Le scarpe dal tacco altissimo messe in fila sul palco del Teatro Vittoria che si notano appena si prende posto farebbero mortificare qualsiasi donna che per mesi, forse anni, abbia tentato di reggercisi in piedi senza inciampare o rompersi una gamba. Pietro, protagonista quarantenne di Operetta burlesca per la regia di Emma Dante non solo ci cammina, ma ci salta e ci balla divinamente. La regista siciliana ritorna al Romaeuropa festival prendendosi la sua rivincita dopo l’interruzione delle repliche durante la scorsa edizione dovuta alla chiusura del Teatro Eliseo. “Perfetto… Amma Donte perfetto!” continua a ripetere la spettatrice straniera (forse olandese) che ha sfidato la pioggia per godersi lo spettacolo. Non sono solo alcuni degli spettatori ad essere stranieri: lo è anche Pietro. Lo è per i suoi genitori padroni e patroni della sua vita che con un trasferimento da un rione siciliano ad uno napoletano hanno relegato il figlio ancor di più in una condizione di “non farcela”. La figura paterna e materna racchiusa in un unico personaggio grottesco si esprime in un dialetto differente da quello del protagonidta aumentando la distanza tra Pietro e la sua famiglia. Emma Dante scava ed interroga l’immaginario più perverso dell’uomo affrontando ancora una volta il tema dell’omosessualità: le pulsioni sessuali “diverse” ed inconfessabili rispetto all’ordinario rapporto uomo-donna che ci ricordano che siamo fatti di carne e sentimenti che non possiamo comandare. Ma il paese è piccolo e la gente mormora, rione chiama rione, marginalità chiama marginalità, condizione triste risollevata da Pietro che si costruisce un mondo fatto di colori, kitsch, burlesque, lustrini e vestiti che indossa per affermare sempre più la sua individualità. Una trama dalle note amorose e dolenti, la continua rivendicazione del sentirsi donna da parte di un uomo. Spettacolo dinamico e ricco di elementi simbolici, il nudo in scena è adoperato dalla Dante in un modo mai volgare ma anzi dimostrativo del fatto che non necessariamente c’è bisogno di una grande scenografia per ottenere uno spettacolo denso di contenuti. Abiti sfavillanti, palline colorate, tutù e coriandoli sul palco appartengono ad un mondo circense che regala alla storia un retrogusto amaro, bambole gonfiabili appese a dei fili simboleggiano una sessualità passiva lasciando il protagonista e anche noi stessi inermi di fronte alla realtà dei fatti: è impossibile comandare i propri istinti e i propri sentimenti. Sulle note de “Il terzo fuochista” di Tosca, Pietro si rassegna al ricordo e al sogno di una vita che non otterrà mai. Gli restano solo le scarpe in bella mostra, luccicanti e imponenti, simbolo della sua femminilità che non è riuscito ad affermare. Il pubblico resta per un po’ ad osservarle, cercando di captarne il significato. Ma si sa, i teatranti, generalmente, indossano solo scarpe Camper.