NICOLA ARRIGONI e RENZO FRANCABANDERA | RF: È un lavoro di particolare struttura, che dialoga fortemente con il precedente Lingua Imperii, la creazione portata in scena al Piccolo Teatro di Milano e poi a Casalmaggiore dal collettivo artistico Anagoor. Si tratta di un’opera di elaborazione e rielaborazione di una delle più alte eredità della cultura latina e di un tentativo di indagarne i legami con il nostro presente, per assonanza e antinomia.
NA: La poesia, il potere, la pietas: ecco i tre termini attorno cui ruota Virgilio brucia di Anagoor. La compagnia veneta – esponente di punta dell’ultima generazione di teatranti – costruisce un allestimento esteticamente inappuntabile, fino a concedersi ad un certo estetismo che accarezza l’occhio. La scena è quella astratta di un interno marmoreo di domus romana in cui passato e presente s’intrecciano. Si parte con la morte di Virgilio e la richiesta di far bruciare l’Eneide alla sua dipartita. Perché bruciare quell’opera? Per la sua incompiutezza?, perché non ha corrisposto all’originale progetto di cantare la grandezza di Roma? Non la pensò così Augusto, il suo committente, dopo aver ascoltato la lettura del secondo, quarto e sesto canto del poema.
RF: il percorso sembra partire di qui ma in realtà è in profondo dialogo con lo spettacolo precedente, appunto, di cui recupera forma corale e sostanza concettuale ed estetica nel percorso di indagine sul rapporto fra lingua e lingue del potere: il linguaggio, le sue anse e cascate tumultuose, il suo rapporto con la violenza e il rapporto fra dominante e dominato, in un paesaggio concettuale dove la natura assiste succube alla deriva del potere, incarnata, sia in questo spettacolo che nel precedente, dalla violenza sulla stessa da parte dell’uomo nella civiltà post industriale e degli allevamenti di massa.
NA: I riferimenti alla storia diventano nella costruzione musicale, visiva, plurilinguistica di Virgilio brucia metafore di un passato che riflette il presente, lo mette a nudo. E allora la domanda è perché leggere i classici, dove sta la loro modernità? A questo fa riferimento il cammeo video, con Marco Cavalcoli in versione di professore che spiega, contestualizza il poema del popolo esiliato, del pius Enea, spiega il contesto migratorio coatto del nascente impero, spiega come l’Eneide assommi cambiamento e dolore, ma celebri anche il potere di Roma nel mondo. C’è un rincorrersi di lingue in Virgilio brucia, c’è la volontà di suggerire piuttosto che dire. Al video scolastico – l’Eneide divenne libro di testo nelle scuole romane – fa seguito la discesa all’Ade del sesto canto che altro non è (felice e drammatica metafora) la nascita in batteria di polli, maiali e vitelli, nascita/morte di animali destinati al macello, allo sfruttamento dell’allevamento intensivo; il tutto accompagnato dal canto dei coristi dell’Estudiantina che affianca gli attori della compagnia: Marco Menegoni, Gayanée Movsisyan, Massimiliano Briarava, Moreno Callegari, Marta Kolega, Gloria Lindeman, Paola Dallan, Monica Tonietto, Artemio Tosello, Emanuela Guizzon.
RF: E mentre il coro canta e le immagini di questa violenza da batteria di allevamento emerge in maniera chiara, che non ha bisogno di parole, il tutto stride per ossimoro ancora di più con la scena precedente e il richiamo non meno virgiliano alla distillazione del miele con il metodo antico, quello che il poeta stesso aveva descritto nelle Georgiche. Che contrasti con l’opera di Giorgione!, che pure questo gruppo di lavoro aveva indagato in una delle prime creazioni, nel punto di arrivo in cui l’artista pittore dichiarava il potere della natura sulle creature viventi. L’uomo piccolo tremava in attesa della tempesta, ora sembra quasi originarla. Anzi, possiamo scrivere senza il quasi, visto l’impatto dell’antroposfera sull’ecosistema. Ed è bellissimo che Anagoor trovi un modo alto e poetico per parlare di queste cose.
