MATTEO BORIASSI E MARTINA VULLO | Paesaggi notturni di periferia si snodano su tre schermi di grandezze differenti ai lati e al centro della scena. Sulla destra una vecchia Alfa GT colore verde chiaro (all’interno un viaggiatore). Fa un po’ beat generation lo scenario allestito al Teatro Laura Betti di Casalecchio di Reno, in occasione di Come un cane senza padrone di Motus. Il tema fondante del viaggio (pasolinianamente inteso come affondo dentro di sé) si fa qui mezzo di raccordo fra differenti tematiche (diversità sessuale, animalità, rapporti di potere) ma anche fra opere differenti: si pensi a Petrolio, principale spunto della narrazione, Teorema, implicitamente citato in alcune scene, e agli estratti audio di poesie, interviste e documentari pasoliniani.
M.B. Lo spettacolo restituisce visivamente l’immaginario di una poetica popolata dai ragazzi di vita delle borgate, dalle prostitute e dalle baracche dei film, romanzi e opere teatrali del poeta delle ceneri. Emerge il mondo di un sottoproletariato lasciato ai margini della città borghese e che pian piano sta scomparendo assorbito da essa. A descrivere il contesto storico politico interviene l’estratto dall’appunto 59 che parla del “nuovo potere” che negli anni ’70 sta prendendo forma. A leggerlo è Emanuela Villagrossi che emerge dal buio in abiti scuri. Segue poi la narrazione.
M.V. Su questa narrazione mi interessa confrontarmi: nel foglio di sala lo spettacolo è presentato come un “film di letteratura”. Vicini all’elemento filmico sono certamente i dispositivi elettronici degli schermi che mostrano prima paesaggi periferici visti dal finestrino di un’auto, per poi lasciare spazio, nello schermo a sinistra, alla vicenda di Carlo narrata in Petrolio e, sulla destra, a immagini di auto, cani e bimbi che giocano. Se un dispositivo filmico è presente e una vicenda letteraria è anche narrata, il corpo vivo dell’attore e il corpo voce pasoliniano, rendono quello finale un prodotto meramente teatrale. Volendo forzare la performance all’interno di una definizione, potrei considerarla tuttalpiù come “lettura-spettacolo”.
M.B. Si, siamo decisamente di fronte a un prodotto teatrale che si caratterizza per un triplo gioco di rimandi: la vicenda di Carlo – ingegnere ENI che si scopre fisicamente donna e si abbandona in un rapporto sessuale sadomaso col cameriere proletario Carmelo – è in prima istanza narrata dall’attrice, mostrata poi nel video, e infine incarnata dagli attori, i quali producono in tempo reale i dialoghi e i rumori delle azioni sullo schermo. Un’analoga tipologia di relazione corpo-video si riscontra anche nel precedente Twin Rooms (2002).
M.V. Mi è sembrato di assistere a un esempio di ciò che lo studioso teatrale Marco De Marinis ha definito “terzo tempo del rapporto Pasolini-teatro italiano”: una rivalutazione e ricomposizione di frammenti da opere non propriamente spettacolari, ma appartenenti al più vasto corpus del poeta. Di corpo si può parlare anche in senso lato riflettendo sulla fisicità degli attori, ma anche sul corpo-voce di Emanuela Villagrossi (non penalizzata da qualche lieve inciampo nella lettura) e a quelli di Moravia e dello stesso Pasolini nelle iniziali registrazioni.
M.B. Il “corpo” in effetti deborda dalle pagine dei frammenti di Petrolio scelti per lo spettacolo (gli appunti dal 58 al 62). Attraverso la sua fisicità Carmelo si manifesta all’angolo della strada e il corpo di Carlo muta perdendo il fallo e scoprendo la crescita dei seni sul petto. L’androginia, qui permeata dal romanzo di Pasolini, si riscontra anche nello spettacolo MDLSX (2015), dove Silvia Calderoni mescola fisicità e biografia con il testo di Jeffrey Eugenides (la storia parla di una ragazza che, scoprendosi maschio, deve fare i conti con la propria condizione ermafrodita).
M.V. Speculare al gruppo è anche il tema dell’animalità: il cane che figura nel titolo dello spettacolo era già presente fisicamente sulla scena di Iovadovia (2009), ed è materiale fisico per Silvia Calderoni e Vladimir Aleksic in Too Late: altro spettacolo proposto in occasione della rassegna bolognese Hello Stranger di cui anche Come un cane senza padrone fa parte.
M.B. Nello spettacolo in questione il tema dell’animalità si evince, fra le altre cose, nelle carezze di Carmelo che scivolano sulla testa di Carlo nello stesso modo in cui “si accarezza la testa di un cane. Anzi, di una cagna”.
M.V. Interessante qui notare come, contrariamente a quanto accade in Salò, il sesso non è metafora del controllo esercitato dal potere sui corpi, ma ha la funzione di ribaltare i rapporti di potere fra borghese e proletario, fungendo inoltre da via d’uscita per Carlo dalla condizione di alienazione della società.
M.B. È per lui una rivelazione, analoga a quella vissuta dalla famiglia di Teorema a seguito della visita dell’ospite che, attraverso l’espediente del sesso, ne riduce in frantumi la conformità borghese. Ciò che in quel contesto accade al padre (che si denuda alla stazione di Milano, per poi trovarsi a vagare per il deserto) è ripreso nel finale di spettacolo da Carlo che, spogliandosi, esce dal teatro attraverso il corridoio della platea, mentre lo schermo proietta la sua immagine in una spiaggia deserta. In sottofondo la musica composta da Ennio Morricone per il film di Pasolini.
Il lavoro di lettura, accompagnato dagli inserti video, restituisce efficacemente le parole del romanzo, a scapito del più sacrificato lavoro fisico degli attori; l’evanescenza dei loro corpi riesce tuttavia a rafforzarne la manifestazione.
M.V. Nello spettacolo mi ha interessato la contaminazione fra registri differenti. Ho apprezzato la sinteticità del montaggio e mi sembra di avere assistito ad un lavoro fatto bene, malgrado di fronte a nomi quali Motus e Pasolini si rischia di doversi rivedere rispetto ad aspettative particolarmente alte.
COME UN CANE SENZA PADRONE
Ideato e diretto da Enrico Casagrande e Daniela Nicolò
con Dany Greggio e Franck Provvedi
narratrice Emanuela Villagrossi
Cura dei testi Daniela Nicolò
editing audio Enrico Casagrande
riprese e montaggio video Simona Diacci
fonica Carlo Bottos
assistenza tecnica Michele Altana
Organizzazione e logistica Sandra Angelini, Marco Galluzzi, Roberta Celati
in collaborazione con Giorgio Andriani
Produzione Motus e Théâtre National de Bretagne, Rennes (Francia)
in collaborazione con Teatro Mercadante di Napoli – progetto Petrolio
ed il sostegno di Provincia di Rimini, Regione Emilia Romagna
Visto il 05/12/2016 presso il Teatro Laura Betti di Casalecchio di Reno
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