ESTER FORMATO | Nelle ultime due serate del Festival di Castrovillari abbiamo visto all’opera, presso il teatro Sybaris nello splendido Protoconvento francescano che introduce all’antico borgo della cittadina, Geppetto e Geppetto di Tindaro Granata e Ci scusiamo per il disagio de Gli Omini.
Nel primo si racconta una storia di omogenitorialità che si estende nell’arco di più di vent’anni. Un tavolo di legno rettangolare si situa al centro del palcoscenico con tre cartelli, “a volte è agenzia”, “a volte è una cucina”, “a volte è una scuola” e ai lati, seduti su due file, i personaggi con i propri nomi sulla t-shirt che aspettano d’intervenire nella narrazione. Luca e Tony sono invece attorno al tavolo.
Anche qui l’azione scenica è quasi, ancora una volta, unidimensionale, affidata esclusivamente ai dialoghi che in maniera frontale rispetto al pubblico prendono vita, fatta eccezione per l’ultima parte. Se i cartelli affissi, i nomi sulle magliette, i personaggi che seduti sono in attesa di un loro turno, i ricordi e pensieri veicolati con voce-off danno l’impressione che si stia mettendo in luce una certa natura didascalica della narrazione scenica, è d’altro canto vero che la permanenza in assito dei vari personaggi acquista fondamentale significatività per definire una rete sociale precisa entro la quale poter situare questo nucleo familiare, posta in evidenza con tutti i relativi rapporti dei quali è costituita. Non c’è alcuna coralità di fondo, ma l’impressione è che il focus dello spettacolo si concentri sulle risonanze dei rapporti madre-figlio, padre-figlio che raccogliamo durante la vita, rilette secondo una matrice psicoanalitica e che in un bambino, poi giovane che sa di essere stato generato da un utero (in affitto), che non appartiene ovviamente a nessuno dei due genitori e di cui uno soltanto è biologico, desta un importante conflitto interiore. Tindaro Granata mette in scena una prima infanzia felice del bambino Matteo Salvini bruscamente interrotta dalla malattia e conseguente morte di Tony, uno dei due papà. Da questo momento in poi anche lo spettacolo subisce una forte virata; la parentesi degli assistenti sociali funzionalmente amplificata, l’avvenire dell’età adulta di Matteo, il conflitto e l’allontanamento col papà Luca, le complicazioni con i migliori amici tra cui Lucia (figlia di Franca, migliore amica dii Toni e Luca, e cresciuta senza padre), l’allagarsi e al contempo il restringersi di quella rete sociale in cui si è sperato di dare consistenza ad una nuova famiglia in cui la si è riconosciuta come tale. “Geppetto e Geppetto” – richiamando nel titolo la tenera paternità (surrogata) del falegname di Collodi – elude ogni sorta di polemica, al contrario fa sua l’idea della tenerezza, dell’amorevole consapevolezza e coraggio dell’essere genitori, raccontando semplicemente una storia che, però, nel relativo prosieguo si rivela abbastanza fragile nella misura in cui resta ancorata a letture psicoanalitiche che sembrano imporre una chiave di lettura forzata. L’evoluzione cronologica della storia è non priva di parti che appaiono ridondanti che ne sfaldano la consistenza, sicché anche il finale giunge in maniera sostanzialmente affaticata.
Voltiamo completamente pagina con “Ci scusiamo per il disagio” de Gli Omini, senza dubbio il miglior lavoro visto nell’ultima parte di Primavera dei Teatri 2016, ma che ha già debuttato nel 2015. Questo spettacolo nasce da un progetto (Progetto T) di valorizzazione del territorio, quello pistoiese, partendo della difesa della Transappenninica, linea ferroviaria che congiunge moltissimi di quei piccoli centri che stanno subendo l’enorme spopolamento.
Su delle panchine adiacenti poste al centro dello spoglio palcoscenico sostano individui diversi (gli attori interpretano più personaggi). In un angolo al fondo s’illumina un semaforo rosso, e al lato sinistro sta un enorme altoparlante dal quale la voce del disco registrato della stazione ferroviaria entra a gamba tesa nei funambolici dialoghi fra i protagonisti e ne diviene primario interlocutore. Sono essi protagonisti per i quali la stazione non è mai partenza né arrivo, ma non-luogo, zona franca ove stranieri diseredati, prostituti, coppie di ogni sorta trovano un loro rifugio. Coi loro paradossi espressivi che si alternano a brevi silenzi che non pesano sulla cronometria della recita, cercano di ingannare un tempo di cui ormai non si ha percezione (“Gli orologi della stazione sono fuori servizio” dirà l’altoparlante); frammenti di vite sono raccontati in maniera estraniante mentre essi si scoprono inchiodati ad un’immobilità strana e beffarda. Il treno che aspettano è di continuo procrastinato, non sembra esistere e, infine, passa senza che se ne accorgano. La stazione è luogo beckettiano laddove tempo e spazio raggiungono le loro frenetiche velocità, ma al contempo si annullano in una condizione bislacca d’immobilità. Un posto marginale delle nostre società, solo apparentemente di passaggio e invece ostello di un brulicare di vite pasoliniane le cui esistenze sono qui ironicamente adattate ai tempi teatrali, con qualche strambo cortocircuito di fondo come la breve pausa (una sorta di parodia di un intervallo fra due tempi di una recita) in cui l’altoparlante “racconta” la storia della patata.
Il pregio del lavoro risiede, inoltre, nell’interazione di quelle stesse individualità che accennano ad una coralità spontanea, ad un senso sinergico dell’essere legati virtuosamente alle trame della stessa drammaturgia e nello stesso tempo rivelarsi, attraverso un’ironia non retorica, monadi metropolitane. Le due accezioni della parola “disagio” che alludono a certe condizioni umane sia al malfunzionamento delle ferrovie si congiungono in un unico segno, dando vita ad una tessitura drammaturgica che si traduce sul palcoscenico in una strana e pulsante “entropia esistenziale”.
Cala con Gli Omini il sipario sulla XVII edizione di Primavera dei Teatri 2016 di Castrovillari, piccola cittadina del nostro sud che, distante dai grandi centri di produzione del paese, continua ad essere luogo di incontro e riflessione; un posto dove ci scopriamo con meraviglia arricchire il proprio sguardo di spettatore al cospetto di stili, di esperienze teatrali diverse e con il confronto fra esse (ri)scoprire le ragioni più profonde dell’agire sul palcoscenico e dello stare seduti in una platea.
PROXIMA RES / TEATRO STABILE DI GENOVA / FESTIVAL DELLE COLLINE TORINESI
GEPPETTO E GEPPETTO Anteprima nazionale scritto e diretto da Tindaro Granata
con Alessia Bellotto, Angelo Di Genio, Tindaro Granata, Carlo Guasconi, Paolo Li Volsi, Lucia Rea, Roberta Rosignoli
regista assistente Francesca Porrini
assistente ai movimenti di scena Micaela Sapienza
allestimento Margherita Baldoni
luci e suoni Cristiano Cramerotti
coproduzione Teatro Stabile di Genova – Festival delle Colline Torinesi – Proxima Res
GLI OMINI / ASSOCIAZIONE TEATRALE PISTOIESE
CI SCUSIAMO PER IL DISAGIO uno spettacolo teatrale de Gli Omini
di e con Francesco Rotelli, Francesca Sarteanesi, Giulia Zacchini e Luca Zacchini
luci Emiliano Pona
produzione Associazione Teatrale Pistoiese-Centro di Produzione Teatrale
con il sostegno di Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Regione Toscana