IVANA SALVEMINI | Non sono i delitti, non sono le immagini crude, forse sono i colori, i blu; o forse è il piano, ritmico, martellante che fa salire l’angoscia, il senso di attesa, la sospensione. Saranno tutte queste cose insieme, ma Hinterland, stagione 1, 4 episodi da un’ora e mezza l’uno, rapisce.

La prima cosa che vi inchioderà al divano sarà il panorama delle care e vecchie scogliere frastagliate del Galles e la corsa dell’ispettore capo Tom Mathias (MATHAIAS: si, si pronuncia così, non cercate doppiatori, per fortuna non ce ne sono: solo sottotitoli), disperata, ritmica anch’essa, di un uomo che corre per fuggire, da qualcosa o da qualcuno, da se stesso, dal suo lavoro o dalla sua vita, non si sa, ma corre. Solo. Senza cuffie, senza orologi segnatempo, segna battiti al minuto. Nulla. Corre. Il mare accanto a lui, il vuoto di un precipizio accanto a lui. I silenzi in questo capolavoro sono tanti, immensi, pieni, urlanti.

hinterland-mathias_richard-harrington-c-fiction-factory_s4c_all3media_tinopolis-1Lo sguardo di Mathias vi si insinuerà, non solo perché uomo di bell’aspetto (molto di bell’aspetto). In quello sguardo, in quelle scogliere ci senti Emily Bronte, abita la tragedia, quella vera, quella tosta, da Eschilo a Shakespeare. Sono solo sensazioni, sono attese sospese. Il paesaggio è protagonista, non solo per la sua bellezza davvero mozzafiato, ma per quei vuoti e quei silenzi che separano sparuti villaggi, di poche decine di persone, talvolta, vicinissimi ma distanti, dove la semplicità della vita legata alla terra, non risparmia segreti profondi e terribili, crudi quanto inutili e stupidi.

La verità la vedi nelle rughe della gente, in quei silenzi, negli sguardi verso la collina o verso il mare, nelle mani: secche, tagliate, rotte dal lavoro, dalla terra, dal mare, dal vento.

La lingua gaelica[1], rude nella pronuncia, emerge nei nomi dei paesini, dei villaggi, ma più per marcare che quel territorio è diverso, separato dagli altri, è un mondo a parte. Quel mondo dove forse Tom ha cercato una fuga dal dolore profondo che lo opprime, che gli toglie il respiro e il sonno, che urla nei suoi sguardi e nelle sue parole essenziali. Ecco, tutto qui è essenziale, non c’è il superfluo, la terra non concede il superfluo e neanche la vita. Il dolore ti ha fatto scegliere l’essenziale, quel che serve non è una casa ma un tetto, Tom vive in una casa prefabbricata. Un caravan. L’unico luogo dove ha scelto di vivere è la scogliera, davanti: il vuoto, il mare, il precipizio, il silenzio. Nessuno intorno. Nessuna suppellettile, solo un letto per dormire, quasi un giaciglio. Una scelta. Una fuga impossibile e vana dal dolore o da una colpa.

hint00Tom è un uomo giusto e come gli uomini giusti spesso cozza con l’autorità. Importante è la giustizia, essenziale, anche qui, imprescindibile.

Un’ultima nota è d’obbligo per la colonna sonora, notevole accompagnamento dell’opera, costituita dalle musiche originali di John Hardy, disponibile su iTunes.

Quel che c’è da dire è che i britannici sanno costruire con maestria la drammaturgia seriale, ed una di queste costruzioni, originale Netflix, è River, da non lasciarsi sfuggire e che ha molto a che fare con la serie di cui stiamo parlando, un legame che va ben oltre i delitti da risolvere, ma che riguarda l’indagine sul personaggio: qui, in Hinterland, un grandissimo Richard Harrington, lì un titanico Stellan Skarsgard. Sarà forse lo spirito della vecchia cara Europa che ci portiamo dentro, senza neanche accorgercene, che tanto dista dai crime, rispettabilissimi, americani, nei quali l’azione prevale sul non detto, sul non visto, sui macigni che possono albergare il cuore di un personaggio, e che rende tutto il resto, un contorno, uno sfondo.

Il tentativo di sopravvivere ai propri fantasmi, di sopravvivere malgrado tutto al dolore, alla perdita, accomunano i due personaggi, in River il fantasma, lato sensu, è presente sotto forma delle visioni che perseguitano il detective, in Hinterland, invece i fantasmi sono solo sussurrati, sono le lacrime che solcano il viso di Tom e il suo bisogno di solitudine e la negazione di una vita altra dal lavoro.

Il dolore, la colpa, la responsabilità, il castigo: topoi della tragedia greca che si affacciano nella serialità televisiva.

https://www.youtube.com/watch?v=3oaFB_9N5Lk

 

Netflix, Hinterland, stagione 1, 4 episodi

le stagioni sono ancora in corso, l’ultima è del 2016, ma non ancora presente sulla piattaforma italiana

[1] (n.d.a. gli episodi sono stati girati due volte, nelle due lingue: gaelico ed inglese)