ELENA SCOLARI | Fumo di Londra? No, la drammaturga Penelope Skinner è inglese ma questo grigio è tedesco: l’Eigengrau è una particolare sfumatura di colore, quella che gli occhi percepiscono quando ci si trova nel buio completo. E certo i quattro personaggi che vediamo arrabattarsi nel morceau de vie in cui lo spettacolo ce li mostra, sono poco illuminati.
Le loro vite sono oscurate dall’insoddisfazione, da desideri vaghi ma piuttosto rabbiosi. Rose è una vegetariana sentimentale, squattrinata e molto sensibile ai continui “segni” che la vita le manda, crede a nani, fate ecc… trova lavoro in un locale con karaoke. Divide l’appartamento con Cassie che cercava una coinquilina su internet ed è un’attivista femminista, aggressiva, sempre pronta a dar contro ai maschi, comunque. Mark è un ricco pubblicitario, un fighetto che rimorchia usando la stessa tecnica con tutte, vive con Tim, ex compagno di università, pigro, pingue, che non riesce a trovare lavoro e si propone come badante, per una innata propensione alla cura delle persone. È il più umano di tutti.
In fondo cercano tutti l’amore, ognuno come può e come sa. Le due coppie si incontrano e si incrociano formandone altre: Mark è andato a letto con Rose ma poi fa il filo a Cassie, Tim si innamora di Rose la quale però ama Mark (che cerca di scaricarla) e tenta il tutto per tutto per riconquistarlo, senza riuscirci, in una esilarante scena di fellatio.
L’andamento dello spettacolo ha un ritmo rutilante, in questo testo Gabriele Di Luca (regista insieme a Bruno Fornasari) ha trovato materiale che si confà al suo stile: adatto a scene veloci, una buona dose di cinismo e di humour spietato. Esemplare l’urna a forma di gattino con le ceneri della tanto amata nonna di Tim usata inavvertitamente come posacenere…
Tommaso Amadio, Valeria Barreca, Federica Castellini e Massimiliano Setti sono interpreti equilibrati e perfettamente in parte, ben diretti a 4 mani in modo deciso e preciso. È un dramma da camera metropolitana, si svolge tra un divano e una scrivania, un bancone di fast food e una camera d’ospedale.
Citiamo un punto cardine di Eigengrau, una sorta di intermezzo che segna una svolta drammatica: a sipario chiuso Rose (Castellini) canta in modo sofferto e straziante Smell like teen spirit dei Nirvana ricordando la versione di Tori Amos e chiude l’esibizione accecandosi con i tacchi a spillo. Ecco come sovvertire in tragica la connotazione di un carattere presentato come leggero e un tantino sciroccato.
Dopo questo terribile “incidente” Rose si innamorerà di Tim il buono che finalmente avrà trovato qualcuno da accudire. Così come la guerriera Cassie, che rimarrà incinta, forse di Mark, chissà. Unico a non subire un’evidente maturazione.
Questa coproduzione Teatro dei Filodrammatici/Carrozzeria Orfeo gode di un testo intelligente (candidato nel 2010 per l’Evening Standard Award), ci mostra una situazione circostanziata ma con riferimenti esistenziali ampi, alle difficoltà di una generazione che cerca disperatamente qualcosa in cui credere. Volendo fare un paragone con Thanks for Vaselina di Carrozzeria Orfeo, affine per alcuni dei temi e per la cifra perfidamente comica dei personaggi, si potrebbe dire che questo lavoro è meno “spiegato”, le riflessioni sono meno esplicite e si lascia allo spettatore il compito post spettacolo di arguire qual è il senso di un testo sostanzialmente pessimista ma che si regge su un riso all’inglese in grado di risollevare anche le peggiori tragedie personali.