EDOARDO BORZI // RENZO FRANCABANDERA | Ma a Roma cosa vogliamo fare della Cultura? Si cercano risposte da un paio di decenni. Dopo i fasti delle Estati romane e i successivi nefasti delle discese degli Alemanni che con le loro longae manus ancora impastano…

Si cercano risposte oggi, tra le case popolari del Quarticciolo. Pura borgata romana: intensa la programmazione del Teatro Biblioteca – nuovamente chiamato a portare ossigeno per le strade del quartiere. Vorrebbe aiutare nella ricerca la direttrice artistica del Teatro, l’attrice e regista Veronica Cruciani, che ha deciso di accogliere l’incontro pubblico del neo assessore alla Crescita culturale di Roma Luca Bergamo. Insieme ad Ascanio Celestini, sul palco, lo scrittore Nicola Lagioia ospite di “Chiamata alle arti. Cosa vogliamo fare della cultura a Roma”, un incontro pubblico a cura del giornalista Christian Raimo.

Gente. Problematiche. Probblemi. Roma, insomma.

Addetti ai lavori, pubblico in genere, accorsi in massa, prendendo permessi dal lavoro, in attesa di risposte da colui che de facto avrà in mano le sorti della Cultura a Roma – chissà per quanto tempo ancora. Ansie e incertezze.
Restano certe, ineludibili, invece, le tante, troppe, totali, teste canute in platea, quante le facce disperate delle persone scappate dal teatro prima ancora dell’inizio della fine dello spettacolo… Quale spettacolo?

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Prologo

Ex abrupto Raimo squarcia il velo del sipario. Affonda lentamente sul pedale delle urgenze romane. Ricominciare hic et nunc, dalla periferia fino al centro, capitalizzando le realtà esistenti, valorizzando le idee emergenti. Non emarginare ma accogliere in un progetto  unico tutti quegli atomi di arte che contribuiscono a mantenere in vita le fibre del tessuto sociale. Sarebbe certamente bello e proficuo per tutti ma prima bisogna entrare in un ordine di continuità lavorativa.

E la condivisione? Cosa vogliamo dire della condivisione?  Si riaffacciano sensibilità comunarde di assemblee allargate permanenti. Pochi sussulti. Poca gioia.

Lagioia, lo scrittore, riprende allora il filo del discorso: manca la capacità del sistema culturale romano, rispetto ad altre realtà nazionali, di tesaurizzare la socialità degli addetti ai lavori sfruttandola in molti settori della società civile, contribuendo ad accorciare le distanze che dividono i palazzi dalle platee. Capiamo ma non capiamo cosa si dovrebbe fare precisamente. Più chirurgico il bisturi della Cruciani che con parola affilata seziona la massa tumorale ancorata alla mammella della Lupa. Affiorano innumerevoli criticità capillari nel Sistema, dalle cose più “piccole” come i bandi pubblici al ribasso sino alla gestione materiale di interi complessi teatrali. La matassa sembra dipanarsi.

(appare il fantasma del padre e urla al pubblico: vendicami! vendicami!)

Sipario

I Atto

Finito il giro degli ospiti, parola all’Assessore. La prendiamo alla lontana…

I ricordi, manco a dirlo, partono dall’Estate Romana del 1977, ai tempi remoti di Nicolini, Petroselli e Argan. “La funzione delle Istituzioni deve  trasformare il casino che governa in una cosa che almeno abbia una parvenza di sistema […] (inintellegibile NdR) che comporti una rivoluzione radicale del loro modo di funzionare”. Passa subito all’attacco di Veltroni in un afflato rutelliano – subito smorzato dal pubblico. Snobba, nonostante il “grande investimento”, la questione del Teatro Valle virando verso l’epica economica dalla Lehman Brothers fino alle nuove tigri di carta del mercato mondiale. “Il mondo si è spostato” certo, poi? Le emeroteche indiane a Londra: “Il tempo di vita che ognuno di noi dedica alla produzione di ricchezza monetizzabile è minore del tempo in cui ha bisogno di essere assistito da un sistema di mutualità”. E quindi? Iniziamo a domandarci…

L’assessore sembra rispondere a domande chiare e specifiche ma subito frena e frana in nuovi pretesti rispolverando i soliti vecchi errori dei precedenti uffici e amministrazioni. Ricorderà ancora i fasti desueti di cui Roma ancora si fregia come se oggi  bastassero per mangiare, rimandando le speranze romane di un futuro meno acre per altri 30 anni – queste le strette tempistiche progettuali di risanamento.  L’amletico e postergante Luca Bergamo si consuma e con lui il “dramma dell’indecisione” inesorabilmente per oltre due ore. Quasi a far concorrenza al Bardo, con tanto di riesumazioni di testi e teschi.

Tutt’a un tratto una signora in piedi richiama l’attenzione. Anche lei, come molti altri di noi, non sta  capendo nulla. Applausi a scena aperta del pubblico. Sipario forzato.

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II Atto

Voci a mitraglia. Tutti dicono la propria. Domande mal riposte come negli scaffali impolverati degli uffici comunali o negli spazi di cinema, biblioteche e teatri romani abbandonati.

