IRIS BASILICATA | Quando il 29 maggio del 1913 Igor Stravinskij sentì le risate e le prese in giro del pubblico durante la prima rappresentazione de Le sacre du Printemps, coreografata da Nizinskij, abbandonò la sala. L’opera è stata poi definita un vero e proprio scandalo artistico per le aggregazioni sonore e il ritmo dinamico utilizzati come non era mai stato fatto prima, ampliando così gli orizzonti e l’approccio alla danza.
Il famoso balletto racconta di un sanguigno rito propiziatorio alla primavera, in cui un’adolescente eletta dovrà ballare fino alla morte per la benevolenza degli dei. I più grandi coreografi del Novecento come Maurice Béjart, Pina Baush, Marta Graham, hanno dato le loro personali interpretazioni al balletto in cui per la prima volta veniva mostrato al pubblico il potere evocativo della musica. Virgilio Sieni conclude la rassegna Il teatro che danza, organizzata dal Teatro di Roma, riprendendo in mano il capolavoro stravinskijano arricchendolo di un Preludio iniziale. In questo pre-rito, sullo sfondo di un palcoscenico spoglio ed illuminato da una luce rossa che lascia presagire un senso di morte imminente, sei ballerine si esibiscono in movimenti netti, riscoprendo i gesti primitivi e originari dell’essere umano. Accompagnate dal contrabbasso di Daniele Roccato, le sei ballerine attraversano tutto lo spazio del palcoscenico come fossero dei manichini snodabili, eseguendo movimenti all’apparenza confusi per poi ritrovarli chiari e spigolosi quando ha inizio il rito vero e proprio. Il sestetto di donne, perso nella sua inafferrabilità della forma, tenta di cercare nei movimenti la capacità dell’uomo di rinnovarsi attraverso un percorso dell’umanità che diviene percorso della memoria stessa. Infinitesimali movimenti che hanno permesso all’uomo di stare al mondo come quelli di alzarsi, chinarsi, toccarsi, cadere, fanno riscoprire il senso archeologico e geometrico del gesto che parte sempre dalle articolazioni dei ballerini.
Dopo una pausa decisamente troppo lunga dodici ballerini vengono immersi nel pieno del rito in cui i corpi cercano sempre il contatto gli uni con gli altri, cancellando il binomio individuo-comunità che li separa. L’attenzione al rito, infatti, non è focalizzata tanto sulla scontro tra l’eletta e la tribù quanto sulla sacralità e sull’essenza viscerale della natura e della terra. I ballerini alternano movimenti dolci a movimenti più duri che fluidamente si intersecano, si lasciano, si riprendono, si dividono, per poi ritrovarsi in un unico corpo sulle note dell’inquietante partitura stravinskijana. Il bellissimo disegno luci di Fabio Sajiz crea sul palcoscenico un vero e proprio effetto di profondità degno di un quadro di Caravaggio.
I performer sono coperti solo da leggings color pelle, fatta eccezione per la vittima prescelta (interpretata dalla storica ballerina della compagnia di Sieni, Ramona Caia), che con leggings scuri e viso ricoperto da una pittura color oro, si trova all’interno di un flusso di energia fatto di ritualità e di gioco. Schiere e cerchi vengono creati e distrutti in un moto in cui il corpo coreografico viene continuamente frammentato e ricomposto.
L’importanza del gesto e della sua infinita scomposizione pervade tutta l’opera di Sieni elogiata da un pubblico entusiasta che si abbandona a lunghi e scroscianti applausi. Contrariata solo una bambina sui sei anni e dai capelli rossi: forse un po’ troppo piccola per capire il profondo significato del lavoro di Virgilio Sieni.
Preludio
regia e coreografia Virgilio Sieni
musica di Daniele Roccato
luci Fabio Sajiz, Virgilio Sieni
interpreti Ramona Caia, Claudia Caldarano, Patscharaporn Distakul, Vittoria Sapetto De Ferrari, Giulia Mureddu, Sara Sguotti
La Sagra della Pimavera
regia e coreografia Virgilio Sieni
musica Igor Fedorovi Stravinskij
interpreti Ramona Caia, Claudia Caldarano, Patscharaporn Distakul, Vittoria Sapetto De Ferrari, Giulia Mureddu, Sara Sguotti, Jari Boldrini, Maurizio Giunti, Rafal Pierzynski, Davide Valrosso
luci Virgilio Sieni
costumi Giulia Bonaldi, Virgilio Sieni