ELENA SCOLARI | Molto sesso, pochissima vera libertà, alcune droghe, sogni fasulli. Un panorama niente affatto consolante, quello di girotondo.com di Teatro dei Filodrammatici.
L’ingranaggio a catena è lo stesso del testo di Artur Schnitzler cui lo spettacolo si ispira: sei personaggi (tre uomini e tre donne) che in diversi quadri si mostrano a coppie, ogni quadro si chiude con un amplesso e nella scena successiva uno dei due protagonisti è metà della nuova coppia.
Vediamo il vanesio vincitore di un reality che si fa vivo con la ex per andare a letto con lei un’ultima volta, lei è una una professoressa di lettere che se la fa con un allievo tonto, l’allievo frequenta le discoteche e si imbatte in una una ragazzina allegra che ne frequenta i bagni, la suddetta ragazzina appaga l’ego di un politico ricco e pieno di sé, quest’ultimo è il marito della signora elegante che ha pagato il vincitore del reality per fare sesso con lei. Il circolo vizioso si chiude, improduttivo.
I personaggi sono tipi, cliché, lo erano anche nell’originale di Schnitzler: la cameriera, il soldato, l’attrice, il poeta, la prostituta, il conte… Ma forse per la distanza temporale che abbiamo con nobili, dame e tenentini i ruoli di girotondo.com appaiono più piatti, più prevedibili, poco sfaccettati e piuttosto antipatici. Pertanto non si ha nessun compatimento per la vuotezza delle loro vite. Tommaso Amadio e Alice Redini sono interpreti duttili, tecnicamente solidi, incarnano perfettamente creature di superficie dedite per lo più a riempirsi l’esistenza di rapporti sessuali insignificanti e che hanno il solo scopo di dare corpo a un illusorio calore, cercato ossessivamente ma mai veramente raggiunto.
Il punto è però che la superficialità è talmente esibita, in tutte le coppie, la completa assenza di sentimenti tanto scontata da non provocare nessun moto di compassione per la loro tristezza, né si sfiora mai l’immedesimazione con personaggi così stereotipati. E questo è anche l’effetto di una recitazione volutamente fredda, caratterizzata da un cinismo non abbastanza caustico per sferzare. La struttura circolare è meccanica così come lo sono i comportamenti. E così la precisa regia di Bruno Fornasari non sorprende, si autolimita favorendo un domino prevedibile, accompagna un’architettura retta da un testo curato ma che non arriva a suggerire un pensiero sul disagio che sta dietro a tanta fatuità.
Le scene di Erika Caretta sono pulite, segnate dai colori accesi di luci fluo spalmate su due pannelli curvi, sui quali ad ogni cambio di quadro, al suono di musiche disco, sono proiettate ad alta velocità immagini di nudi dozzinali, elefanti che copulano, foto pop, abbinate a “spigolature” come il fatto che in alcuni zoo siano vietati i profumi perché le essenze possono eccitare sessualmente gli animali. Forse un tentativo di riferirsi al lato “naturalmente bestiale” del sesso e anche all’inconsapevolezza con cui lo si pratica.
Il .com dello spettacolo è una forma di citazione di quanto sesso circoli in rete, di quanto si giri in tondo, a vuoto, avvitandosi intorno a finzioni del cuore.
Si legge nelle note al testo di Fornasari: “Mi è sembrato utile mostrare una nuova forma di pornografia, quella dei sentimenti, quella di chi non ha più pudore a metterli in mostra, quella di chi confonde l’intimità con la sua rappresentazione”. Il nodo è esattamente qui: se troviamo corretta (e prima di noi Platone, ad onor del vero) la confusione tra verità e rappresentazione, riteniamo però che ciò che si mette in mostra non siano affatto i sentimenti, ma solo il loro simulacro.
In platea vorremmo dispiacerci per chi cade in questo equivoco ma girotondo.com rimane troppo geometrico per permettere un capogiro emotivo.
di Bruno Fornasari
ispirato a Girotondo di Arthur Schnitzler
con Tommaso Amadio, Alice Redini
scene e costumi Erika Carretta
regia Bruno Fornasari
assistente alla regia Michele Basile
assistente costumista Linda Muraro
équipe tecnica Andrea Diana, Silvia Laureti
produzione Teatro Filodrammatici di Milano