Alluvioni @ Lorenza Cerbini
Alluvioni @ Lorenza Cerbini

MATTEO BRIGHENTI | A teatro la realtà così com’è è una bugia. Senza soluzione di sensibilità drammaturgica, senza l’intelligenza del dubbio verso fatti, luoghi, persone, la cronaca e la storia diventano il resoconto di un altrove perso nel tempo e nello spazio. Qui, adesso, sul palcoscenico, tutt’al più si celebra un processo in contumacia, con la chiarezza e nettezza dell’a posteriori, di chi sa come gli eventi sono andati a finire. Il pubblico, però, seleziona, condivide, applaude rassicurato: anche questa volta la responsabilità o colpa non è sua, i buoni siamo noi, i cattivi sono altri, gli altri, spesso i potenti.
Nell’estate dei festival in Toscana, la regione in cui ogni campanile ha la sua rassegna di teatro e arti varie, sono almeno due gli spettacoli incontrati su questa traiettoria di senso e consenso: Alluvioni, dal fango alla luce di e con Elena Guerrini, in prima assoluta a Kilowatt, Sansepolcro, provincia di Arezzo, e Milite ignoto – quindicidiciotto di e con Mario Perrotta, visto a VolterraTeatro, provincia di Pisa.

Il pubblico è il fine e il principio di Kilowatt Festival – L’energia della scena contemporanea. Un metodo riconosciuto a livello europeo: fino al 2018 Festival e Comune coordineranno 12 istituzioni, in rappresentanza di 9 Paesi, nel progetto “Be SpectACTive!” per il coinvolgimento attivo degli spettatori. Si tratta della diffusione oltreconfine dell’esperienza dei Visionari che caratterizza la manifestazione aretina. Giunto quest’anno alla 13° edizione, dal 2007 Kilowatt ha messo nelle mani di un gruppo sempre più numeroso di “non addetti ai lavori” il suo ingranaggio più delicato e prezioso, la scelta degli spettacoli, affinché il festival sia ‘cosa propria’ della città e del territorio. Parte del programma è quindi opera dei Visionari, che vedono tutti i video che arrivano tramite il bando promosso e realizzato dalla compagnia Capotrave. Il lavoro di Elena Guerrini è uno degli esiti della selezione 2015.

La scena di Alluvioni è una catasta di oggetti ormai inservibili, come il cesto di una lavastoviglie, simbolici, come un televisore senza schermo con dentro delle macchinine e un’ambulanza, identitari, come il tricolore e una madonnina con l’acqua santa. Poi, scatole di cartone, a destra e a sinistra. È l’eredità di un metro d’acqua che il 12 novembre 2012 devastò Albinia (Grosseto) e dell’altro fango, pubblico e privato, che appesta l’Italia. Su questa geografia liquida Guerrini, maremmana, attrice dal 1993 (ha lavorato con Teatro Valdoca e con Pippo Delbono prima di mettersi a fare l’attrice/narratrice in proprio), alterna una poesia sulla piena di un avvocato di Grosseto a La pioggia nel pineto di D’Annunzio, dalla registrazione del telegiornale (“togli il fango e ti sembra di non farcela”) si passa a un gioco a premi in cui un concorrente immaginario deve rispondere ad alcune domande per vincere la ricostruzione del suo ristorante alluvionato. Cosa fa un computer durante un’alluvione? Naviga. Una televisione? Va in onda. Un gallo? Galleggia. La vita va avanti, la distruzione scatena anche la creatività, con barzellette o modi di dire, ma dentro Alluvioni non sono nuove forme di resistenza e sopravvivenza, sono cose e cause perse da una sfilacciata drammaturgia.
“In un’ora lo spettatore, a stretto contatto con me sulla scena – promette Elena Guerrini – si immerge nel fango e ne esce pulito. Nuovo.” La derisione dell’informazione e, più in generale, della retorica dei disastri, le si ritorce presto in un azzardo che non tiene in alcuna considerazione la portata del dramma: l’alluvione di Albinia provocò sei morti. Il crescendo finale della abusata Perfect Day di Lou Reed, estremo tentativo di unire pathos e coinvolgimento del pubblico, arriva al culmine del disappunto e dello sconcerto per una mascherata di prese in giro.

