VALENTINA SORTE | Se Gigi Marzullo fosse stato in sala, probabilmente si sarebbe chiesto se “Loro” è la vera storia del più famoso rapimento alieno in Italia o piuttosto la storia “vera” del più famoso rapimento alieno in Italia? La posizione dell’aggettivo non è poi così indifferente. Tutt’altro. Il titolo originale dichiara subito la veridicità dei fatti narrati e il taglio documentaristico dello spettacolo: “Storia vera..”. E’ successo veramente. Ma il carattere fortemente inverosimile della vicenda raccontata, un rapimento alieno appunto, fa sorgere qualche dubbio.
“Loro”, scritto e diretto da Maurizio Patella, gioca in modo originale sulla sospensione dell’incredulità dello spettatore. Da una parte si fa teatro di narrazione, presentandosi come un’attenta e documentata telecronaca: solo in scena, l’attore racconta fedelmente le numerose testimonianze relative ai rapimenti alieni di un metronotte genovese. Dall’altra parte la scena si popola di figure strane: il rigore della narrazione lascia spazio all’ufologia e alla fantascienza, a effetti speciali volutamente grossolani e demenziali. Dove collocarsi quindi?
Tutto inizia la notte del 6 dicembre del 1978, quando il metronotte Piero Zanfretta, durante l’ispezione di alcune ville dell’entroterra ligure, viene rapito dagli alieni. Nonostante le diverse testimonianze degli abitanti del posto, nessuno sembra credergli. I rapimenti però si ripetono e Piero viene sottoposto a diverse sedute di ipnosi regressiva e persino all’iniezione del Pentothal. Diventa un caso mediatico. Una perizia psichiatrica lo dichiara sano di mente. La Procura di Genova apre allora un’inchiesta e nei due anni successivi le sparizioni arrivano a undici, ma a poco a poco la storia viene insabbiata e Piero viene abbandonato al suo destino, finendo per perdere lavoro e famiglia. Tutto.
Patella si muove abilmente all’interno di questa ricostruzione storica, passando dagli anni di piombo, il brigatismo, la lotta armata, Sandro Pertini, la P2 e il sequestro De André che fanno da sfondo alla vicenda a un registro più grottesco, tipico del kolossal demenziale o dei film di fantascienza di quart’ordine. Come un marionettista, l’artista genovese muove, dirige, trascina e dà voce a un’infinità di personaggi (il sindaco di Torriglia, Don Pietro, il brigadiere Nucchi, il maresciallo Toccalino, il tenente Cassiba, il giornalista Rino Genovese…) affollando la scena di giocattoli e soldatini, Big-Jim e G. I. Joe, robot meccanici e Fiat 127, aeroplani e oggetti volanti. Un insolito e curato allestimento vintage dove il teatro di figura si fa affabulazione visiva e sonora.
Come un bambino che crede fino in fondo al suo gioco, Patella trascina il pubblico in una dimensione ludica, nonostante da una parte il senso di realtà/cronaca siano sempre presenti e dall’altra l’artificio/l’effetto speciale siano dichiarati apertamente come tali. Proprio questa confusione di piani – tra umano e non-umano, terrestre ed extra-terrestre, finzione e realtà, normale e paranormale, cronaca-complotto, coscienza-ipnosi – rafforza la “verità scenica” che regge tutto lo spettacolo, tanto che il passaggio dentro e fuori la storia (nei due/tre appelli al pubblico o a parte) non segna affatto una rottura. Al contrario.
Lo spettacolo ha meritato ben giustamente la menzione speciale “Franco Quadri” al Premio Riccione 2013. Oltre alla drammaturgia, che vede la preziosa collaborazione di Antonio Paolacci, un altro punto di forza di “Loro” è l’allestimento scenico che grazie all’uso di semplici scatoloni e oggetti riesce a evocare paesaggi e luoghi, così come l’ottimo disegno luci di Davide Rigodanza e le musiche ricreano atmosfere sospese, a metà tra il poliziesco e lo splatter.
Il lavoro è molto convincente, anche se sicuramente un’ulteriore riduzione rispetto alla versione originale renderebbe ancora più godibile lo spettacolo, senza in alcun modo togliere alla narrazione la sua ricchezza e la sua originalità.