ELENA SCOLARI | Un altro convegno sulla critica. Già. Stavolta a Milano, nell’aristocratica Sala del Grechetto a Palazzo Sormani, organizzato dalla Fondazione Paolo Grassi.
Stavolta ne parliamo perché ci sembra ora di dire alcune cose, umilmente ma fuori dai denti. E di denti è giusto parlare perché l’ingresso al Convegno era la bocca del pescecane! 12238272_10153764464517390_2517218440220218975_oIl Palazzo ospita una mostra dedicata a Pinocchio e tutti i partecipanti sono stati inghiottiti. Non temete perché cercheremo di non lasciarci andare alle metafore collodiane, niente parallelismi tra critici Lucignolo, gatti e volpi, grilli parlanti, Mangiafuoco, Geppetti e fate turchine…

Sembrerà poco rispettoso ma non possiamo non dire che la somma degli anni dei presenti era millenaria. Noi di PAC non amiamo ciò che è giovane solo in quanto tale e siamo affezionati e sinceri debitori di alcuni Grandi Vecchi, chiarito questo però il nostro debol parere è che se si decide di fare un convegno intitolato “Media e spettacolo: informazione ormai virtuale?” e si invitano solo ospiti nella onorata fascia dai 70 agli 80 anni di età, difficilmente si otterranno conclusioni avveniristiche. Uniche e apprezzate eccezioni under 50 (ma comunque over 40) su quasi venti relatori: l’assessore alla Cultura del Comune di Milano Filippo del Corno, il critico teatrale Andrea Porcheddu (glistatigenerali.com e Pagina99), il giornalista Giorgio Zanchini (prima conduttore di Tutta la città ne parla a Radio3 e ora di Radio anch’io su Radio1) e Andrea Estero, direttore di Classic Voice. Fine. A PAC non siamo nemmeno femministi però notiamo che due sole donne erano in programma: Claudia Provvedini (Corriere della Sera) e Monique Veaute, presidente di RomaEuropa Festival. Oltre a Mimma Guastoni, ineccepibile padrona di casa.
Una sezione anagraficamente “mediana” e molto vitale è rappresentata da Massimo Marino (Corriere Bologna e Doppiozero), Oliviero Ponte di Pino (fondatore di Ateatro.it e anima del gruppo ReteCritica) e Luca Francesconi (musicista ed ex direttore della Biennale Musica).
Vi regaliamo anche una spigolatura un poco da humour nero: il materiale stampa era contenuto in una cartelletta con l’elenco dei Soci fondatori della Fondazione Paolo Grassi; a fianco di alcuni nomi una croce, a segnalarne la triste dipartita. Almeno la metà porta la decorazione. E l’elenco non era nemmeno aggiornato, purtroppo. Per altro, tra gli ospiti, era atteso anche Luca De Filippo (…)
Nel comitato scientifico ora attivo come sarà la situazione? Potrebbe essere utile una spolveratina?

Non vogliamo farne una questione squisitamente anagrafica, e non si tratta nemmeno di cantare le sorti magnifiche e progressive dell’innovazione a tutti i costi. Siamo convinti che ascoltare chi ha fatto la storia di un mestiere (Angelo Foletto per la musica, Gianni Canova per il cinema, Ferruccio De Bortoli per il giornalismo in sé) faccia sempre bene, siamo d’accordo, e abbiamo anche sentito interventi interessanti, indubbiamente, ma in buona sostanza, il dibattito è limitato a chi non usa i nuovi media o lo fa obtorto collo perché non ci si trova a suo agio rimanendo diffidente e chi invece ne riconosce il valore positivo e democratico. Banalizzo, certo, ma lo faccio perché il solo modo di rendere utili questi convegni, a nostro avviso, sarebbe quello di includere una ragionata partecipazione di giovani veri. È pazzesco, lo so, ma in giro c’è gente di vent’anni! Gente nata negli anni ’90! Se si parla di nuovi media è con loro che si deve discutere, santi numi!
O almeno: anche con loro. A me per esempio piacerebbe sapere cosa leggono in rete, forse incontrarli per capire se la lingua che usiamo noi dell’ambiente critico è a loro comprensibile potrebbe essere di qualche utilità. Se ci interessa raggiungere anche loro. Ma anche invitare – chessò – un libraio (per non dire un falegname…), qualcuno che non sia della cerchia di chi scrive. Per dire.

E’ stato detto in più di un intervento – e lo sottoscriviamo – che uno dei compiti della critica d’oggi, in qualsiasi ambito, è fornire al lettore gli strumenti per orientarsi in un mare assai popolato e imparare ad evitare i pescicane e i siti acchiappacitrulli. Ma non sempre la sola qualità del lavoro è sufficiente.
Se i giovani non si servono della critica perché si fidano di più dei pareri di utenti come loro, forse è perché, da anni, la critica (con dorate eccezioni, ça va sans dire) parla soprattutto a se stessa e quando va bene, all’artista che recensisce. Non siamo certo noi i primi a dirlo. E allora incontriamoli, i lettori, giovani e non! Mischiamoci e proviamo ad avvicinare le persone con cui vorremmo parlare.
E forse il pescecane ci risputerà fuori.