Mariangela_Gualtieri_rosso_bassa_©MelinaMulas

LAURA NOVELLI | Credo che assistere ad uno spettacolo di Mariangela Gualtieri, poetessa e attrice/drammaturga del Teatro Valdoca, sia prima di ogni cosa un’esperienza interiore catartica, pacificatrice. Cerco di spiegarmi meglio. Già la lettura dei suoi versi (e cito le ben note raccolte intitolate Fuoco centrale, Senza polvere senza peso, Bestia di gioia, Le giovani parole, oltre all’intelligenza di sguardo espressa nello splendido Sermone ai cuccioli della mia specie) riporta a quelli che banalmente potrei definire i noccioli duri dell’esistenza. Ascoltarla dal vivo, vederla “dire” e a tratti spiegare i suoi versi è, però, come ritrovarsi queste parole scolpite nell’anima. Senza possibilità di fuga. Ci si sente appiccicati a quelle immagini, a quei sentimenti, a quelle emozioni, a quei ricordi e sembra che sia possibile ritrovarvi noi stessi, ciò che abbiamo sempre sentito e non siamo riusciti a nominare, ciò che vorremmo spesso esprimere e non riusciamo a fare, ciò che vediamo intorno a noi e non riusciamo a guardare.

Ricordo che ebbi questa sensazione di pienezza e di affondo nelle viscere dell’umano già qualche anno fa in occasione di un evento romano programmato, se non erro, all’interno di Short Theatre 2014. E’ stato quindi come continuare a tessere un filo con il mio vissuto personale avere il privilegio di ascoltarla e vederla in scena venerdì 15 luglio alla serata inaugurale del  Kilowatt Festival di Sansepolcro (siamo alle 14° edizione) in Bello mondo. Rito sonoro, lavoro di una semplicità formale quasi spaesante (architettato con “la guida” del regista Cesare Ronconi) e, al contempo, di una forza emotiva enorme.

Lei entra nello spazio performativo in penombra: un microfono, qualche nota musicale ogni tanto, qualche taglio di luce. Capelli corti, abito vagamente retrò, il solito quaderno foderato di cuoio legato con una cordicella sul fianco destro.

Mariangela inizia dall’amore. Quello universale. Quello per la vita. Quello che pervade il mondo. Quello tra esseri umani. Quello di coppia. Quello di lunga data. Quello che anima “tutto”. Ma il suo è un canto d’amore che guarda alle cose più piccole, alle schegge di mondo, ai barlumi di bellezza che promanano dai fiori, dagli uccelli, dalla natura, dai piccoli miracoli del quotidiano. La maggior parte dei brani è tratta dall’ultima racconta, Le giovani parole (2015), e si rincorrono immagini che riguardano i bambini, la sacralità dell’infanzia, la madre: La mamma era una grande arca/ io galleggiavo nel soffio/ quando il tempo mio/ scalciava/ per cominciare […]; La mamma è una grande larva buona./ La giro nel letto, la metto a sedere / la imbocco, la lavo, le cambio il vestito […].

Lei stessa spiega poi la genesi di una silloge di poesie scaturita dall’osservazione al microscopio (un dono della biologa Grazia Grilli) di piccoli pezzetti di realtà, così perfetti da racchiudere in sé il grande mistero della Creazione: Ogni granello. Ogni millimetro di foglia. Ogni estraneità di zampa d’ape/ tutto ha siffatto marchio d’una cura / che lo sostiene / come fosse ogni specie prediletta […]. La “meraviglia” con cui la poetessa ci racconta la “meraviglia” della struttura dei fiori è un altro momento di magico stupore. Arrivano anche i versi di una poesia a me molto cara: Sii dolce con me. Sii gentile./ E’ breve il tempo che resta. Poi / saremo scie luminosissime. E quanta nostalgia avremo/ dell’umano […], tratta da Bestia di gioia. E ancora: brani dedicati ai morti, alla loro vicinanza nella nostra vita di vivi.

Insomma, un umanissimo, compassionevole, religioso concerto di versi, musica, sguardi, gesti minimali, registri vocali che ovviamente raggiunge la sua acme nelle parole di Bello mondo (corpus edito ne Le giovani parole). Versi ispirati alla celebre Poesia dei Doni di Borges (con prestiti anche da, tra gli altri, Pessoa, Amelia Rosselli, Dante, Rimbaud, Sant’Agostino) che è un’autentica laude di ringraziamento a chi ci ha creato, al fatto di esistere, di poter essere ardenti e leggeri, allegri e grati, all’amore, all’arte, alla musica, al teatro, ai bambini (che sono nostre divinità domestiche), al mare, al vino, all’amicizia (quando si dicono cose stupide e care). Mariangela ringrazia per il silenzio, per le parole, per i poeti che già scrissero questa poesia e arriva al ringraziamento sommo per l’amor che move il sole e l’altre stelle. E muove tutto in noi.

In questo afflato di religiosità laica credo si raccolga la più intima bellezza di una serata che è stata nutrimento per chiunque fosse in sala. Ma la presenza della Gualtieri a Kilowatt 2016 non si esaurisce nell’evento del 15 luglio. Ogni sera, prima degli spettacoli in programmazione, sono previsti cinque minuti di diffusione sonora di alcuni suoi versi nella piazza Torre di Berta ed è stata sempre lei ad aver ispirato l’emblematico sottotitolo della rassegna toscana: E’ tempo di risplendere, verso di Amelia Rosselli che tanto più oggi, in questi tempi bui e spaventosamente dis-umani, ci convince – caparbiamente – del bisogno di amore e poesia e bellezza che abbiamo. Tutti. Nessuno escluso.


Teatro Valdoca / Mariangela Gualtieri “Bello mondo. Rito sonoro

di e con / by and with Mariangela Gualtieri

con la guida di / with the guidance of Cesare Ronconi

cura e ufficio stampa / organizator and press office Lorella Barlaam

con il contributo di / with the contribution of Regione Emilia Romagna, Comune di Cesena

con il sostegno di / with the support of Emilia Romagna Teatro Fondazione

durata / length 55′

www.teatrovaldoca.org