MATTEO BRIGHENTI | È una delle novità di questa stagione. Ma Il prezzo non è solo uno degli ultimi capolavori di Arthur Miller, riscoperto in Italia da Umberto Orsini, è realtà, ben oltre la finzione teatrale. La famiglia che in scena affronta le nefaste ripercussioni della crisi del ’29 è un calco di quella del celebre drammaturgo statunitense. Lo rivela in esclusiva per PAC il nipote, Ross Miller: “Arthur era mio zio, il fratello più giovane di mio padre Kermit, che ha lasciato l’università prima della laurea per salvare l’attività in fallimento di loro padre, Isidore Miller”. Esattamente come Victor, che ha rinunciato agli studi e si è arruolato in polizia per mantenere il genitore caduto in miseria dopo il Martedì nero: il personaggio di Massimo Popolizio, anche regista, nella messinscena della Compagnia Orsini, fa una scelta totalmente opposta a quella di Walter (interpretato da Elia Schilton), il fratello che, sottraendosi alle responsabilità familiari, è diventato un grande chirurgo. “Isidore – spiega Ross Miller – emigrò dalla Galizia (un territorio austro-ungarico creato in seguito alle spartizioni russe della Polonia), arrivando nel Lower East Side di Manhattan come mezzo milione di altri ebrei dell’Est Europa durante gli ultimi decenni del XIX secolo. Sarti specializzati, i Miller si affermarono rapidamente nel campo dell’abbigliamento. Agli inizi degli anni ’20 erano ricchi, per poi perdere tutto con la Grande Depressione”. Questo lo racconta anche lo stesso scrittore americano nella sua autobiografia Svolte (1986).
Victor e Walter si ritrovano per stabilire il prezzo dei mobili nell’appartamento del padre che sta per essere abbattuto, sedici anni dopo la sua morte. Anche Isidore Miller era morto, due anni prima del debutto de Il prezzo, avvenuto il 7 febbraio 1968 al Morosco Theatre di New York, con Pat Hingle e Arthur Kennedy nelle parti di Victor e Walter, e la regia di Ulu Grosbard. Fu un grande successo: 429 repliche consecutive. “Ero lontano, all’epoca – ricorda Ross Miller – frequentavo la scuola di specializzazione post-laurea alla Cornell University, non potevo tornare a New York per unirmi ai miei genitori la sera della prima. L’ho visto qualche mese dopo: il vecchio ebreo Solomon con il compito di vendere i beni della famiglia è un’invenzione totale, un divertente diversivo dalle verità sconvolgenti che i due fratelli devono affrontare”.
Critico di architettura e autore di diversi libri, oggi, a 70 anni, Ross Miller è Professore Emerito di Inglese e Letteratura Comparata all’Università del Connecticut, dopo aver insegnato a Yale, Wesleyan e al Trinity College. I giudizi online dei suoi studenti dicono che è un docente “duro”, “impegnativo”, ma che “se frequenti le lezioni, fai le letture che ti dà e ascolti quello che dice, allora diventi un lettore e uno scrittore migliore”. È inoltre il curatore dell’opera omnia di Philip Roth per la Library of America, il progetto di una biografia del romanziere, invece, iniziato nel 2004 è stato abbandonato di comune accordo con Roth nel 2009. Ha una figlia, due nipoti, e va a teatro ogni volta che può. “Il teatro – dice Ross Miller – è una parte cruciale della vita intellettuale ed emotiva di una comunità. Il prezzo, ad esempio, ci ricorda che è facile dare un valore alle cose, ma non alle decisioni che si fanno nel corso della vita. Entrambi i fratelli hanno pagato caro le loro: il medico ha soldi e prestigio, ma una vita personale fallimentare, mentre il poliziotto, che ha poche ricompense materiali dal suo lavoro, ha un matrimonio di successo e il rispetto dei suoi pari”.
Le scelte sono quelle che hanno consolidato il legame tra zio e nipote, soprattutto il pacifismo. “Durante la guerra in Vietnam – commenta Ross Miller – studiavo letteratura all’Università del Michigan. Come laureato d’eccezione dell’Ateneo e strenuo oppositore della guerra, Arthur fu invitato a parlare a una grande manifestazione pacifista. Mi offrii volontario per accogliere le persone all’ingresso dell’Hill Auditorium dove in migliaia si erano riuniti per ascoltarlo. Accompagnato da un entourage di persone importanti, entrò dalla porta dove c’ero io. Rimase sorpreso dall’incontro come me – prosegue – e iniziò a presentarmi a quelli che lo seguivano. Me lo ricordo che dice: <<Signori, questo è mio nipote Ross, non so quello che sta facendo, ma sono sicuro che è importante>>”. Più tardi, dopo la laurea, andò a chiedere un consiglio allo zio: stava per essere richiamato nell’esercito e sapeva che non potevo farlo per via delle sue consolidate obiezioni morali alla guerra. “Mio padre – spiega Ross Miller – era un Capitano di fanteria decorato, ferito nella “battaglia delle Ardenne” durante la Seconda Guerra Mondiale. Alle sue esperienze militari Arthur, che non servì nell’esercito, si ispirò per il libro Situazione normale. Il consiglio di Arthur fu lo stesso di mio padre: <<Io so che tu sai cosa fare, allora fallo e basta>>. Non sono mai entrato nell’esercito e non sono mai andato in Vietnam”.
Siamo negli anni dopo il matrimonio con Marilyn (1956-1961), un periodo della vita privata di Arthur Miller trascorso sotto i riflettori della cronaca scandalistica. “Ho conosciuto Marilyn – afferma il nipote – andai anche al loro matrimonio. Lei era gentile e attenta ai miei cugini (i suoi figliastri) e a me. Forse ebbe un interesse speciale per noi perché non poteva avere figli suoi. Era bella come Afrodite, con tutti i problemi di una donna comune”.
La morte l’avrebbe colta nel 1962. Arthur Miller le resterà affezionato per il resto dei suoi giorni: il 10 febbraio 2005 si è spento in Connecticut, non lontano da casa del nipote, nello stesso ranch di Roxbury che la Monroe acquistò quando erano sposati e che scelse di regalargli per convincerlo a non opporsi al divorzio. “Mio padre e mia madre erano morti da poco – conclude Ross Miller – Arthur era l’ultimo di quella generazione. Sono stato con loro fino alla fine: certamente sono insostituibili”.