MARTINA VULLO | Tutto ha inizio in una stanza rettangolare, semibuia e quasi vuota, all’interno dello storico centro sociale bolognese TPO dove, fra il 16 e il 19 Giugno, si è svolta una parte del Festival PerAspera: vetrina, da ben nove edizioni, di variegate realtà emergenti del panorama performativo contemporaneo, nazionale e internazionale. Durante questi giorni, performance teatrali e di danza si sono alternate a studi site-specific e non sono mancate fra le diverse proposte, due installazioni trans-mediali made in UK, firmate dall’artista Simon Wilkinson (in arte Circa69) e approdate al festival in prima nazionale.
Torniamo ora alla stanza semibuia per ripercorrere l’esperienza dell’installazione The Cube: performance per un solo spettatore, che attraverso il dispositivo dell’Oculus Rift (un particolare schermo per esperienze 3D, da indossare sul viso) ha permesso al pubblico di immergersi sensorialmente in una realtà virtuale minuziosamente definita. Il mondo a cui ha dato vita Wilkinson – come una guida ha spiegato a ogni partecipante a inizio esperienza – si ispira a un fatto di cronaca risalente al 1959, di cui l’artista – seduto al di là del tavolo al centro della stanza – ha letto da ragazzo in un giornale regalatogli dal nonno (ritratto a margine di una foto sopra il tavolo). La notizia in questione si riferiva alla scomparsa di otto collegiali dell’Indaho, partiti in gita con l’insegnante di scienze e mai più tornati, di cui a giorni di distanza sono state rinvenute delle lettere, che descrivevano una struttura cubica e testimoniavano di un “viaggio al confine del nulla”.
Concluse le premesse ha inizio l’avventura: Indossando cuffia e occhiali tridimensionali si accede a un’esperienza liminare, a metà fra performance e videogioco, reale e immaginario, sensazioni e concettualizzazione. Sonorità elettroniche fanno da sfondo acustico alle parole di una voce femminile, che scopriremo leggere una delle lettere ritrovate. Sul piano visivo si manifestano continue epifanie: a un varco che si apre dalla parete frontale per fare spazio a un cielo dai toni aurorali, segue una camera virtuale i cui confini si apriranno su di un panorama desertico. Da li sarà possibile osservare, da un’altezza indefinita, un cubo dentro cui precipitare e oltre il cubo la galassia.
A dare vividezza all’esperienza contribuiscono il senso di vertigine che si prova nel cadere all’interno del cubo e il fresco dell’aria avvertibile appena le pareti della stanza vengono a mancare. Se non tutte le sensazioni tattili possono poi corrispondere alle fantasiose immagini visualizzate attraverso l’Oculus Rift, qualche oggetto nel concreto lo avvertiamo: penso alla bottiglia in vetro che ci si mostra davanti, inizialmente impossibile da toccare, ma che insistendo – come suggerisce l’uomo descritto nella lettera, associabile alla presenza perturbante con schermo al posto della testa, seduta frontalmente – avvertiamo in tutta la sua materialità. E’ la guida a porgercela al momento esatto, così come farà con la lettera che si paleserà alla fine del viaggio, contenente le parole fin li ascoltate e autografate da un certo Stevie.
Lo scarto fra realtà e immaginazione si fa dunque spunto per una meta-riflessione: «forse – suggerisce l’uomo – i mostri sono ciò che tenta di legarci ad una sola idea» e «forse scegliamo di rendere reale ciò che realmente ci conviene». Un apprezzato esempio di una ricerca artistica, in cui fatti di cronaca, racconto, avventura e riflessione si mescolano fra loro, arricchiti dal contributo dei nuovi media, in grado di trasportare quasi letteralmente lo spettatore di PerAspera fra gli astri.
The Cube
Produzione: Simon Wilkinson / CiRCA69
Versione italiana a cura di perAspera festival e alberTStanley ass. cult.
Visto il 16/06/2016 presso il TPO di Bologna