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Don Draper, protagonista della serie “Mad Men”, interpretato da Jon Hamm, vincitore nel 2008 del Golden Glob come miglior attore di una serie drammatica
Federica Bastoni | Le serie tv, da qualunque punto le si osservino, operando di sottrazione su tutti gli artifici che utilizzano, rappresentano la forma più aggiornata di un’antichissima arte, quella di raccontare storie, e ne conservano un fondamentale elemento strutturale; in ogni epoca e in ogni luogo, l’uomo ha infatti affidato a questo prezioso strumento di memoria collettiva un archivio di vicende esemplari da cui tutti potessero attingere per trovare soluzioni ai propri interrogativi, nel solco della propria tradizione. Le serie tv si inseriscono in questa millenaria storia depositandosi però nella geografia immateriale della rete (e della televisione prima) e ridefinendo, così, il peso specifico della tradizione e il suo significato, non più immanente entro i confini di un luogo fisico, ma volatile nello spazio virtuale in cui la comunità globale, continuamente, distrugge e ricrea giudizi e valori. L’epopea è forse il genere che più d’ogni altro ingloba in sé il transfer a tratti psicologico dell’uomo sul mezzo lettarario del proprio enorme interrogativo esistenziale: chi sono io? Che ci faccio qui?. Tanto che l’epopea di ogni popolo raffigura i tortuosi viaggi – simbolici o reali – di gruppi di uomini guidati da un leader eroico verso l’unica forza in grado di causare guerre, sconvolgimenti, tradimenti, odi, alleanze, tregue, morti e rinascite: il destino. L’epopea più nota di tutti i tempi, l’Odissea, inizia così: Narrami, o musa, dell’eroe multiforme, che tanto/ vagò, dopo che distrusse la Rocca sacra di Troia:/ di molti uomini vide le città e conobbe i pensieri,/ molti dolori patì sul mare nell’animo suo,/ per riacquistare a sé la vita e il ritorno ai compagni.”. Tenete a mente questi pochi versi perchè la serie in cui sorge e tramonta l’astro del personaggio di oggi ricalca i segni distintivi dell’epopea, ed è una piccola Odissea, o, a seconda dei punti di vista, un’anti-Odissea: non mari ma uffici, non mostri ma esigenti clienti e competitor, non monarchi ma amministratori delegati, non duelli ma presentazioni. Direttamente da “Mad Men”, la lente di Identikit seriali si allarga su….

Don Draper / Dick Whitman: un Ulisse a Madison Avenue

Guerriero schivo, a tratti monolitico, campione del problem solving, misogino e traditore nella vita privata quanto leale e giusto nella res publica dei suoi creativi, Don Draper è l’art director dell’agenzia pubblicitaria Sterling Cooper di New York. Anno 1960. Tag line della serie, un proemio quanto mai stilizzato: “Sex, lies, storyboards”. Se Omero invoca la poesia per aiutarlo a cantare le gesta di Ulisse, in questa epopea senza scampo un’unica musa ispira lo scorrere inesorabile degli eventi, la Dea Pubblicità, appena sorta, nella sua concezione odierna di marketing oriented, dalla spuma dei fantastici anni ‘60.
Come Ulisse, Don Draper merita l’epiteto di “polytropos” in un modo squisitamente aderente all’America del boom economico; il sostantivo “tropos” da cui deriva l’aggettivo greco, indica sia la direzione, il verso, ma anche in senso lato, la condotta, un modo particolare di agire, una consuetudine, un’attitudine. Quindi nel descrivere Ulisse come eroe “dal multiforme ingegno”, tanto da esserne diventato l’esempio archetipico, avremo presente che a questo ingegno i greci diedero un significato fortemente materico, quasi fosse un vento che modula il suo soffio e, a costo di sfidare persino gli dei, si incunea e sfugge da qualunque strettoia. E Don è proprio così: ammalia clienti e colleghi con la potenza creatrice del linguaggio nel burrascoso mare dei suoi affari; la prima puntata è infatti la cronaca serrata e graduale di un salvataggio in extremis, quello del contratto con l’importante marchio Lucky Strike che necessita l’immediato cambiamento della campagna pubblicitaria, per la crescente consapevolezza da parte dei consumatori dei danni del fumo, fino ad allora minimizzati negli spot. Un glorioso “It’s toasted” scritto di fretta su una lavagna, ferma Garner padre e figlio proprio nell’istante in cui il meeting sembra finire con un addio.
L’elemento soprannaturale, magico, di visioni a occhi aperti, apparizioni spettrali o sogni premonitori accompagna il nostro Ulisse newyokese per tutta l’epopea della Sterling Cooper, la sua vera e unica famiglia, in cui può sostituire con un fiume di idee e strategie vincenti, la comunicazione fallimentare, con se stesso e con i suoi cari, figli compresi.
Allo stesso modo Don è avvinghiato nella morsa delle tante Calipso, Nausicaa, Circe con cui non disdegna di intrattenersi, nel buio abisso del suo cuore; incapace di trovare in un solo porto la risposta al suo bisogno di amore, l’affascinante direttore creativo di Madison Avenue nasconde un grande segreto riguardante la sua identità, ingannando persino la giovane moglie tutta platino e paranoie, Betty. Dietro il sicuro leader, chiave di volta della narrazione verticale della serie, fa capolino nella narrazione orizzontale un’intricata trama di fughe, rimossi e dolori incurabili. Una tempesta questa da cui fatica a riemergere.
Ritroverà la via di casa Don / Dick dal multiforme ingegno? Nemmeno l’invisibile narratore onnisciente di Mad Men dà una risposta a questo interrogativo, creando un epilogo aperto e straniante, che mi piace interpretare come un paradosso narrativo alla Fredric Brown con una sotterranea ma spietata sferzata di critica sociale: la bellissima puntata 7×14 “Person to person” fa sorgere il dubbio che se a plasmare l’ingegno degli eroi dell’antichità fosse una cosmogonia perfetta non priva di un senso per quanto circolare, a sottomettere l’intrigante intreccio di queste vite sia una grande illusione, quella del capitalismo che dà un prezzo a tutto e.. tutti; una prigionia fatta di comodità e finte scalate in cui i ciclopi siamo noi, e non possiamo fare altro che urlare invano “Nessuno mi ha accecato!”.
Qui però la legge dello spoiler mi impone di salutarvi, consigliandovi col cuore di farvi ammaliare da questa storia, modello ma anche anti-modello, in grado di far vibrare qualche profonda e arcaica corda del nostro essere.