Elena Guerrini è stata fortemente voluta dai Visionari, incantati forse dagli intenti di teatro d’impegno civile (due gli anni di studio), Mario Perrotta è stato largamente applaudito dalla Fortezza Medicea di Volterra, tramutata in palcoscenico da VolterraTeatro, il Festival Internazionale delle Arti diretto da Armando Punzo, giunto quest’anno alla XXIX edizione.

Milite Ignoto - quindicidiciotto
Milite ignoto – quindicidiciotto

La guerra è tutta di tutti una volta che ci entri e Milite ignoto – quindicidiciotto parla i dialetti della regione Italia, una lingua di lingue in cui ogni frase è un inciampo di pronunce, dalle Alpi alla Sicilia, e di sensi, vista, udito, olfatto, gusto, tatto. Perrotta, in grigio militare, seduto sul salto della civiltà (dei sacchi di sabbia), usa una voce ‘tridimensionale’, che abbraccia il vicino e il lontano, e danzando le mani avanti e indietro, come la marea o la risacca, fa comparire ciò che vede e sente davanti agli occhi: la trincea, lo scoppio pretestuoso della Prima Guerra Mondiale, lo scoppio inutile di chi muore senza gloria e senza ricordo.
“Ho rivolto la mia attenzione verso gli sguardi e le parole di singoli uomini che hanno vissuto e descritto quegli eventi dal loro particolarissimo punto d’osservazione – avverte il drammaturgo, attore e regista – perché questo è il compito del teatro, o almeno del mio teatro: esaltare le piccole storie per gettare altra luce sulla grande storia.”
Della Storia con la maiuscola, però, il fondatore della compagnia del Teatro dell’Argine riporta solo la cronologia, le date come sono sui libri, per portare all’accusa, alla sbarra del teatro, la stupidità e impreparazione dei vertici militari. Ma perché il generale Cadorna ha mandato al massacro centinaia di migliaia di giovani soldati? Come ha potuto far macellare tutta quella ‘carne da cannone’, come la chiamava? Milite ignoto non lo dice, non prova nemmeno a capirlo, impegnato com’è a far sentire ‘tu, te, ti’ nel fango e gelo e piscio e merda e pidocchi della trincea. Soldati per chi? Per Trento e Trieste? La Patria è roba da studenti che pesano i pensieri, è una cosa inutile, la Patria mica si mangia. Le risate e gli applausi sono il suggello sulla continua richiesta di consenso e complicità con il pubblico, confortato nelle sue convinzioni preconcette sull’irrilevanza della politica, la codardia della ricchezza, l’incompetenza dell’autorità.
Perrotta ha gioco facile: chi può dirsi a favore della guerra? Ricordare e restare in silenzio, questo sappiamo e vogliamo fare: commemorare. E difatti lo spettacolo è stato inserito tra gli eventi del programma ufficiale per il Centenario della Prima Guerra Mondiale, a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Elaborare, investigare, analizzare, invece, non dà frutti né fondi. Perché poi dovremmo scoprirci uguali a quelli che ci fanno sentire così ignoti e indifesi. E i colpevoli non hanno niente da applaudire.

Per approfondire, leggi anche:
Carlotta Tringali, Formazione del pubblico al centro del convegno di Rete Critica a Kilowatt, su Il Tamburo di Kattrin.
Giulio Sonno, Kilowatt Festival XIII. Dubbi e domande, su [paper street].
Maddalena Giovannelli, Massimo Marino, Santarcangelo: due sguardi, su Doppiozero.

