MARIA DOLORES PESCE | Il corpo dell’uomo emerge dalla oscurità del mito come dalle doglie di un parto e pretende un suo posto in un mondo che va definendosi nel contatto e nella reciproca relazione, una relazione ancora aspra e priva di parole segnata dai ritmi rituali di una musica incombente che tutto avvolge e penetra.

È la nuova tappa del percorso di ricerca di Teatro Akropolis e dei due suoi drammaturghi, Clemente Tafuri e David Beronio, intorno alle radici del mito e della tragedia, intesa come esperienza fondante dell’uomo occidentale, una esperienza però non solo culturale e intellettuale ma anche molto concreta che incide fisicamente e filosoficamente incistando il nostro stesso corpo.

unnamed-1.jpgNel segno dell’esperienza nicciana, dunque, la drammaturgia procede in scena per contrasti (luce – buio, suono – silenzio, abbraccio – respingimento) così da recuperare il senso profondo del nostro essere nel mondo, il primo fondamento sia delle esistenze personali che della Storia e della cultura nelle loro infinite e contrastanti manifestazioni.

Alla fine emerge anche la parola che è un atto di conciliazione e che dunque guida alla definizione di un mondo fatto di identità, identità che sono singolarità esistenziali ed, insieme, relazioni nel tempo.

“La bellezza del superuomo venne a me come un’ombra. Ah, fratelli! Che mai possono importarmi ancora – gli dei”, scrive Nietzsche in un aforisma del suo Zarathustra quasi ad accompagnare il procedere della ricerca di Tafuri e Beronio di cui il titolo stesso del festival “Testimonianze ricerca azioni” è icastico sunto.

Il confronto con la dis-misura dell’uomo rituale e mitico della tradizione dionisiaca diventa così anche occasione di studio e sperimentazione del corpo attoriale in cui quasi si disseccano le forme della recitazione alla ricerca di una sorta di fonte primigenia del movimento e del suono.

La regia degli stessi drammaturghi sovraintende alla scena nella quale i bravi Luca Donatiello, Francesca Melis, Alessandro Romi e Felice Siciliano quasi ne sperimentano gli esiti, trasformandosi man mano da strumenti a protagonisti di conoscenza.

Un spettacolo non facile dagli esiti che man mano si perfezionano e che il pubblico mostra di apprezzare. Al Teatro Akropolis di Genova Sestri Ponente il 14 aprile, con replica il 22, nell’ambito del festival in corso.

Al termine della rappresentazione, e a proposito di radici prime della percezione estetica, il collettivo BDS Crew ha presentato un suo bellissimo murales, proprio di fronte all’ingresso del teatro, ispirato a pitture rupestri recentemente scoperte e che costituiscono la più antica esperienza di arte visiva finora conosciuta. Sono i graffiti della grotta di Chauvet, nel sud della Francia, purtroppo non accessibili al pubblico la cui presenza potrebbe danneggiarli. La loro interpretazione ne conserva ed evoca il senso di stupore riportandolo quasi a quello spaesamento che oggi ci insidia, consentendoci tra l’altro una sorta di accesso indiretto a quelle stesse grotte. Un dono che va oltre i confini del festival e che va a merito della compagnia Teatro Akropolis.

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