IRIS BASILICATA | Il gabbiano comune ha una apertura alare di 100-110 cm. Solitamente vola in un cielo che fa da specchio ad un mare cristallino. Hey, ma quello non è il mare cristallino! Quello e Castel Sant’Angelo e quello è il Fringe Festival! Non dirmi che anche questi teneri pennuti vanno a teatro! Vediamo, allora, cosa ci raccontano di questa seconda settimana di Fringe.
Dunque, partiamo con #DeCamera- Come i social network ci hanno cambiato la vita della compagnia milanese Io Non Parlo Sono Parlato. Già dal titolo il nostro amico Roger (Roger è il nome del gabbiano) intuisce un collegamento con il Decameron di Giovanni Boccaccio.
È possibile unire le novelle narrate da Boccaccio con il teatro e i social? E soprattutto cosa c’entrano con noi, oggi, nel 2015? Sembra un’impresa azzardata ma il regista Igor Loddo pare esserci riuscito. L’isolamento di una ragazza che dal suo pc dà vita alle novelle di Boccaccio ci mostra come esse possano ancora essere attuali e interessanti. Peccato per i giochi di buio e luce: non si sono potuti né realizzare né cogliere per la mancanza del buio totale nei momenti opportuni. Strano, dato che sembra essere proprio il buio il protagonista di questo Festival: nel tragitto tra un palco e l’altro siamo immersi nella più totale oscurità. Ma continuiamo a far luce sullo spettacolo: al centro del palco c’è uno schermo sul quale vengono proiettate animazioni che danno vita ai personaggi delle novelle. La sua trasparenza permette di vedere anche cosa succede quando le due ragazze sono dietro il grande schermo. Essere fuori o essere dentro ciò che accade? Le storie di stampo erotico e a tratti violento di cui si parla sono davvero così lontane da noi? Boccaccio è reso assolutamente moderno grazie a dei tweet dell’epoca, proiettati sullo schermo, che i suoi personaggi si “cinguettano”. Storie di tradimenti e di cuori mangiati (nel vero senso della parola) si susseguono con divertentissimi hashtag lasciandoci l’amaro in bocca fino alla proiezione della parola “spegnere”. Sarebbe forse il caso di iniziare a smettere di scrivere dietro telefoni accumulando parole a caso precedute da cancelletto?
Ma Roger, invece, riaccende il suo telefono che gli ricorda l’evento: Anselmo e Greta. Si passa al mondo delle favole. Un passaggio lento a causa di diversi problemi tecnici che il gruppo Dynamis incontra prima di andare in scena. Risolti quelli, un gruppo di attori che indossano maschere giganti raffiguranti la propria faccia entrano in scena. I fratelli Grimm raccontavano di un povero taglialegna, una matrigna e due bambini abbandonati. Andrea De Magistris, regista, racconta invece del fantasma di una donna narratrice delle vicende, di una matrigna snob, di un padre vile e pieno di soldi, di due bambini pestiferi e di Vasco. Vasco non è quello di “Quanti anni hai” ma è il vero figlio abbandonato da tutti. Cambia dunque la realtà della favola. Tutti si presentano con dei movimenti ben definiti portati all’estremo in un tempo decisamente troppo lungo. Anselmo ci fa vedere cosa fa durante le lezioni di karate mentre Greta non fa altro che ripetere le posizioni che impara alla scuola di danza ripetendo: “Tendu.. e torno in prima!”
I due ne combinano davvero di tutti i colori. I genitori li spiano e danno loro avvertimenti tramite un pc che appare proiettato su uno schermo. Non fare questo, non fare quello, non toccare, non guardare. A proibire troppo, però, si rischia di avere l’effetto opposto: quando i due si trovano in un centro commerciale è pacchia pura, finché tramite uno scambio di messaggi Whatsapp, i protagonisti vengono smarriti in un bosco. Anselmo e Greta, una volta incontrato il loro fratellastro Vasco, capiscono il vero senso del gioco facendo un lunghissimo nascondino nel grande parco di Castel Sant’Angelo. Idea stra- riuscita, tanto è tutto buio.
L’ultimo spettacolo al quale il nostro amico assiste è Anna O.: una puntata pilota di una serie teatrale in sei episodi. Il tentativo di trasformare spettacoli in vere e proprie teatro-novele fu presentato già nel 2010 dal drammaturgo argentino Rafael Spregelburd in occasione del Napoli Teatro Festival: un’opera di 30 ore in 20 puntate sui vizi contemporanei.
L’ispirazione per il personaggio strampalato di Anna viene dalla protagonista del film indipendente Frances Ha di Noah Baumbach e Greta Gerwig, uscito nel 2012.
Lo spettacolo è un semplice set-up dei personaggi: la biondina Anna dal cognome impronunciabile (Giulia Aleandri, anche regista dello spettacolo), la regista radical-chic Bea e per ultimo Freeze, personaggio pacato, attore e amico delle due che attende la sua pizza durante l’ennesima pausa dalle riprese. Anna riceve una telefonata che potrebbe cambiare per sempre il corso della sua vita di artista che, seppur precaria, in fondo le piace. Quale sarà la scelta di Anna? Questo nella prossima puntata, che si spera ci sarà quantomeno per capire cosa accade. La tv a teatro: un esperimento interessante per smuovere le persone dai divani di casa e portarli sulle poltroncine dei teatri? Forse.
Chiedo a Roger, sulla base di ciò che ha visto, se gli piacciono i social network, le favole moderne e le serie tv. Lui però ormai è entrato nel suo trip e mi risponde con una frase a caso: “Io amo la luce perché mi mostra la via, ma amo anche il buio perché mi mostra le stelle”, poi apre le ali e vola via. Si, ok Roger, il buio mostra le stelle ed è tutto molto romantico. Ma io, con tutto questo buio, dato che non ci sono luci, come ci torno a casa adesso?