GIULIA MURONI | Proporre spaesamenti. Raccogliendo i frammenti di ciò che è andato distrutto, il teatro costruisce un percorso – o meglio – dirotta una traiettoria, per tracciarne una nuova e gonfiare lo sguardo di smarrimento.

Daniel Veronese, personalità centrale del teatro argentino contemporaneo, nel suo “Donne che sognarono cavalli” tratteggia le tensioni e le altalene emotive di un ristretto gruppo sociale, tre fratelli con rispettive consorti, inquadrato nel chiuso claustrofobico di un interno domestico. Roberto Rustioni si è fatto carico di questo testo per la rappresentazione omonima, andata in scena in anteprima nazionale al Festival delle Colline Torinesi, in coproduzione con Sardegna Teatro e Fattore K.

Entrando in sala, il pubblico trova una conformazione mutata: la scenografia ritaglia una porzione di spazio scenico e lo avvicina agli spettatori, invitandoli a sedere sul palco a pochi passi dall’affaccendarsi degli attori. Sulla parete articoli di giornale, tubi gialli a vista, un armadio di latta e al centro un tavolo rettangolare: efficace la scenografia a cura di Sabrina Cuccu, immerge in un’atmosfera densa da sit-com sudamericana.

I tre uomini – Rainer, Roger e Ivan – fratelli, incespicano su dinamiche familiari apparentemente insolubili: competitività, sfide, violenza latente ma anche affetto e afasia comunicativa. Rainer ha chiuso l’azienda di famiglia, Roger ha un male incurabile, Ivan è assillato da gelosie e paranoie e nessuno dei tre è in grado di rendere gli altri partecipi di ciò che gli accade; i dialoghi avvengono per provocazioni, talvolta sbottando in eccessi di ira.  Le loro tensioni non sono le uniche a animare la storia: ci sono anche quelle tra le coppie – Rainer e Ulrike che abbandonano la cena per urlarsi addosso nella stanza accanto, Roger e Bettina in un intrico di violenza e dipendenza, Ivan e Lucera dentro una bolla di ansia e incomprensione, tra il desiderio di maternità e quello di morte. Lucera ha un ruolo ibrido, nell’avvicendarsi domestico tende a assumere una posizione laterale ma è lei a padroneggiare i  momenti di uscita: di fronte al pubblico, illuminata da una luce calda mentre sul resto della scena cala l’ombra, parla in prima persona, snocciola quesiti e dilemmi. Attraverso le sue parole fa capolino in punta di piedi la Storia, Lucera, figlia di due desaparecidos durante la dittatura militare in Argentina, porta in grembo un atavico senso di morte e di angoscia, insieme a una estraneità con cui guarda il teatrino umano di cui è parte.

La lezione di Cechov, ben nota sia a Veronese che a Rustioni – di cui si ricorda l’ottimo “Tre atti unici da Anton Cechov” –  si riverbera nello sguardo impietoso e beffardo sugli interni, sulle chiacchiere e i personaggi che li attraversano. Fuori da eroismi e slanci lirici, è l’umanità nel suo tratto grottesco, a essere messa a fuoco in modo ironico e amaro.  La recitazione, naturalistica con coloriture locali – come spesso nei lavori di Rustioni –   è accordata su un canone condiviso e palleggiata con ritmo dagli attori e dalle attrici. La narrazione, per quadri, viene disarticolata e riorganizzata su un andamento non lineare. La regia ricostruisce sulla drammaturgia di Veronese un soggetto corale dissonante, un’umanità complessa, sofferente e sorniona e, benché non tutti i raccordi siano cristallini, è nel concerto di stratificazioni umane che si trova la qualità –  imprevista, efferata, fragile –  dello spaesamento come categoria esistenziale, oltre che estetica.

 

 

Sarà il 7 e l’8 Luglio a Castiglioncello, al festival Inequilibrio

 

Visto alle Fonderie Limone (TO), nel cartellone del Festival delle Colline Torinesi

di Daniel Veronese

regia Roberto Rustioni

adattamento Roberto Rustioni

con Valeria Angelozzi, Maria Pilar Perez Aspa, Michela Atzeni, Paolo Faroni, Fabrizio Lombardo, Valentino Mannias

assistente alla regia Soraya Secci

scene e costumi Sabrina Cuccu

assistente scenografo Sergio Mancosu

luci Matteo Zanda

foto Alessandro Cani

co-produzione Fattore K – Sardegna Teatro – Festival delle Colline torinesi

con il sostegno di Fondazione Olinda Teatro La Cucina