Elena Guerrini
Alluvioni, dal fango alla luce
drammaturgia, regia e interpretazione Elena Guerrini
cura della produzione Davide Di Pierro
assistente di produzione Stefania Anzidei
movimenti di scena Anna Redi
prima spettatrice Elena Di Gioia
produzione Associazione Culturale Creature Creative
con il sostegno di MAV! Festival
Visto venerdì 24 luglio, Teatro alla Misericordia, Kilowatt Festival, Sansepolcro (Arezzo).

Permàr / Archivio Diaristico Nazionale / dueL / La Piccionaia
Mario Perrotta
Milite ignoto – quindicidiciotto
di Mario Perrotta
organizzazione Silvia Ferrari
foto di scena Luigi Burroni
tratto da Avanti sempre di Nicola Maranesi
e da La Grande Guerra, i diari raccontano
un progetto a cura di Pier Vittorio Buffa e Nicola Maranesi
per Gruppo editoriale L’Espresso e Archivio Diaristico Nazionale
Visto sabato 25 luglio, Fortezza Medicea, VolterraTeatro, Volterra (Pisa).

4 COMMENTS

  1. Caro Matteo,

    ho riletto più volte la tua recensione di Alluvioni,e mi sembra sia da spunto per un confronto, anche a questo serve la critica quindi ti ringrazio…
    Ma dare le risposte agli indovinelli nelle recensioni ? Non si fa …adesso ci tocca come minimo lavorarci sei mesi a trovarne altri efficaci e che coinvolgano il pubblico..
    Chiusa la parentesi indovinelli, ci piace ragionare sulle critiche che muovi ad Alluvioni, che abbiamo il dovere di ascoltare , le critiche sono costruttive anche per questo, soprattutto dopo un debutto e in vista delle prossime numerose repliche.
    Della scelta dei Visionari ne siamo felici , ed è il valore assoluto di Kilowatt!
    Crediamo fortemente che una scelta come questa,permetta di non chiudere sempre alle solite scelte di programmare spettacoli degli amici degli amici ai Festival, e che il percorso dei Visionari, sia davvero un’eccellenza da proteggere e con cui confrontarsi e noi lo abbiamo fatto. Non ricordo di averti visto al mattino al confronto con i visionari .
    Perché proprio con i Visionari è venuta fuori una lettura interessante, su alcune critiche che tu poni.
    A partire dalla drammaturgia che tu definisci sfilacciata. Certi di non aver incantato nessuno con promesse di teatro civile, essendo stato scelto dai Visionari che si sono visti tutto il video di uno dei primi studi.
    Alluvioni lavora per quadri, e per tre percorsi definiti ( le alluvioni sentimentali, il fango della cultura, le alluvioni reali e il fango che diventa luce ) ,magari ancora da calibrare,magari da pulire, e la sfilacciatura diciamo che fa parte della poetica, un po’ come i macchiaioli in pittura.
    Ci sono spettacoli storici della Ricerca, che a prima vista appaiono sfilacciati, poi lentamente si capisce che così non è. In alcuni ero presente come attrice e altri li ho visti e studiati come spettatrice.
    Interessante lo spunto della realtà che uccide il teatro.
    Ci sembra sia la parte che più ti ha disturbato.Vuol dire che abbiamo colto nel segno. .
    Puoi dire che che potrebbe essere meglio tratteggiata, a volte ci si dilunga ( su tutto questo ci stiamo interrogando anche noi),ma se ti ha indisposto, allora ha fatto centro. Il teatro che ci piace fare fa ridere e fa anche male. Ha dato fastidio anche a noi, ma credici la realtà supera la fantasia.
    Trasformare il reale che non ci piace in teatro attraverso la scrittura scenica.
    E poi ci sono i morti. Lo sappiamo molto bene. E fanno male. Li conoscevo tutti.
    Ne parlo e li ho nel cuore nelle testimonianze, e all’interno del monologo degli stracci , ma sai Alluvioni non è Vajont e ci avrebbe portato in un’altra direzione e fare la conta dei danni e dei morti e delle colpe qui non ci interessava,
    Perfect day potrà non piacerti ma e’ in opposizione alle testimonianze oltre che segnale di speranza scelto dalle persone Alluvionate con cui ho lavorato per due anni ad albinia.
    Trovo invece altamente offensivo, segno mala educazione e di poco rispetto per me e per la comunita’ con cui ho lavorato a questo progetto il tuo “Mascherata di prese in giro” No grazie! Io l’Alluvione, quello che ti porta via la casa casa e le cose , l’ho vissuta in prima persona, e con Davide abbiamo lavorato con la Comunità di Albinia direttamente coinvolta e toccata. Mi spiace trovare un astio e una rabbia nello scrivere e una cattiveria gratuita in un critico trentenne.
    Ma nessun rancore, ti invito molto volentieri al festival che dirigo Maremma a veglia col baratto , ti invio il programma che si svolge tra Orbetello e Manciano…sfilacciatissimo nei luoghi e nei modi ( si va nelle case, nei cortili, e ci si porta la sedia da casa pagando l’ingresso a baratto ) ma che nutre da nove anni il territorio e il pubblico vero .
    Se vieni, siamo contentissimi!
    Ti aspettiamo
    Elena Guerrini e Davide Di Pierro

