FRANCESCA DI FAZIO | Quando due attori litigano può succedere che il litigio faccia nascere l’idea per un nuovo spettacolo. Quando ancora ci si sofferma a scrivere lettere, queste possono creare lo spazio per un nuovo tentativo d’arte. Così è successo al Teatro delle Ariette. Dopo uno screzio con la moglie, Stefano Pasquini si mise a lavorare la farina e cominciò a sfornare focacce. E mentre aspettava che la pasta lievitasse, cominciò a scrivere una lettera alla moglie, una lunga lettera che divenne la struttura ossea del loro ultimo spettacolo, Tutto quello che so del grano, andato in scena in anteprima nazionale al Teatro delle Briciole di Parma il 4 e 5 novembre.

spettacoli-grano-scheda

Il pubblico era stato invitato a portare, per chi volesse, un pane da condividere a fine spettacolo; così, un tavolo a lato del palco è stato subito riempito con le offerte. La scena è scarna e semplice, come la cucina di una casa di campagna: al centro un grande tavolo, ai lati stanno prima alcune sedie, che accolgono una parte di pubblico sul palco, poi i tavoli con sopra i pani. In fondo, un altro ripiano e un forno, acceso, la cui piccola luce è la prima ad illuminare la scena iniziale dopo il buio delle luci di sala.

Paola Berselli fa il suo ingresso spargendo semi sul palco. Poi, insieme a Maurizio Ferraresi, sparge su tutta la grandezza del palco del grano, che ricopre il pavimento nero sprigionando il suo odore sincero. Parte una bellissima Chicago di Tom Waits cantata da Stefano Pasquini, che inizia poi una breve introduzione alla genesi dello spettacolo, parlando del grano, della focaccia e chiedendo al pubblico se si sofferma ancora, ogni tanto, a scrivere lettere.

Viene poi proiettato un filmato che restituisce uno spaccato della vita nella loro casa in campagna, il lavoro nei campi, l’aratura manuale della terra, la cura degli animali, e così via. Ognuno ha la sua mansione: lei risistema le coperte sulle poltrone e lui va a prendere la legna. Lei sfama gli animali e lui comincia a impastare la focaccia. E a scrivere. Si incontrano, talvolta, nelle stanze, ma non si parlano: solo dopo scopriremo il motivo, solo alla fine ci verrà svelato l’antefatto della lite.

Il filmato finisce e Pasquini comincia a ripetere sulla scena alcune azioni filmate nel video, ripete ogni singolo gesto per preparare l’impasto della focaccia; infine la inforna e da quel momento un commovente profumo di pane accompagna lo spettatore nel pieno dello spettacolo, in un intreccio di realtà e finzione perfettamente riuscito e incomprensibilmente semplice.

La lettera che Pasquini ha scritto alla moglie si divide in quattro parti e ciascuna di esse è recitata in parte da lui, in parte da lei. A lei sono assegnati anche dei magnifici monologhi che fanno della semplicità la loro grandezza. In uno di questi parla di quando era bambina, della sua famiglia di contadini, del trasferimento in città, dei segreti del grano, di tempi che si possono ricordare anche se non li si è mai vissuti. In un altro ancora la vediamo al centro della scena, vestita di bianco, seduta su una sedia decorata di lucine colorate, i piedi in una bacinella colma di chicchi di grano. Sembra un’immagine votiva, una statua da Santa Maria della Fiera. Parlando ricorda la madre, un ricordo vibrante e tenero. Mentre parla rimane immobile, con la sola luce viva degli occhi. La sua storia personale diviene poi occasione di riflessione su quello che vuol dire teatro, su quale sia il confine tra esso e la vita, su quanta disciplina richieda l’immergersi nella finzione e l’astrarsi dalla realtà.

Lo spettacolo si chiude con un omaggio a Pina Bausch, con gli attori che eseguono la coreografia Four Seasons. Segue un banchetto conviviale in cui tutto il pubblico stringe fra i denti quel profumo di focaccia e chiacchiera di teatro.

Quest’ultimo lavoro del Teatro delle Ariette chiama in causa argomenti sostanziosi e li offre con estrema semplicità. Si parla di amore, di cose felici e di difficoltà, di tradizione ma anche di tendenze contemporanee (col buffo dialogo al mulino dei due coniugi che parlano di vegetarianesimo e di macinatura a pietra, dell’attitudine al divorzio e della loro vita insieme), si parla di teatro, di vita e di morte e lo si fa con la stessa genuinità di quando si racconta come si fa il pane.

 

TEATRO DELLE ARIETTE
TUTTO QUELLO CHE SO DEL GRANO
di Paola Berselli e Stefano Pasquini
con Paola Berselli, Maurizio Ferraresi, Stefano Pasquini
scenografia e costumi Teatro delle Ariette
luci e audio Massimo Nardinocchi
video Stefano Massari
regia Stefano Pasquini
segreteria organizzativa Irene Bartolini
comunicazione e ufficio stampa Raffaella Ilari