GIULIA TELLI | La Sirenetta, spettacolo della compagnia Eco di Fondo per l’intimista regia di Giacomo Ferraù, affronta con intelligente originalità il tema, ormai inflazionato, dell’identità e della diversità, sublimandolo in un linguaggio scenico etereo, evocativo e allegorico. Lo spettatore viene accompagnato in un viaggio onirico fatto di luci e ombre, cartine dai colori vivaci, veline trasparenti che, gonfiandosi e ritraendosi, si trasformano ora in membrana placentare ora in suggestive onde marine.
Sulla scena i bravi e generosi Giacomo Ferraù, Libero Stelluti, Giulia Viana e Riccardo Buffonini, vestiti con una uguale divisa nera: canottiera e pantaloni neri, interpretano le diverse fasi di vita del protagonista, un giovane adolescente che si scopre omosessuale e che decide, con lucida determinazione, di abdicare, con non poca sofferenza, alla vita.
I quattro attori, alternandosi sulla scena, raccontano il percorso adolescenziale di ricerca da parte del protagonista di una propria auto-consapevolezza identitaria che inevitabilmente si incontra-scontra con la sessualità, fondamentale tassello nella costruzione dell’identità di genere.
Lo spettacolo si apre con la lettura in voce off della lettera-testamento che il protagonista indirizza a “cari mamma e papà”. Il suo rammarico più grande sembra essere stata l’incapacità genitoriale di comprendere il suo disagio esistenziale, il suo percepirsi “sirena”, fuor di metafora il suo sentirsi diverso dagli altri perché nato con la coda, anziché con le gambe. Ed è proprio in questa polarizzazione tra l”io” ferito e umiliato, che tenta di affermare se stesso nonostante le discriminazioni e il pregiudizio degli “altri”, che si consuma il dramma dell’emarginazione e della rinuncia a sé, ancora prima del rifiuto della vita.
Tutta l’azione scenica è giocata su un doppio registro, in bilico tra fiaba e realtà: la fiaba a cui si fa riferimento è quella del noto scrittore Andersen, da cui il titolo dello spettacolo, la realtà è invece la drammatica attualità dei giorni nostri che veste a lutto le pagine di cronaca, dove troppo spesso si leggono casi di adolescenti che hanno preferito congedarsi dalla vita perché non si sentivano accettati. Da alcune di queste vicende Eco di Fondo ha preso spunto per comporre la sua drammaturgia.
E’ allora la solitudine forzata e un pervasivo senso di inadeguatezza con cui ci si ritrova a fare i conti giorno dopo giorno. E lui, il “ragazzino” senza nome, ma la cui voce, che da vagito si fa grido disperato ed esistenziale si erge a portavoce di una sofferenza universale e condivisa da tutti quegli adolescenti che, come lui, hanno invano cercato un posto nel mondo, senza purtroppo trovarlo. La morte diventa allora l’unica possibile via di fuga, l’unico posto sicuro, capace forse di ricongiungere al nulla delle origini: “c’è un istante in cui tutti noi siamo uguali e indefiniti, senza distinzione di sesso e di genere. E’ da qui che parte tutto. In questo momento pronuncio i miei confini. testa, braccia e coda”.
La scena, in un susseguirsi di immagini evocative di rara poesia racconta per metafore soprattutto visive il dramma del protagonista: ciò che brucia ad andarsene così giovani è la consapevolezza di abbandonare, insieme alla vita, anche quell’uomo che sarebbe diventato una volta grande e che nessuno potrà mai conoscere. La struttura drammaturgica è articolata per tenere sempre viva l’attenzione dello spettatore, non si ha quasi il tempo di affezionarsi a una scena – trasformata in quadri pittorici grazie al sapiente disegno luci di Giuliano Almerighi – che subito si passa a quelle successiva.
In questo ritmico incastro non mancano sketch esilaranti come quelli affidati a Barbie & Ken, i giocattoli preferiti del ragazzino, attraverso la cui voce e punto di vista ci viene narrata gran parte della vicenda. Barbie, Ken e Orsetto peloso, che si inserirà quale terzo incomodo nella celebre coppia e del quale, inaspettatamente si infatuerà Ken, altro non sono che l’alter-ego “fantastico” del protagonista stesso del quale condividono inquietudini, amori non corrisposti e amori corrisposti ma difficili da accettare. Il mondo dei giocattoli si fa emblema della realtà e a essere messo in discussione non è solo il concetto di “diverso” bensì anche gli stessi canoni di bellezza estetica di cui Barbie, sbugiardata da Ken in un divertente contraddittorio, si erge a portavoce. La compagnia Eco di Fondo, senza presunzione di morale alcuna, lascia allo spettatore la libertà o meno di raccogliere l’invito alla riflessione.
LA SIRENETTA
regia Giacomo Ferraù
con la collaborazione registica di Arturo Cirillo
drammaturgia Giacomo Ferraù e Giulia Viana
con Riccardo Buffonini, Giacomo Ferraù, Libero Stelluti, Giulia Viana
assistenti alla regia Piera Mungiguerra e Simon Waldvogel
disegno luci Giuliano Almerighi
coordinamento coreografico Riccardo Olivier
organizzazione Elisa Binda
produzione Eco di fondo in coproduzione con Campo Teatrale
con la collaborazione di LAB121
ringraziamenti Francesca Angelicchio, Marcela Serli e Daniele Sala