LUIGI SCHIPANI | Al Teatro della Cooperativa, durante lo spettacolo “Dita di Dama”, si ride di un riso catartico. Per poco più di un’ora si assiste alla storia di Maria, giovane ragazza dalle dita affusolate, adatte a lavori di precisione, e delle sue colleghe, operaie della ditta Voxson… e lo si fa, ridendo!
La scenografia è essenziale e gli oggetti presenti si caricano di un profondo significato simbolico. Sul retro una tenda bianca sembra negare uno spazio preciso, delineando un’ambientazione neutra; a sinistra una sedia rievoca la casa della protagonista, dentro la quale hanno luogo le confidenze con la cugina-amica Francesca e i racconti di ciò che accade in fabbrica, mentre dal lato opposto un alto sgabello richiama il suo posto di lavoro. Lo spettacolo è introdotto da una voce radiofonica ed è guidato per tutto il tempo da una sola interprete, Laura Ponzone (che insieme a Massimiliano Loizzi ne ha guidato la regia). Attraverso una gestualità esasperata e un utilizzo studiato della voce, che ripropone differenti parlate locali (in prevalenza romana, ma anche sarda e romagnola), l’attrice è in grado di far rivivere sul palco tutti i personaggi della vicenda, caratterizzandoli e definendoli uno a uno: operazione ardua, ma resa possibile da una professionista del settore, che già aveva attuato questa operazione in “Love is in the hair”.
Il pretesto per narrare la vicenda acquista un sapore manzoniano ed è costituito dal ritrovamento di una scatola piena di testimonianze, risalenti all’ “autunno caldo”, quello del 1969. Grazie al potere evocativo delle parole, il pubblico viene proiettato all’interno del capannone della ditta, in cui i marcatempo e le sorveglianti incutevano timore e angoscia e imponevano ritmi lavorativi serrati, partecipa con le donne agli scioperi per il rinnovo dei contratti dei metalmeccanici e vive l’entusiasmo per la conquista dello statuto dei lavoratori, avvenuta nel dicembre dello stesso anno. Parallelamente a questi episodi, vengono menzionati eventi politici-sociali coevi, dalla legge sul divorzio alla strage di piazza Fontana, che non hanno stretta attinenza con la tematica principale e che disturbano il dettato della narrazione. Nel tentativo di restituire una foto nitida di quegli anni, infatti, si è posto l’accento su diversi fatti in egual misura, correndo il rischio di non dare loro il giusto peso. Forse, una scelta più accurata degli aspetti da considerare avrebbe veicolato un messaggio più forte e avrebbe fornito allo spettatore spunti su cui riflettere più mirati. La rappresentazione si conclude riprendendo le fila delle sorti delle protagoniste con una scena dal gusto un po’ televisivo, in cui viene proiettata sulla tela retrostante una luce colorata e dove veniamo informati, con la tecnica delle ombre cinesi, sulla strada intrapresa da ognuna, a ‘mo di sigla conclusiva di una soap opera.
Per quanto il lavoro, proponendosi di affrontare differenti questioni, appaia a tratti discontinuo, è nel suo complesso coinvolgente, calibrato da momenti ricchi di pathos ad altri più distensivi e divertenti. Il ritmo della narrazione è caratterizzato da frequenti cambi di scena e da rotture della quarta parete, in cui l’artista si rivolge ironicamente all’uditorio, parlando di attualità o commentando un punto della vicenda. L’ironia, di fatto, è ingrediente costante nella definizione del dramma e ha avuto lo scopo di alleggerire testimonianze agghiaccianti e di far di-vertire l’audience, che costantemente ha riso, forse per scacciare dalla mente vecchi ricordi o semplicemente per reagire umoristicamente a una realtà opprimente, che, ancora oggi, sotto vesti diverse persiste.
La pièce trae spunto dall’omonimo romanzo di Chiara Ingrao, vincitrice del premio Alessandro Tassoni del 2010.
Dita di Dama
coproduzione Teatro della Cooperativa e Aparte soc. coop.
monologo tratto da Dita di Dama di Chiara Ingrao
con Laura Pozone
adattamento e regia Laura Pozone e Massimiliano Loizzi
Visto al Teatro della Cooperativa di Milano