VALENTINA SORTE| Negli anni ’80 andavano di moda i librogame, ovvero quei romanzi che avevano una struttura narrativa aperta perché prevedevano che il lettore, al termine di ogni paragrafo, scegliesse lo sviluppo del plot. L’happy end non era affatto garantito e spesso l’eroe si ritrovava al punto di partenza, come in un loop narrativo. How long is now – uno degli ultimi lavori di Balletto Civile – ha una struttura simile. Si muove secondo un’apparente progressione, ma in realtà il movimento narrativo riporta più volte il plot al punto precedente in una specie di “ripresa con amplificazione” che sposta l’attenzione su evento laterale.
Lo spettacolo parte da un tema familiare allo spettatore: la memoria. Un vecchio professore di fisica è seduto su una poltrona. Dietro di lui, su un verdissimo prato, prendono vita i suoi ricordi. La narrazione segue un ordine soggettivo – a tratti onirico – in cui i piani della realtà e del ricordo si mescolano con quello della “possibilità”, scardinando ancora di più la percezione stessa degli eventi, in una sorta di riscrittura intima. Ecco allora che accanto alla figura della madre o del padre, altre immagini si fanno particolarmente vive (l’amante brasiliana), se non addirittura derisorie (il generale fascista). Alcune si caricano invece di una forte alterità e incarnano l’idea dell’aldilà e del destino.
La distinzione fra proscenio e scena è funzionale alla dimensione temporale in cui si collocano gli eventi. Il proscenio – dove si trova il professore – delimita lo spazio del presente e rappresenta una prima cornice narrativa. La scena invece coincide con il secondo livello narrativo e si colloca nel passato. Queste due dimensioni a poco a poco si intrecciano, dando alla struttura drammaturgica un senso di liquidità. Alcuni ricordi “meno strutturati”, ma ugualmente vivi, sfrecciano nello spazio scenico: flash-back istantanei che si traducono in traiettorie fisiche. Un continuo va-e-vieni tra passato e presente.
Lo spettacolo diventa così un’originale riflessione sul tempo. E anche quando si avvale di un linguaggio in apparenza più distante, come quello della meccanica newtoniana o della genetica genomica, Balletto Civile riesce a essere evocativo. Michela Lucenti firma una coreografia molto emotiva, Maurizio Camilli regala una drammaturgia densa e allo stesso tempo leggera, in cui il principio di indeterminazione di Heisenberg o la legge di conservazione della massa assumono un’immanenza poetica e perdono qualsiasi rigore scientifico.
Persino la teoria dell’ereditarietà assume una nuova accezione. Là dove, lungo l’albero genealogico, di generazione in generazione il patrimonio genetico si perde, la trasmissione degli affetti tramite esperienze condivise diventa tanto più necessaria. Così quando nella coreografia finale, un gruppo di tredici anziani, seduti su delle sedie a rotelle, interpreta insieme ai tredici danzattori il Bolero di Ravel, si fa palpabile la tensione civile che anima tutto il lavoro.
Le creazioni di Balletto Civile si contraddistinguono per una ricca commistione di linguaggi performativi che rispecchia la convinzione circa le molteplici verità del corpo. Si tratta di un teatro fisico, molto empatico e dal forte impatto visivo. In How long is now i colori sono vivi, quasi saturi, a partire dal verde del prato che fa da sfondo emotivo; le soluzioni sceniche, nella semplicità dei materiali usati, sono originali (acqua e farina mosse da un ventilatore diventano pioggia e polvere). In alcuni punti la forza evocativa delle immagini viene però smorzata: al di là dell’azione principale, ci sono molte storie che si intrecciano senza sosta, alcune più sviluppate e facili da seguire, altre solo suggerite e forse meno inserite, quasi un pretesto all’azione coreutica. How long is now è comunque uno spettacolo riuscito perché coinvolgente e inclusivo, non solo per i suoi interpreti ma anche per il pubblico.