…Certo, il problema a Roma è che non c’è un problema, ce ne sono miliardi. Ciascuno di questi apre il dibattito a nuovi e impervi scenari economici e artistici, aumentando soltanto il numero delle domande glissate dall’Assessore. Si cercano risposte ma emergono nuove criticità squisitamente capitoline: dall’Università “La Sapienza” di Roma parla Valentina Valentini professoressa, ricercatrice teatrale ed ex direttrice del Centro Teatro Ateneo. Il sistema è al limite del collasso, i fondi mancano e le strutture vengono riconvertite in favore di nuovi e oscuri fini (come nel caso del CTA, qui la lettera di dimissioni di Valentini), inoltre il livello di ricerca dei dottorandi, tra un Pirandello e un Montesano, ha raggiunto i minimi storici. Gli interventi dal pubblico si susseguono. Rissa tuttologica, lagnanze in disordine sparso.

L’assemblea deraglia in pozze profonde fin quando Bergamo di fronte ad una annosa richiesta di assunzione riesce a espletare il proprio pensiero con un sorriso. Indeciso a quale fra queste e le tante altre criticità rispondere, l’assessore, stoico, desiste e tace. Effettivamente Rosencrantz e Guildenstern di cui era stato chiesto l’aiuto da casa, non rispondono al telefono. Sprecato l’aiuto.

Sipario.

Atto III

Il manager messo a capo di un importante Assessorato grazie alle molteplici esperienze all’attivo, la cui parabola ricorda quella di tanti altri tecnici, piombato da Bruxelles dopo svariati anni di lontananza da Roma, forse tanto ignaro della complessità di tutta la faccenda da riuscire a stento a riportare a galla alcuni punti del programma con cui si è insediato nelle stanze di Piazza di Campitelli, finisce dicendo qualcosa in merito alla Biblioteca Giovenale, poi su Villa Farinacci, ma non si sente. Per via della voce fioca ascoltarlo risulta impossibile persino per un ventenne dai buoni orecchi. Siamo in ambasce per il signore a destra coi lunghi baffi.

Questo Bergamo sembra quasi intimorito, gli occhi tremano su e giù, la voce rotta e la postura a buco nero collassato su sè stesso lo racchiudono in una gabbia di terrore, di protezione verso tutte quelle questioni a cui non potere (o sapere?) rispondere.   Cercavamo risposte. E Non può bastare asserire che il governo di Roma girava senza un disegno o che la macchina capitolina è imperfetta, questo lo sappiamo, lo sapete e ne siete stati, nel bene e nel male, tutti artefici, gregari al seguito dei nuovi e vecchi sindaci. E se non lo eravate, allora adesso dovete arrivare con le vostre, di idee. La colpa del pd, di an, de tutti l’artri. Storie già sentite. Ora ci sei tu, assessore. Devi decidere. Fare. Proporre. Progettare.

Nel frattempo, come in un rito dionisiaco, si compie il sacrificio del povero Ascanio Celestini. Quasi Ofelia. Dopo un breve-brillante intervento, si immola per un’ora abbondante sotto le bombe del nervoso-verboso Bergamo, per poi crollare abbandonandolo sul palco (salvo poi ritornarvi) con la sola Veronica Cruciani. Infatti sia Raimo sia Lagioia – il primo per motivi lavorativi- già l’avevano preceduto nella fuga. Il secondo, premio Strega ‘15, servito dalla platea, con giusta ferocia decide di cauterizzare l’Assessore: una battuta acida e abbandona allibito la scena. Come nel finale del celeberrimo dramma, muoiono tutti. Non resisto, mi aggiungo alla diaspora. Dopo due ore di nulla cosmico respiro sangue. Collera.

Epilogo

Perduti nella selva capitolina, contempliamo in silenzio i prossimi disastri causati dall’impreparazione di altri “nuovi” homines novi. Per la Generazione dei 90′, di cui faccio parte, ignara del massacro, continuerà ancora a lungo il cammino nell’oscurità. Ieri si parlava di futuro ma in platea, di chi – forse – sopravviverà ai famosi trent’anni di buio, nemmeno l’ombra. Qualche viso giovane casualmente intravisto andante già per i trenta. Il futuro rimane il nostro, di tutti, giovani e vecchi, ma quando ce ne accorgeremo sarà già troppo tardi.

Sulla scena tutti morti. Orazio viene incoronato da Fortebraccio. Lontani, silenziosi tamburi.

Sipario.

Nessuno più in sala ad applaudire. L’assessore saluta tre persone e va.

Lo inseguono un paio di precari borderline.

Gli squilla il cellulare. Virginia è nei guai…  Corri Luca, corri.

Ma cosa ci vogliamo fare con la cultura a Roma? Cosa?

Un supplizio! Sento dire da un giovane dietro di me. Annuisco, mi giro in cerca di complicità. Vedo il rosticciere che gli allunga il supplì. Grazie zio!

Sipario.

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1 COMMENT

  1. Mi sconvolge notare che chi ha scritto questo articolo poco ho ascoltato e poco ha voluto capire! La situazione è molto più drammatica di quanto si immagini ma purtroppo il vecchio detto: ognuno pensa per se e dio per tutti e ancora molto di moda purtroppo!!!!

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