ELENA SCOLARI | Quello di James Stewart era un grande coniglio bianco. Si chiamava Harvey. Come ogni amico immaginario che si rispetti, nessuno lo vedeva tranne Stewart, il signor Dowd, in un bel film di Henry Koster del 1950.
Nello spettacolo Boccaperta di Teatro Periferico il ragazzino protagonista parla e si confida invece con “il signore del muro”, perché da lì l’amico esce e lì rientra. Non sappiamo il suo nome, non lo sentiamo parlare, ma sappiamo che porta i blue jeans, quelli che il ragazzo tanto invidia perché ancora gli sono vietati, i genitori lo vogliono cocciutamente in pantaloncini corti.
Il testo di Tommaso Urselli è ambientato in Puglia, in anni identificabili tra i ’60 e i ’70, e sentiamo l’aria pesante di una famiglia e di una comunità chiuse e del tutto impreparate ad affrontare la crescita – anche sessuale – di un adolescente. Maschio per di più.
La scrittura è viva, ironica, sfaccettata, ma nella trasposizione teatrale alcune scene gioverebbero di qualche taglio, a favore del ritmo.
In scena Dario Villa, bravo anche nel parlare un buffo pugliese, è solo ad interpretare il bambino confuso, la madre tanto timorata, il padre autoritario, la sorella con qualche grillo televisivo per la testa, i perfidi compagni di scuola, il barbiere del paese, il parroco con l’alito di cipolla…
Boccaperta è uno dei poco affettuosi soprannomi dati al ragazzo per un banale errore sul nome di un fiore in un tema sulla pianta preferita. E ancora un tema sarà fonte di guai per Boccaperta: “parla della tua famiglia”. E il ragazzino parla della sorella maggiore, del suo desiderio di fare la televisione ma – ahilui! – scrive anche che la spia dal buco della serratura mentre lei sta a lungo in bagno, nuda davanti allo specchio. Così la mamma timorata andrà, con un poco d’ansia, al colloquio col professore non sapendo come spiegare una tale intemperanza.
A Dario Villa basta un fazzoletto in testa per trasformarsi in questa donna buona e ingenua: un attore sensibile riesce a catturare un carattere con pochi segni, perché le diverse anime le ha dentro di sè.
Così come la tenera obbedienza di un bambino che sta crescendo, la cui cieca fiducia nelle parole di chi è più grande di lui comincia a vacillare di fronte alle possibili fidanzatine e ai compagni bocciati e sempre straordinariamente più svegli.
A lato della scena, il signore del muro (che ricorda un fantoccio Kantoriano), osserva silente il teatrino di famiglia, che comincia e finirà in una cassa di legno, contenitore/casa di parenti e giochi. Una seggiolina a misura di asilo amplifica il sentimento fuori scala di Boccaperta, inadeguato nelle sue braghette corte.
La signora gli mette ancora la lacca Cadonett sui capelli, con tanto di retìna, prima di andare a letto. Massì, per tenere l’acconciatura in ordine, a mamma sua.
Lo spettacolo scorre srotolando una galérie familiale popolare, in una provincia del sud dove la paura si nasconde e dove si diventa grandi passando dall’enciclopedia Vita meravigliosa ai giornaletti porno come Zora, Il camionista, Jacula… Chi non è passato dal ridicolo disonore di farseli trovare nascosti tra i libri?
Abbiamo visto questo spettacolo nello sperduto paese di Cassano Valcuvia, in provincia di Varese, dove la residenza teatrale Teatro Periferico, che ha recentemente vinto il Premio Rete Critica per il progetto Case matte, riempie un teatrino periferico, appunto, con un paziente lavoro sul territorio che ha saputo creare un pubblico attento e curioso.
La regia di Paola Manfredi è precisa, fa muovere l’interprete con gesti attenti e sa far emergere l’agilità di Dario Villa nel vestire panni molto diversi con uguale amorevolezza recitativa, qualità particolarmente riuscita nei personaggi di Boccaperta stesso e della madre.
La capacità sicura dell’attore, a nostro parere, brilla più lucida quando più è lasciata libera, per questo non siamo convinti che le brevi incursioni nel teatro di figura, che arrivano un po’ improvvise e non risultano naturali, siano funzionali e coerenti con lo stile complessivo.
Anche Boccaperta sarà libero, libero di crescere, indosserà i blue jeans quando il signore del muro scomparirà, insieme alla sua infanzia.
Ma dove si è cacciato Harvey?!