RENZO FRANCABANDERA | Il regista e attore pugliese Michele Sinisi, dopo il consenso di pubblico e critica con Miseria&Nobiltà, mette le mani in una materia incandescente per la sua seconda produzione targata Elsinor: i Promessi Sposi.
Anche in questo caso, si parte da ciò che resta del capolavoro manzoniano, con particolare riguardo al sistema archetipico dei personaggi ma anche alla conoscenza e alla relazione con gli italiani, dalla scuola in avanti, dalla lingua fino allo studio vero e proprio. Ne viene fuori una creazione assai ricca e composita che si avvale ancora della felice collaborazione alla scrittura di Francesco M. Asselta e delle intuizioni sceniche di Federico Biancalani, che conferma uno stato di grazia particolare non tanto nella più ordinaria e già vista struttura eye catcher centrale di tubi metallici da cantiere, che allude forse al mito della Lombardia operosa, quanto nella ricerca di una serie di apparizioni laterali, fermi-immagine di una società ormai andata, realizzati con mezzi contemporanei, dove in controluce pare di riconoscere questo o quel quadro preimpressionista di metà Ottocento.
Nel primo atto la regia tenta un riuscito adattamento del classico utilizzando la stessa parola manzoniana, in cui senza sacrificare le intenzioni e con lucida capacità di selezione, vengono proposti i capisaldi del romanzo, sia in termini di caratteri che di ambienti emotivi, con qualche licenza e caratterizzatura (l’Azzeccagarbugli dal fare traffichino e dalla parlata meridionale, sepolto dai faldoni, che poi come mattoni seppelliranno la Monaca di Monza in un momento di ricomposizione scenica molto riuscito). La prima parte si chiude sull’Addio ai monti letto in video da un gruppo di emigrati di prima e seconda generazione, in fuga da guerre e dai soprusi. Il loro italiano incerto non è molto distante da quello che qualche secolo fa avevano i due promessi contadini analfabeti.
Sinisi, pur con qualche ovvio spaesamento in una materia vastissima e non riconducibile nè riducibile ad un’unica lettura, si assume nel secondo atto la responsabilità di una rilettura a tratti post-drammatica che guarda alla Storia e alla storia dell’arte e del pensiero, per favorire momenti di sguardo sul romanzo come icona della letteratura italiana e della storia del nostro paese.
In questi sguardi allargati e non schiacciati sulla prima scrematura del testo manzoniano, ma filtrati attraverso la scrittura di scena, la seconda parte si rivela perfino più convincente di quanto riferito e riferibile alla trama del romanzo in senso stretto.
Ne è testimonianza per tutta la durata dell’allestimento la grande (e invero anomala) attenzione delle scolaresche presenti, che hanno ritrovato la capacità di approfondire senza elitarismi e cripticità. Intensissimi i pochi minuti della lettura in purezza del celebre episodio della madre di Cecilia: la sala piomba in un silenzio raccolto e il classico riprende il suo posto nella coscienza collettiva e ribadisce la sua grandezza assoluta. Un non facile passo avanti per il Sinisi regista, che porta a compimento un’operazione ben congegnata e non superficiale, evitando primadonnismi, a tutto vantaggio di una coralità interpretativa che riporta alla scrittura manzoniana, nonostante la riscrittura: un tradimento che non tradisce, anzi riavvicina all’amore.
I PROMESSI SPOSI
di Alessandro Manzoni
adattamento e regia Michele Sinisi
scrittura scenica Francesco M. Asselta e Michele Sinisi
con Diletta Acquaviva, Stefano Braschi, Gianni D’addario, Gianluca delle Fontane, Giulia Eugeni, Francesca Gabucci, Ciro Masella, Stefania Medri, Giuditta Mingucci, Donato Paternoster, Michele Sinisi
Scene Federico Biancalani
Costumi GdF Studio
Assistenti alla regia Roberta Rosignoli e Nicolò Valandro
Aiuto costumista Elisa Zammarchi
Assistente alle scene Annalisa Burcheri
Assistente al trucco Annalisa Cornaggia
Direzione Tecnica Rossano Siragusano
Si ringraziamogli studenti di Scenografia dell’Accademia di belle arti di Brera
Produzione Elsinor Centro di Produzione Teatrale
Date e orari:
dal 6 al 25 giugno