MARIA PIA MONTEDURO | È un problema serio, a volte drammatico, voler cercare di risalire alle proprie origini familiari per una persona che è stata adottata. Non solo per cercare di capire chi sono, da dove vengo, da che paese , da che famiglia, da che situazione socio-economico-culturale, ma anche per sapere se ho nel mia DNA malattie ereditarie, tare genetiche, eccetera eccetera. Fino a pochissimo tempo fa una legge italiana (la legge 1984/83 che regolava l’adozione) impediva nell’articolo 28 al soggetto interessato di fare delle ricerche sul proprio passato fino al compimento del centesimo anno d’età (sic!!!!): praticamente il danno e la beffa. Sulla battaglia sostenuta dalla FAEGN (Associazione Figli Adottivi Genitori Naturali) per rendere possibile l’abrogazione di tale articolo assurdo si basa la pièce IL PIÙ BEL SECOLO DELLA MIA VITA, che è andata in scena al Teatro La Cometa di Roma. La messa in scena sceglie il registro comico e racconta la vicenda di due figli adottivi, il centenario Gustavo (Giorgio Colangeli) e il trentenne Giovanni (Francesco Montanari) che, diversissimi come persone, come carattere e come vita vissuta, condividono però lo stesso problema: sono stati abbandonati alla nascita dalla propria mamma. Gustavo, apparentemente, non si preoccupa per nulla di chi fosse sua madre e per quale motivo l’avesse abbandonato e ha condotto la sua lunga esistenza con stile simpaticamente guascone e spaccone. Giovanni invece ne ha fatto quasi una malattia, e ogni decisione della sua vita (rapporto con la propria donna, mondo del lavoro) è vissuta con un approccio quasi amletico, sempre con lo spauracchio di sapere, di capire, di conoscere… La vicenda poi si sviluppa in modo tale che Gustavo e Giovanni (con vicende anche esageratamente rocambolesche) risalgono al nome della propria madre ed entrambi, stile libro Cuore, si commuovono solo a pronunciare il nome della donna! Dopo un inizio quasi metateatrale, con Giovanni che dialoga con il pubblico in sala, parafrasando una riunione della FAEGN, lo spettacolo prosegue con stilemi narrativi e drammaturgici che strizzano troppo l’occhio a format televisivi, suscitando sicuramente l’ilarità del pubblico, ma sorvolando troppo sulle reali problematiche che invece il testo contiene in sé. Affidandosi al feeling attoriale tra Francesco Montanari e Giorgio Colangeli, la messa in scena inizia in modo brillante e con un certo ritmo, che però purtroppo perde nel prosieguo dello spettacolo, fino a raggiungere, nel finale, una lentezza che vorrebbe forse far commuovere, ma che invece tradisce lo stile della pièce. Lo spettacolo continua la tournée con numerose tappe: a Frascati il 10 aprile al Teatro Villa Sora, di nuovo a Roma il 18 e il 19 aprile al Teatro Biblioteca Quarticciolo, per arrivare infine a Messina dal 30 aprile al 3 maggio al Teatro Stabile Vittorio Emanuele.
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