GIULIA MURONI | È il foyer delle Fonderie Limone di Moncalieri ad accogliere “Mattoncini”, nuova fatica di Ambra Senatore con Caterina Basso, Matteo Ceccarelli e Elisa Ferrari. Scheletro di un prossimo spettacolo, l’idea è quella di formare appunto dei mattoncini della durata variabile, tratti dal quotidiano, da rappresentare in luoghi non convenzionali.
La corrente edizione di Interplay, che si chiuderà venerdì 12 Giugno al Museo Ettore Fico di Torino, ha ospitato come anteprima nazionale questo lavoro in fieri, firmato Ambra Senatore.
In un foyer adibito ad interno, con tavoli, sedie, tappeti e divani agiscono i personaggi, mossi dal vivace talento di Ambra Senatore. La materia di questi tre mattoncini è frammista di parole e movimento, benché nell’ultimo la parola prenda un po’ il sopravvento. Non c’è una narrazione lineare: in pochi minuti a partire da gesti consueti e chiacchiericcio abituale, l’ordine dei discorsi viene destrutturato, capovolto o esacerbato. Emerge il filo sapientemente ironico con cui Ambra Senatore cuce i suoi lavori, forbiti nel lessico coreutico formale e nel contempo dotati di leggerezza arguta. (Si rimanda a una precedente riflessione sull’artista torinese : http://paneacquaculture.net/2014/12/17/aringa-rossa-il-caos-armonico-di-ambra-senatore/).
I dialoghi scorrono tra i personaggi a partire da eventi e situazioni nella norma: “hai visto tizia?” “Sai hanno aperto un ristorante..” e progressivamente si incagliano in paradossi e surrealtà che tuttavia non si discostano troppo dai dialoghi reali, venati spesso inconsapevolmente di una densa coltre di assurdità. Grumi di discorso che ricordano certi dialoghi di Ronald Laing in “Mi ami?”, dove questo stesso aspetto liminare tra normale e patologico in campo psichico viene mostrato in modo esilarante e lucidissimo. Questa disamina del quotidiano, dilatato dalla lente d’ingrandimento, lo distorce e rivela, rendendosi capace di un variare di registri e atteggiamenti che corrispondono alla schizofrenia del reale.
Molto buone le premesse, sicuramente da ampliare l’apporto specifico del linguaggio fisico, in vista di quel sincretismo lieve tra gesto e parola, cifra peculiare dell’opera di Senatore.