RENZO FRANCABANDERA | Due sono i compiti più complessi per chi fa critica: scrivere di uno spettacolo brutto di qualcuno famoso o di uno, invece, di grande e semplice bellezza. La prima cosa si spiega in sé, la seconda è più difficile da spiegare, come lo è scriverne, perché riguarda il fatto che uno spettacolo semplice ma bello è tale perché ha un’anima, che non è nella scenografia o nelle luci, ma in quella mescolanza di poesia, parola, voce e corpo dell’attore che fa sì che fra spettatore e artista si crei un legame che non si chiude con lo spegnersi delle luci sul palco.

E questa cosa succede con “Stasera sono in vena”, di Oscar de Summa. L’artista brindisino con questo ultimo lavoro propone un viaggio che sembra un fumetto di Gipi, dove alla paranoia del centro Italia benestante si sostituisce l’esser nato al di sotto della latitudine del lavoro, sotto quel meridiano che separa le possibilità dal tempo stanco, l’inverno rigido dalle pietre levigate dal sole, i tetti spioventi dalle case di intonaco bianco. Chi ci è nato lo sa.

Quei pomeriggi. Quelle zaffate di maria che arrivano dal baretto sotto casa, con i ragazzi impegnati a non far niente. Che non è una oleografia, ma un affresco sociale dell’impossibilità che si finge dall’interno sia, o possa essere, epica.
Invece è tragico destino degli esclusi.

In un testo ricchissimo, fatto di dialetto e musica, di piscio e ambrosia, Oscar de Summa raggiunge la sua maturità come drammaturgo e come attore, con un lavoro che racconta la vita di un gruppo di giovani di paese.

Di un paese in provincia di.
Di esseri umani in provincia di.
Di vite che arriveranno a non compiersi, mentre l’autoradio a palla le spinge su qualche statale in riva al mare, a fine estate, a cercare un posto per farsi, in quei maledetti fantastici anni 80, in cui le cinte El Charro e le Timberland erano il contraltare all’invasione dell’eroina nei nostri paesi, nelle nostre città.

Basta rivedere i reportage drammatici di Joe Marrazzo, rituffarsi in quella psichedelia che ha avuto la sua onda lunga fino ad inizio anni 80. E affacciarsi in qualche giardinetto di città oggi e rivedere lo stesso film.
Capire che questo Stasera sono in vena racconta una storia che è una poetica e drammatica parabola dei vinti, non un’epopea. Un dannato sonetto, che ti lega verso a verso, rima con rima, e dove la costruzione drammaturgica ad orologeria si annoda ad un ricordo, ad un odore, a una verità vissuta.

De Summa arriva qui ad un punto mai raggiunto, dove l’equilibrio fra comico e tragico è perfetto, e la sua resa scenica, a parte qualche fuga sulle ali delle parole e qualche appoggio più “normale”, ha i crismi del piccolo capolavoro.

Di quando vedi quello bravo che ha tirato fuori i suoi talenti in modo autonomo, arricchito, personale. E ti compiaci di quell’ora di dialogo con l’arte, che solo il grande teatro permette.

Uno dei 10 migliori spettacoli di teatro indipendente del 2015.
Secondo me.

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