MARIA DOLORES PESCE | Una esplosione multimediale che ritraccia il teatro a partire dalla sua etimologia, che come noto è quella di un evento innanzitutto da guardare, questo l’impatto della bella drammaturgia di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia, in tutta evidenza ispirata dal testo universalmente noto e universalmente significante di Lewis Carroll. È come se l’articolata e pluristratificata trama linguistica della narrazione dello scrittore inglese, ormai una sorta di abbecedario delle profondità dello spirito ovvero dell’inconscio, si infrangesse qui sugli scogli del colore, cioè di una immaginazione/immagine costruita quasi a presidiare la nostra fantasia assediata da troppe risposte a troppo poche domande.
In fondo, sembrano dirci i drammaturghi, mentre le loro peripezie figurative e multicolori percorrono la scena destrutturandola e contemporaneamente ricostruendola sotto i nostri occhi, la storia di Alice è pur sempre una fiaba da bambini, ed è nella sintassi della fiaba che trovano compimento i suoi significati, oltre la contemporanea smania o mania di rendere tutto adulto che alla fine lascia per strada molti di quei significati, e forse quelli più profondi e per questo anche più spaventosi.
Così i nostri, perseguendo con testarda pervicacia questo loro disegno, preservano ed enfatizzano una tale sintassi nella leggerezza del transito scenico e nell’ articolato intersecarsi di figurativo (un vero e proprio cartoon teatrale è stato definito) e sonoro che va a frantumare e ridefinire il testo e a costituire un ambito scenico in un certo senso totalizzante.
Dentro di essa Alice è dunque effettivamente una bambina di sei anni e mezzo e non il tramite di chissà quale verità, mentre i personaggi che attorno le si affastellano, eco fedeli del racconto carroliano, assomigliano molto ai suoi balocchi, in quello che appare, più che un sogno notturno, un sogno ad occhi aperti e quindi un “gioco”.
Tra l’altro, a proposito del rapporto tra il racconto di Lewis Carroll ed il teatro, non molti ricordano che Antonin Artaud, già rinchiuso in manicomio a Rodez, tradusse una parte di Alice, quella da lui titolata Humpty Dumpty. Il testo nelle sue tre versioni linguistiche è pubblicato in Italia da Einaudi per la collana “scrittori tradotti da scrittori”.
I due drammaturghi oltre alla regia sono autori anche di scene e costumi, coadiuvati per il suono e la programmazione video da Giuseppe Marzoli e da Matteo de Mojana per la direzione e l’arrangiamento delle canzoni. Le luci sono di Nando Frigerio.
In scena Elena Russo Aman è Alice, mentre Ida Marinelli, Umberto Petranca e Matteo de Mojana sono tutti gli altri. Un cast di valore, nella mimica e presenza scenica, nella gestione della recitazione e anche per le abilità nel canto.
Una produzione del Teatro dell’Elfo tra le compagnie ospiti della Stabile di Genova, al teatro Duse dal 24 al 29 gennaio.
suono e programmazione video Giuseppe Marzoli