NA: In questo sovrapporsi di piani narrativi e visivi sta il fascino del lavoro di Anagoor che parte dalle fondamenta della cultura occidentale e si dirà di più parte dai ricordi scolastici, dalla formazione dei componenti della compagnia per cercare di guardare il mondo, metterne in evidenza le incongruenze, andare in cerca di categorie estetiche, etiche, storiche che possano fare da auctoritates allo sguardo sul presente.
Pian piano nel racconto per immagini di Anagoor, nella costruzione di quello che sembra più un rito che uno spettacolo si fa spazio il pensiero sull’attualità. Le Res gestae divi Augusti sciorinano parole che raccontano di una precisa strategia di potere e di consenso che non differisce tanto dalle medesime azioni messe in atto dallo statu quo contemporaneo. Il riferimento all’America e alla colonizzazione occidentale è sotteso e mai esplicitato.
RF: Virgilio brucia raggiunge, da questo punto di vista, una sua ancora più alta intenzione rispetto alle creazioni precedenti, diventando a nostro parere una pietra di confronto con il teatro d’immagine e provando addirittura una sua rielaborazione, un suo superamento concettuale, molto concreto e vero. La lezione di Castellucci in tutto questo ci pare molto visibile, pur distanziandosene proprio nella riflessione sul linguaggio, che qui però diventa quasi elemento visivo, capace di farsi altra forma che non quella simbolica.
Il monologo finale, se ascoltato con la profondità che il teatro deve riconoscere a chi lo porta in scena con impegno, è davvero commovente, una dichiarazione poetica e di intenti molto netta, di una precisione semantica disarmante, e che fa dimenticare il bisogno di artifici tecnologici di sorta.
NA: In questo presentare per scene pensieri più che racconti esplode con potenza mimetica e archeologica la ricostruzione della famiglia imperiale in ascolto del secondo canto dell’Eneide recitato da Marco Menegoni/Virgilio in latino, con tutta la musicalità dell’esametro. Bello il suono, straziante la poesia, intenso il dire di Menegoni: in questo omaggio alla classicità la parola e la poesia si dimostrano materia incandescente. Di fronte all’imperatore Augusto il poeta sfida il potere raccontando come l’origine di Roma scaturisca dal dolore di un popolo in esilio, dalla pietas di Enea con in spalle il vecchio padre Anchise… Insomma la poesia che celebra, quando è grande poesia, sa elevarsi dall’encomio e creare mondi… Virgilio brucia racconta, suggerisce, mostra con scansione non sempre omogenea tutto ciò e lo fa con coerenza estetica.
RF: E qui, si, sono d’accordo, Virgilio brucia, nel senso che ha ancora molto da dirci, è materia viva capace di dialogo col presente. E l’operazione di Anagoor è assolutamente meritoria e raffinatissima.
Virgilio Brucia
con Marco Menegoni, Gayanée Movsisyan, Massimiliano Briarava, Moreno Callegari, Marta Kolega, Gloria Lindeman, Monica Tonietto, Emanuela Guizzon, Aglaia Zanetti, Massimo Simonetto, Artemio Tosello
con la partecipazione straordinaria di Marco Cavalcoli e del Coro della Società Musicale Estudiantina, diretto dal M° Donato Morselli
video:concept Simone Derai, Giulio Favotto, Moreno Callegari
regia ed editing Simone Derai, musiche Mauro Martinuz
arrangiamenti musiche tradizionali, composizioni vocali originali e conduzione corale: Paola Dallan, Gloria Lindeman, Marta Kolega, Gayanée Movsisyan,
drammaturgia Simone Derai, Patrizia Vercesi, testi ispirati dalle opere di Publio Virgilio Marone, Hermann Broch, Emmanuel Carrère, Danilo Kiš, Alessandro Barchiesi, Alessandro Fo, Joyce Carol Oates,
regia Simone Derai
coproduzione Festival delle Colline Torinesi, Centrale Fies, Operaestate Festival Veneto, University of Zagreb-Student Centre in Zagreb-Culture of Change Anagoor è parte di Fies Factory e APAP-Performing Europe