ESTER FORMATO | Il “Pinocchio” firmato da Joël Pommerat che nel 1990 ha fondato la Compagnia Louis Brouillard, parte da uno studio sull’opera collodiana che, col sostegno di una mega coproduzione francese, si è tradotto nel lavoro teatrale che abbiamo visto al Napoli Teatro  Festival.

La scena, scevra di ogni possibile “mondo a colori” col quale c’immaginiamo le marachelle di Pinocchio, è essenziale, vuota; solo una turchina tenda a pieghe posta centralmente al fondo conferisce una tonalità differente dalla restante semioscurità che avvolge l’assito.

Ma il buio è qui un quadro mentale,  modus videndi di questo misterioso narratore,  girovago quasi cieco, e presto metafisica scatola scenica ove la Compagnia, in sinergia al piano della narrazione di quest’ultimo, ci mostra in vari quadri le avventure di Pinocchio.

Pommerat ricava spesso – attraverso fasci di  luci significativamente caravaggesche – delle sezioni luminose nelle quali immerge letteralmente i protagonisti della vicenda collodiana di cui  rispetta la natura episodica. Tale natura si rivela consona e funzionale alla regia, per poter giustapporre i piani di narrazione pura (il narratore ha un microfono dal quale tesse una continuità diegetica fra un quadro e l’altro) e di mimesi, facendo si che i singoli episodi che determinano il percorso di formazione del burattino di legno, abbiano una sequenzialità talvolta cinematografica, talvolta, invece, assistiamo ad un’articolazione dell’azione scenica che sfrutta la profondità dell’assito potenziata da un telo semitrasparente o meno, a seconda dell’impatto delle luci stesse.

Il risultato è un continuo fluttuare in una dimensione onirica ove si concreta un processo di teatralizzazione dello stesso Pinocchio, quale emblema di una molteplicità di riflessi vitali che si rifrangono sulla realtà, ed esattamente come il teatro ne fanno da contrappunto, quale dolce ed immaginifica ribellione ad essa.  Realtà ignota, realtà progressivamente disvelata a mo’ di un’oscura selva nella quale ci si dimena con quell’impertinente e fiera ingenuità per poterne poi in seguito farne parte, quando da “maschera scenica” quale burattino diviene un ragazzino in carne ed ossa.

Pinocchio, nell’ottica di Pommerat, è una ricreazione di pure visioni crogiolatesi nel buio del paio d’occhi di un narratore che prendono vita su un assito. Seguitano dinanzi ai nostri occhi, Mastro Geppetto, il Gatto e la Volpe con il teatro dei Burattini, qui  trasformato in una sorta di locale serale che “distrae” le giovani e scanzonate menti d’oggi e per il quale viene barattato il prezioso abbecedario, il Giudice che dal suo enorme scranno –  emblema dell’insopprimibilità dell’ingiustizia umana – condanna Pinocchio derubato alla prigione, l’episodio delle monete del Campo dei Miracoli, il Paese dei Balocchi sino a giungere alla trasformazione in asino e alla Balena in cui il burattino di legno si ricongiunge col suo Geppetto. In ogni singolo episodio il sentimento d’inadeguatezza rovista  nell’anima del protagonista, riluttante alla povertà, al sacrificio, di animo fondamentalmente indolente che gli confonde la natura del bene e del male. Il suo è un approccio complesso al mondo, decisamente più drammatico e rispetto al protagonista di Collodi si rivela molto simile a quello di un adolescente o un giovane, refrattario alla crescita e alla maturità quando queste significano responsabilità, e nell’arduo compito di autodeterminarsi. D’altronde è un Pinocchio questo, che avverte come peso la totale abnegazione del  papà nei suoi confronti e mal sopporta i relativi sacrifici a causa di una latente condizione d’inadeguatezza ; la sua è un’eredità del tutto simile a quella dei giovani d’oggi che, pur inconsapevolmente, i genitori hanno caricato di aspettative non connaturate ad essi e quindi tradottisi in sensi di colpa.

Lo sguardo di Pommerat è uno sguardo che interroga il rapporto fra generazioni, e pur non annullando di Pinocchio l’acerbità dei suoi strumenti critici per poter comprendere il mondo ed interagirci, al contempo vi innesta  il controverso sentimento della responsabilità dal cui conflitto si sviluppano, a mo’ di scatole cinesi, le sue traversie.

Gli spettatori sono immersi in un impianto scenico intenso in cui – specie nell’ultima parte – gli effetti della fonia come quelli visivi conducono sulla soglia dell’onirico; il narratore che “entra” da una porta nella pancia del pesce-cane dal quale Pinocchio trova la via di fuga, saldando le sue responsabilità nei confronti di Geppetto, e dimostrando di saper affrontare la vita, suggella, infine, l’elevata qualità registica e drammaturgica di Pommerat in grado di equilibrare una significativa drammaturgia con linguaggi puramente scenici che in qualche modo decodificano simboli e significati. Forze comunicative che si integrano fra di loro, come nella precedente “La riunificazione delle due Coree”, e dalla cui integrazione scaturisce una teatralità che va guardata in tutta la sua complessità, nel relativo tentativo di destrutturare, almeno psicologicamente, il protagonista collodiano al cospetto della sua storia originale, e restituire a noi del pubblico ulteriori domande su cosa realmente significhi diventare uomini a tutto tondo, riconvertendo una certa antica lettura didascalica in un’altra di più ampio respiro.

PINOCCHIO

UNA CREAZIONE TEATRALE DI   JOËL POMMERAT
DA CARLO COLLODI CON MYRIAM ASSOULINE, SYLVAIN CAILLAT, HERVÉ BLANC, DANIEL DUBOIS, MAYA VIGNANDO
COLLABORAZIONE ARTISTICA PHILIPPE CARBONNEAUX
SCENOGRAFIA E LUCI ERIC SOYER
MARIONETTA FABIENNE KILLY
COSTUMI MARIE-HÉLÈNE BOUVET
COMPOSIZIONE MUSICALE ANTONIN LEYMARIE
PRODUZIONE COMPAGNIE LOUIS BROUILLARD IN COPRODUZIONE CON L’ESPACE MALRAUX-SCÈNE NATIONALE DE CHAMBÉRY ET DE LA SAVOIE, CENTRE DRAMATIQUE RÉGIONAL DE TOURS, THÉÂTRE DE VILLEFRANCHE / SCÈNE RHÔNE ALPES / SCÈNE CONVENTIONNÉE, LA FERME DE BEL EBAT / GUYANCOURT, THÉÂTRE BRÉTIGNY/ SCÈNE CONVENTIONNÉE DU VAL D’ORGE, LE GALLIA THÉÂTRE / SCÈNE CONVENTIONNÉE DE SAINTES, THÉÂTRE NATIONAL DE BORDEAUX AQUITAINE, LES SALINS/SCÈNE NATIONALE DE MARTIGUES, THÉÂTRE DU GYMNASE-MARSEILLE, CNCDC – CHÂTEAUVALLON, GRENOBLE / MAISON DE LA CULTURE MC2, LA SCÈNE NATIONALE DE CAVAILLON, AUTOMNE EN NORMANDIE, CDN DE NORMANDIE – COMÉDIE DE CAEN

Lingua francese con sovratitoli in italiano.