflessioni e analisi dal sapore di recensione su una pièce che risulta comunque di grande impatto, carica di significanti e significati, ricca di spunti, impregnata della vena eduardiana più crudele e pure della sua presenza ingombrante… Ecco, scavalcando tutto questo, è anche possibile muovere una o più critiche allo spettacolo, ma solo dopo aver allontanato l’assurda tentazione di dire che non è la versione di Eduardo.

Domenica 7 dicembre, il signore non più virgulto seduto accanto a me ha detto un po’ infastidito alla moglie che non capiva “questa necessità di prendere i classici e farne delle cose contemporanee per i giovani”. Di contro, la giovane signorina accomodata davanti a me ha abbandonato la nave durante l’intervallo al grido di “se avessi saputo che era così, non ci sarei mai venuta”. E, per continuare sulla scia dei commenti, due uomini decisamente più attempati del mio vicino si confrontavano, invece, incuriositi in fila per la toilette su alcuni significanti dello spettacolo e sul concetto di mattanza.

Naturalmente, no, non è la versione di Eduardo, ma è quella di Latella. Lo dice anche la locandina.
Naturalmente, la recita alla quale ho assistito non è stata l’unica farcita da commenti di quel tipo. Qualche giorno fa, dalla platea, c’è stato chi ha addirittura gridato agli attori di vergognarsi e andare a casa, mentre altri spettatori chiedevano invece il silenzio perché lo spettacolo continuasse.
È quindi un errore del Teatro di Roma?
È merito del Teatro di Roma aver dato spazio a una nuova versione che affrontasse Eduardo senza imitarlo?
È quindi necessario informarsi prima di andare a teatro?
È invece apprezzabile l’idea di spingersi in una sala senza aver raccolto notizie sullo spettacolo?
È ancora più interessante affidarsi alla programmazione del teatro, indipendentemente dalla proposta?

Allo Stabile di Roma e al suo direttore artistico Antonio Calbi va il merito di aver prodotto e messo in cartellone per un mese intero uno spettacolo di tale sostanza e suscettibile di malumori.
Tutto questo, e in particolare le ultime due risposte, vorrebbero però una disponibilità reale ad assistere a qualcosa di diverso dal proprio solito. Un’apertura a sviluppare una critica costruttiva o anche di parte, ma almeno distante dal concetto “Non è la versione di Eduardo”. Non lo è perché Eduardo è morto nel 1984 e il teatro e la regia per fortuna continuano ad esistere, e devono continuare ad esistere soprattutto per il pubblico. Non lo è perché Eduardo è stato regista e attore, ma anche autore. Quindi il suo testo è soggetto alle interpretazioni di altri registi che analizzeremo uno o più punti del copione in modo differente tra loro. Un po’ come dire che l’Amleto che vediamo oggi non ci piace perché, seppur rispettando il copione, non è la versione originale.

Insomma, è vero che “Natale in casa Cupiello” è ancora impresso nella mente di molto pubblico con il suono degli zampognari, la camera da letto, Eduardo sotto le coperte nei panni di Luca Cupiello e Pupella Maggio-Concetta che gli porta il caffè. Ma è altrettanto vero che bisogna difendere a testa alta la necessità di continuare a fare teatro e regia, di sperimentare, rileggere, confrontarsi, produrre nuove idee e andare avanti. Anzi è una difesa che dovrebbe partire direttamente dal pubblico. Per tutto il resto, invece, c’è il dvd.

3 COMMENTS

  1. Non si discute il teatro di regìa e neppure la necessità di riletture ancorchè provocatorie ed originali: io lo faccio da sempre! Si discutono il gusto e la capacità di un regista che è paurosamente in contrasto con un benchè minimo sentore di autolimitazioni e che passa il tempo ad autocleebrarsi. Il Teatro di Roma ha fatto benissimo e proporre lo spettacolo in oggetto ( visto l’asfittico panorama teatrale italiano ) ma ciò non toglie che difficilmente andrò ancora a visionare uno spettacolo di Latella: semplicemente non mi provoca nulla e non mi interessa!!!! G.S.

  2. ok grazie. Ma lo spettacolo come è? Che cosa ha fatto Latella x rivoluzionare il testo? Gli attori come sono?
    Non capisco! Allora facciamo un discorso in generale se vogliamo parlare del pubblico e dei classici…
    Ma che vuol dire? Bel discorso ma dello spettacolo citato non so nulla di più.

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