FRANCESCA CURTO e VALENTINA SORTE| Nonostante Luoghi Comuni sia un festival piuttosto rodato, uno dei suoi pregi è sicuramente quello di non ripetersi mai e di assumere ogni anno un format diverso. Nel 2012 Être – rete delle residenze teatrali lombarde e organizzatore dell’evento – aveva scelto Bergamo per ospitare la versione “fringe”, puntando su una fruizione itinerante degli spettacoli. Nel 2013 a Mantova il focus era stato il pubblico, nel 2014 a Brescia la nuova drammaturgia. Quest’anno il festival è tornato nel capoluogo bergamasco per giocare però sulla polisemia della parola regeneration, scelta come suo claim.
La settima edizione di Luoghi Comuni è stata infatti inserita in una cornice speciale, quella dell’IETM Spring Meeting – appuntamento primaverile dell’International Network for contemporary performing arts – e ha condiviso con questa piattaforma internazionale, formata da più di 500 operatori e organizzatori teatrali, l’urgenza di interrogarsi sui processi di sostenibilità e di rigenerazione culturale. Il festival ha così promosso, da una parte, le cosiddette “compagnie innovative” che hanno canalizzato la loro ricerca formale verso nuovi linguaggi performativi riuscendo a rinnovare la scena contemporanea; dall’altra ha privilegiato quei gruppi che hanno dato vita a veri e propri progetti virtuosi, capaci cioè di essere inclusivi, transgenerazionali e di autosostenersi nel tempo.
Tra i nove spettacoli proposti – 6 scelti tramite bando, 3 a chiamata diretta – quelli che hanno saputo unire la capacità di innovare a quella di includere sono stati How long is now di Balletto Civile e All ways di Teatro delle Briciole. La compagnia diretta da Michela Lucenti ha infatti previsto per questo lavoro corale e dal forte impatto visivo (oltre che emotivo) un laboratorio con 13 anziani di una casa di riposo locale, coinvolti nella coreografia finale.
Il Teatro delle Briciole ha privilegiato al contrario il rapporto con le nuove generazioni. All ways è infatti interpretato da ragazzi tra i 16 e i 25 anni e si avvale di un linguaggio performativo non-verbale molto semplice e pulito, che mette al centro della propria ricerca la potenza simbolica dell’immagine e la forza metaforica degli oggetti. In scena i giovani performer hanno esplorato tutte le possibili declinazioni della linea – segno tangibile dell’uomo sulla geografia terrestre e al contempo traccia del suo passaggio e del suo intervento.
Per l’originalità dei linguaggi hanno spiccato fra le proposte Hand play di 7-8 chili e Untitled di Alessandro Sciarroni. I primi rinnovando la tradizione del mimo attraverso giochi di interazione e simultaneità tra corpi proiettati e corpi in presenza; il secondo dando vita ad una performance trasversale capace di attraversare diversi generi – danza, teatro, circo, sport – senza però ridursi a nessuno di questi. Sciarroni ha spogliato il lancio delle clave da qualsiasi riferimento all’arte circense, in una sorta di “accanimento” in termini di resistenza e ripetizione, sia sui performer che sullo spettatore. Anche i Santasangre hanno proposto con Konya una sperimentazione sui generis, una contaminazione espressiva di video, musica e movimento, dove spazio, corpo e suono hanno modellato un’architettura performativa quasi alchemica.
Non sono mancati al Festival lavori già noti al pubblico come Reality di Deflorian e Tagliarini e Lo splendore dei supplizidi Fibre parallele, o creazioni di giovani compagnie come Alcesti di Zerogrammi o Peli di Quattroquinte, piccolo gioiello della nuova drammaturgia italiana.
All’interno del festival quattro maratone teatrali (in alcune delle residenze di Être: Scarlattine Teatro, Residenza Idra, Torre dell’Acquedotto e Residenza IN-stabile) hanno arricchito il palinsesto con lo scopo di offrire una panoramica delle compagnie che compongono l’associazione.
Al di là della sua ricca programmazione, Luoghi Comuni è riuscito senz’altro a creare un ambiente informale e vivace, superando l’idea di vetrina culturale (forse più cara ad Expo che a questa manifestazione) e favorendo invece la circolazione di nuove idee e la creazione di nuovi reti per ripensare il futuro delle arti performative in un’ottica di crisi strutturale. Vi invitiamo quindi ad uno sguardo al nostro video reportage realizzato nei giorni del festival.