EDOARDO BORZI | Per larga parte del secolo scorso il territorio del Marghine-Planargia, in particolare la città di Macomer, è stato un centro di cruciale importanza per gli scambi commerciali di tutto il paese, assurgendo al ruolo di polo fondamentale per lo sviluppo economico dei mercati occidentali anche grazie al sistema ferroviario costruito nel XIX secolo dall’ingegnere gallese Benjamin Herbert Piercy. L’istantanea del paese ricco, forte e ancorato a solide sovrastrutture industriali ormai sembra una cartolina ingiallita. Le promesse dell’oggi, tagliate e incollate malamente, non chiariscono l’immagine mortifera della realtà anzi, sembrano distorcerla fino a mistificarla come quei manifesti della propaganda democristiana che, per acquietare i crampi da fame degli operai e dei contadini, sfruttavano le credenze del passato come promesse improbabili per futuri raggianti in cui tutti saranno sempre proletari ma perlomeno potranno mangiare il Corpus Christi.

Nel frattempo, e siamo ad oggi, l’intera regione sta morendo. Con essa la povera gente costretta a viverci tra troppi inceneritori a poca distanza. Secondo l’ISDE e l’Ordine dei Medici il confronto tra i dati del triennio 2011-2013 con il quadriennio 2006-2009, fa segnare un netto aumento (+ 9,38%) del tasso di mortalità per tutte le cause. Nel distretto di Macomer, in termini relativi, i tumori mietono più vittime oggi rispetto al periodo di osservazione 2000-2003 tra uomini e donne rispettivamente del 2,69% e del 5,39%.  Chi è ancora in tempo cerca di fuggire. Alcuni restano, altri scappano, altri coraggiosi poi ritornano. Fra questi ci sono i ragazzi e le ragazze di ProPositivo, tra i 20 e i 30 anni, sparsi per l’Italia e il mondo, studenti e lavoratori, realisti e sognatori, che hanno organizzato la seconda edizione del Festival della Resilienza.

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Partono da un assunto semplice – come scrivono sul blog

Nell’uso comune, la parola Crisi è diventata il perno di tutta la narrazione negativa e decadente del nostro tempo. Il simbolo linguistico dell’immobilismo e dell’apparente impotenza di intere comunità. […] La crisi rappresenta quindi una condizione di pericolo in cui si annidano numerose opzioni di scelta. La capacità di trasformarle in opportunità risiede nella Resilienza (dal latino resilire, rimbalzare), intesa come «la capacità di un individuo di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà».

Così il Festival, anche offrendo laboratori di comunicazione, web marketing e sharing economy, ha fornito una risposta culturale alla nostra cara Crisi: pensato in tre momenti di dialettica, ha visto per i primi tre giorni la carovana dei Resilienti (in tutto più di 70 persone) in un percorso di ricognizione sul territorio, accompagnata da Carlo Infante in una esperienza itinerante di “walkabout”. I luoghi esplorati e le persone intervistate sono stati registrati e riportati a tutti attraverso degli auricolari. Da qui il secondo momento pienamente artistico: le tante realtà professionali, tra cui danzatori, musici e cantanti lirici, artisti di teatro e di strada, artigiani e videomakers hanno concordato vari studi performativi incentrati sulle criticità ambientali portando avanti in gruppi disomogenei, per numero e abilità artistiche, idee di spettacoli miscellanei per poi riproporli dal vivo alla comunità residente ( Residienza2016 ).

Nella notte del 2 Settembre la vita – Abios bìos – a Macomer è tornata a vivere. Ospite della serata anche Valentino Mannias con il suo spettacolo “Esodo”, tributo a Sergio Atzeni, una produzione di Sardegna Teatri, scritto, diretto e interpretato dallo stesso attore sardo. Inoltre la gioventù macomerese – insieme agli anziani più temerari – ha accolto a mani alzate il flow del rapper ravennate Moder che ricordiamo anche per le sue collaborazioni in campo teatrale col Teatro delle Albe.
Lo studio itinerante condotto dall’Anonima Sette ha accolto la gente del posto conducendola alla conoscenza di tesori umani vivificati negli spazi quotidiani del rione Sa Corte. Tre piazze per altrettanti eventi. Accompagnati dalle ritmiche percussive di Massimiliano Murru e dai suoni poetici del clarinetto di Francesca Romana Motzo, si sono esibiti magistralmente i danzatori Martina Monaco, Antonio Forte e Salvatore Sciancalepore della compagnia di danza e fotografia Prendashanseaux di Antonio Bissiri e Fabio Sau, insieme ai musicisti e cantanti lirici di Altri Bissiri, Manuele Pinna e Nila Masala e l’attrice Francesca Lateana, con l’ausilio artistico di Ignazio Loi. Così i buskers del Duo Purpurì e Collettivo clown che, accompagnati da un ensemble di giovani musicanti sardi, hanno creato un pirotecnico spettacolo incantando tutti, grandi e piccini. Infine la compagnia di Roma bologninicosta ha risposto alle bellezze degli altri compagni col progetto “Le Città Visibili”. Una ricerca sociologica con risvolti etnografici che ha interessato, fortuitamente, anche il sottoscritto. Ideato e condotto dal ricercatore sociale e compositore musicale Dario Costa e dalla regista e drammaturga Sofia Bolognini ( premio Cendic Segesta 2016) questo primo studio ha dato modo all’attrice Nicole Petruzza di descrivere nei suoi passi sinuosi la parabola mortale del territorio del Marghine-Planargia; assieme alla cantante lirica sarda Martina Palla hanno  raccontato la città di Macomer fra passato, presente e futuro. Ritornando nelle aree limitrofe dove ora restano cattedrali di archeologia industriale nel deserto infetto di rifiuti e scorie nucleari, abbiamo raccolto materiale audio-visivo da trasmettere in scena; voci e ricordi delle persone del luogo impressi in digitale sui dischi cerebrali a imperitura memoria.

[ video delle interviste e riprese zona industriale di Ottana e video della notte storica]