  2. Grazie, Elena Guerrini e David Di Pierro, della franchezza e della perentorietà delle vostre parole. Il confronto, il dibattito è il sale di questo incontro di sguardi e presenze che chiamiamo teatro.
    Ho ritenuto necessario citare gli indovinelli come di un delitto bisogna citare l’arma per raccontarne l’efferatezza, la ferocia. Qui il cadavere, come ho cercato di argomentare, è il teatro. Quegli indovinelli restituiscono quanto “male”, a mio avviso, abbiate fatto al vostro racconto, banalizzandolo, rendendolo superficiale come lo schermo di un televisore. Forse, semplicemente, vi siete innamorati di un’idea sbagliata, che peraltro ha trovato il pubblico piuttosto freddino (per usare un eufemismo), o sbaglio?
    Per il resto, mi sembra abbiate dettagliato un’importante serie di intenti. Io, però, non ne ho visto realizzato nemmeno uno sul palco e l’ho scritto, com’è giusto e doveroso che sia.
    Ho usato espressioni forti perché forte è stata la delusione nel sentir far spettacolo di vite che avrebbero meritato altra attenzione, altra cura, altra partecipazione e meno ‘ricerca per la Ricerca’, il colpo di scena emotivo, il simbolismo vuoto di senso e significato.
    Avete le storie, le conoscete da vicino: questa è la vostra forza. Fatele venire fuori, sporche di fango, ma sincere, vere. Non lasciatevi trascinare dalla corrente dei lustrini, dei giochi di parole. È roba “portata dalla piena” di chi non ha niente da dire. Non fate, come è successo, che anche il vostro tutto si risolva in un niente, come il tanto, troppo che ci circonda.

    ps = grazie dell’invito, se riesco, verrò a MAV! con piacere e curiosità.

    Matteo Brighenti

  3. Ciao, siamo due delle visionarie che hanno scelto lo spettacolo di Elena. Abbiamo sostenuto questo lavoro perchè ci sembrava fosse una storia raccontata con sincerità. Ciò che ci ha colpite è stata la cifra stilistica originalissima che Elena porta in scena, la sua spontaneità, l’ironia ed un sotteso senso di malinconia. Questi aspetti ci hanno colpito quando abbiamo visto il video, e sono gli stessi che ci sono arrivati anche dal vivo. Il lavoro non ci ha affatto deluse e anzi, rappresentiamo una parte di pubblico che è rimasta piacevolmente coivolta dalla poesia e dall’atmosfera surreale e a volte sgangherata che Elena ha sapientemente costruito.
    Chiara e Nicoletta

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