GIULIA RANDONE | Un maestro e i suoi discepoli a confronto nell’ora della morte. Giugno 2001: un ragazzo di vent’anni stermina a sangue freddo tutti i componenti della commissione d’esame di maturità, risparmiando soltanto il professore di storia e filosofia. Maggio 399 a.C.: Socrate muore circondato dai propri allievi e amici, ragionando serenamente insieme a loro del rapporto tra l’anima e il corpo,  fino all’ultimo istante. Due atti liminali che la compagnia veneta Anagoor fa dialogare a dispetto dei secoli, riattizzando gli interrogativi sulla giustizia, la libertà, la verità e la conoscenza intorno ai quali da sempre si consuma il rapporto dell’uomo con se stesso e il mondo. La prima assoluta di Socrate il sopravvissuto / come le foglie ha chiuso la XXI edizione del Festival delle Colline Torinesi, che dello spettacolo è co-produttore insieme a Centrale Fies, con un affondo nel mondo dei giovani e del nostro sistema di educazione.

anagoor socrate foto di Giulio Favotto
Foto di Giulio Favotto

Sulla scena sgombra delle Fonderie Limone un adulto fronteggia un gruppo di ragazzi: da una parte l’uomo e il suo carico di esperienza, dall’altra otto giovani silenziosi e intrappolati nei propri banchi. Due soggetti che agiranno quasi sempre separatamente, fatte salve alcune cruciali interazioni, ma che paiono connessi da un filo trasparente, in costante tensione: una relazione attraverso cui si gioca l’opportunità di un reciproco cammino di conoscenza o, al contrario, una semplice distribuzione e assimilazione di informazioni regolamentata dallo Stato. Il punto di osservazione è quello di Andrea Marescalchi (interpretato da Marco Menegoni), docente di storia e filosofia alle prese con una classe di adolescenti e un programma ministeriale da comprimere nel poco tempo a disposizione. Inizialmente dal coro degli studenti – otto giovanissimi attori/performer scelti da Anagoor attraverso un annuncio – spicca un’unica voce di protesta, in absentia: quella di Vitaliano Caccia, l’alunno che ha lasciato vuoto il nono banco. Lo studente, già bocciato e per questo pregiudicato, provoca l’insegnante domandando se sia giusto concludere il programma liceale con un elenco impersonale e sbrigativo degli orrori del Novecento e che “non si può lasciare l’ultima parola al massacro”. Il professore si libera del problema suggerendo allo studente di scrivere sul tema una tesina di maturità, ma all’esame finale Caccia si presenterà in veste d’assassino, in una riproposizione estrema del medesimo quesito.

Intrecciando alcuni passi del romanzo di Antonio Scurati Il sopravvissuto con innesti da Platone e dallo scrittore olandese Cees Nooteboom, Simone Derai e Patrizia Vercesi compongono una tessitura drammaturgica fitta e accurata, seppur viziata da un certo didattismo. Quello stesso didattismo che la pièce condanna per bocca dell’insegnante protagonista, ma che in un effetto boomerang torna a colpire l’opera stessa con immagini che sembrano trascrivere “in bella” i concetti, senza metterli alla prova. Per fuggire l’illustrazione occorrerebbe infatti che gli interpreti di Socrate il sopravvissuto si assumessero il rischio di un corpo a corpo con lo spazio e il tempo della scena, ma questo confronto non sembra interessare affatto la regia, che guarda con occhio estetico alla composizione dell’immagine.

La narrazione incede scandita dai mesi che ingabbiano la moderna istruzione scolastica, settembre-giugno, ma sconfina felicemente nel passato, nelle ore che precedono la morte di Socrate. Quelle stesse pagine del Fedone a cui il prof ha sapientemente destinato l’ultima ora prima delle vacanze estive, per inchiodare alla sedia i corpi impazienti degli studenti e sedurli con il proprio carisma, rivivono nella raffinatissima ripresa video curata da Derai e da Giulio Favotto, che domina la sezione centrale dello spettacolo. Il narcisismo dell’insegnante, che in classe recita la parte di Socrate “come se ci credesse”, commuovendosi della propria esibizione e della seduzione esercitata nei confronti di Lisa, alter ego del “più caro tra gli allievi” Critone, si rispecchia nell’autocompiacimento della lunga ripresa video, inappuntabile e seducente nello stile, ma allo stesso modo finalizzata a soggiogare. Come il liceale di fronte al professor Marescalchi, lo spettatore di Socrate il sopravvissuto / come le foglie viene sottoposto a istruzione, scoprendosi più ammaliato dall’eleganza con cui l’insegnamento viene messo in scena che dal vigore intrinseco al dialogo socratico.

Impressione spiacevole quella di essere destinatari di una lezione ben confezionata, che però in questo caso si trasforma in un insospettato punto di forza, perché ci sprofonda nelle ambivalenze che caratterizzano il processo di trasmissione della conoscenza. Dopo aver vestito la condizione di allievi indottrinati, ci accorgiamo di sentirci via via contagiati dal disagio del maestro Marescalchi, consapevole di tacere le proprie disillusioni e di mentire “a fin di bene”, per guadagnarsi la riconoscenza degli studenti.

Nel romanzo di Scurati e nello spettacolo di Anagoor il percorso di alienazione in cui si è convertita la paideia, formazione dell’uomo che coinvolge tanto i maestri quanto gli allievi, è interrotto bruscamente dall’irrompere della morte. A chi è sopravvissuto resta la possibilità di mettere in atto l’insegnamento che Socrate traeva dal motto delfico “Conosci te stesso”, ossia guarda te stesso riflesso nello sguardo dell’altro. O, parafrasando ancora un po’, vai il più spesso possibile a teatro.

Il prossimo appuntamento con Socrate il sopravvissuto / come le foglie è il 29 e 30 luglio al Festival Drodesera.

SOCRATE IL SOPRAVVISSUTO / come le foglie

di Simone Derai e Patrizia Vercesi
regia Simone Derai

dal romanzo Il Sopravvissuto di Antonio Scurati
con innesti liberamente ispirati a Platone e a Cees Nooteboom
con Marco Menegoni, Iohanna Benvegna, Marco Ciccullo, Matteo D’Amore, Piero Ramella, Francesca Scapinello, Margherita Sartor, Massimo Simonetto, Mariagioia Ubaldi

maschere Silvia Bragagnolo e Simone Derai
costumi Serena Bussolaro e Simone Derai
musiche e sound design Mauro Martinuz

video Simone Derai e Giulio Favotto
con Domenico Santonicola (Socrate), Piero Ramella (Alcibiade), Francesco Berton, Marco Ciccullo, Saikou Fofana, Giovanni Genovese, Elvis Ljede, Jacopo Molinari, Piermaria Muraro, Massimo Simonetto
riprese aeree Tommy Ilai e Camilla Marcon
concept ed editing Simone Derai e Giulio Favotto
direzione della fotografia e post produzione Giulio Favotto / Otium
regia Simone Derai

produzione Anagoor
co-produzione Festival delle Colline Torinesi, Centrale Fies

progetto realizzato con il sostegno del bando ORA! Linguaggio contemporanei produzioni innovative della Compagnia di San Paolo

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