ESTER FORMATO | Ottavo  testo di Spiro Scimone, quarto con la regia di Francesco Sframeli, Amore è un surreale spettacolo dai toni scanzonati e malinconici. Nessun gusto del macabro, anche se lo sguardo dello spettatore si affaccia su due lapidi biposto, poste a breve distanza l’una dall’altra mentre una sorta di arazzo troneggia sul fondale (scene di Lino Fiorito), a rappresentare tronchi di cipressi stilizzati. Semplice, dunque, è l’assetto della scena che marca una tendenza alla frontalità dei personaggi.  Un marito e moglie anziani sono sorpresi nel transito dalla vita alla morte, ad indugiare sul loro affetto coniugale fatto di piccole attenzioni, sui ricordi di quando facevano l’amore prima che l’oblio cancelli man mano la loro memoria. La scrittura di Scimone e Sframeli è  basata sul costante rimando di una battuta che viene ripetuta dall’altro personaggio, un eterno rimpallo, la ricorsività dunque che fa del testo una struttura chiusa come a chiocciola. È un ritmo cantilenante che qui si fa baluardo contro lo smarrimento della memoria sopraggiunto  per questioni fisiologiche, ma anche contro la progressiva frantumazione della vita che la morte lentamente apporta. Il testo  trova il suo ritornello costante nella parola “amore” che sostituisce le identità onomastiche ormai relativizzate dalla fine della vita, e oppone allo sfacelo la testarda conservazione dell’essenza del sentimento che si eterna attraverso l’esplorazione di un linguaggio surreale nel quale una certa astrazione fonica scavalla la convenzionalità del linguaggio della vita terrena. È del resto un tipo di scrittura aderente al concetto di non-luogo, non-tempo che pervadono tutto il lavoro.

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Leggendo della più che ventennale attività della Compagnia di ampio respiro internazionale,  l’impressione che si ha su Amore è l’infrangersi di una precisa appartenenza linguistica e culturale (del resto la  presenza di Giulia Weber, oltre quella di Gianluca Cesale e dei due artisti, ce la  sta ad indicare) per approdare ad un lavoro che sostanzialmente strizza l’occhio ad un certo surrealismo, con una vaga atmosfera da vaudeville.

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La narrazione dei due anziani adagiati sulla loro lapide si snoda fra ricordi di piccole cose, di approcci amorosi che rendono ancora perturbanti i loro corpi (i loro spiriti?) e s’interrompe ripetutamente con il buffo irrompere dei due pompieri sulla scena, il Comandante (lo stesso Sframeli) e il suo amante (Gianluca Cesale), il primo piantonato in un carrello da supermercato che, con tanto di specchietti, sirena e volante giocattolo, diventa evocazione di una camionetta dei Vigili del fuoco. Pur essi al varco della morte, l’uno ricorda all’altro, come la moglie al marito, il loro amore clandestino vissuto nei cunicoli della caserma. La dinamicità dei primi che col carrello girano su tutta la scena evoca – insieme alla la ricorsività ritmica del testo –  una misteriosa perdurante vitalità immaginata e catturata durante il misterioso passaggio dall’esistenza terrena alla morte; essa è breve, del resto tutto lo spettacolo non supera l’oretta, è evanescente tant’è che la pièce costeggia un vago nonsense, alternato a silenzi che hanno la funzione di dematerializzare maggiormente la parola, e si fanno precursori della quiete, quella che dura per sempre, ma che non divide quei corpi che si sono amati oltre l’oblio, ma che insieme si riscaldano al silenzio.

Riconoscibilissimi i segni di una drammaturgia tutta europea novecentesca dove il non tempo, il non luogo, il surreale rispecchiamento fra le due coppie  ci induce al cospetto di un lavoro sottile che però lascia sospesi – forse volutamente – dinanzi ad una scena che malinconicamente si rifugia in Beckett e Ionesco  con evoluzioni drammaturgiche di numeri comici che ci ricordano atmosfere retrò di un componimento crepuscolare.   

AMORE

di Spiro Scimone
regia di Francesco Sframeli
con Spiro Scimone, Francesco Sframeli, Gianluca Cesale, Giulia Weber
scena di Lino Fiorito                                                                                                                                 disegno luci Beatrice Ficalbi                                                                                                                   regista assistente Roberto Bonaventura
direttore tecnico Santo Pinizzotto
realizzazione scena Nino Zuccaro
produzione compagnia Scimone Sframeli
in collaborazione con Théâtre Garonne Touluouse