RENZO FRANCABANDERA | Edizione ricca e storica quella 2017 per Inequilibrio, fra le più belle della storia di questo festival, che si svolge a Castiglioncello nella bellissima sede di castello Pasquini. Siamo al 20esimo compleanno di una delle rassegne di spettacolo dal vivo centrali negli equilibri umani di questa forma d’arte.
Castiglioncello è un rito. Lo sa chi ha partecipato ad una qualsiasi delle edizioni che in questi ultimi due decenni ha visto passare di qui l’arte del fare teatro, nel tempo estivo, ma anche durante il resto dell’anno con residenze, allestimenti, idee, confronti.
Il secondo fine settimana, che testimoniamo in questo reportage multimediale, ha visto una programmazione ricca di teatro e danza di cui rendiamo sintetica restituzione critica sulle diverse visioni prima di lasciare spazio al video documento.
Industria Indipendente
LUCIFER – Teatro
E’ forse lo spettacolo più sorprendente della rassegna, sicuramente nel rivelarci Industria Indipendente. E lo è per lateralità ed originalità del pensiero scenico. Una creazione attenta che dato il tema, ovvero l’icona luciferina, ne fa conseguire uno svolgimento compatto, coerente, che non ha riguardo né indulgenza per la parte dello spettatore che vuole essere coccolata, per trascinarlo invece in un’indagine che ha come protagonista il personaggio prescelto ma ben presto anche la parte di noi che ha avuto a che fare con il fallimento. Ad un certo punto il bastardo ci cattura. Non vorremmo, fra odore di alcool, borotalco e uova rotte, ma invece è così.
Notevole l’interprete Piergiuseppe Di Tanno. Accurata la regia, mentre sottolineiamo l’opportunità da mettere in massima attenzione la dinamica con il testo proiettato.
La bontà dell’operazione è tale che lo spettacolo sarà a Milano per Tramedautore e poi a Roma per Romaeuropa. Meritatamente.
Compagnia Abbondanza Bertoni
LA MORTE E LA FANCIULLA – Danza
Una coreografia di gruppo finalmente, un lavoro sulla nota composizione schubertiana, di cui Michele Abbondanza ed Antonella Bertoni sono registi, quindi esterni alla scena. Tre le ballerine che in un ibrido fra classico e contemporaneo, ma in una grande compostezza di intenzioni e resa scenica, rileggono il mito, utilizzando non di rado il dialogo con una narrazione videoregistrata che intuiamo possa anche non essere fatta in diretta, anche se ha la pretesa di apparire tale. E l’equivoco fra realtà ed immaterialità ultraterrena rimane per tutto lo spettacolo in un ambiente vuoto e freddo, in cui le proiezioni rimangono rarefatte sul fumo che avvolge i destini delle interpreti. Brave e ben dirette Eleonora Ciocchini, Valentina Dal Mas e Claudia Rossi Valli. Fra mito romantico e angoscia presente, il rapporto, forse anche, fra autorappresentazione e medialità. Quanta parte di noi muore nel racconto attraverso il medium? Oscar Wilde e Walter Benjamin godrebbero tanto nel dibattito.
Deflorian/Tagliarini
RZECZY/COSE – Teatro
E’ incredibile come questa coppia di artisti pare faccia sempre lo stesso spettacolo e invece ogni volta ne viene fuori uno diverso quel tanto che basta per travolgerti e portarti in un universo minimo di vissuti eterni. E’ una combinazione di recitato/segno scenico che ha una sua semplice genialità. A volte è il disco raschiato con l’impianto audio degli anni 70, a volte il cavallino di metallo che sistematicamente non cammina. Sembra sempre uguale, e invece è sempre diverso. Ed è in fondo la vita. Deflorian/Tagliarini ci accompagnano nello scandaglio delle emozioni sospese e dei non detti con una capacità che onestamente nessun altro nel teatro italiano riesce a proporre. Svelando l’intimità, senza violarla.
Virginie Brunelle
FOUTREMENT – Danza
Lui, lei, forse anche l’altra. Un maschio che potrei essere io. Con quel giusto di panza che fa l’uomo non bionico. Certo lui fa delle prese coreografiche in scena che io non riuscirei, ma nella stanza ci sono due donne, che giocano ad essere oggetto di desiderio, ad appagare, ad essere bambole, schiave, relazione fra amoroso e meccanico. E’ tutto prefetto, compresi i corpi e la resa coreografica delle due ballerine in questo lavoro. Che però ad un certo punto, inspiegabilmente invece che chiudersi, come l’amplesso, al suo massimo, pretende di indagare una dimensione forse romantica, ma con un registro emotivo completamente diverso. L’acqua nel brodo toglie il sapore anche alla prima parte. Purtroppo.
Gogmagog
PICCOLE COMMEDIE RURALI – Teatro
Cristina Abati, Carlo Salvador e Tommaso Taddei (quest’ultimo anche regista) portano in scena questi testi di Jean Roland Fichet nella traduzione di Luca Scarlini.
Un’ambientazione artefatta e abitata più che altro dalle belle luci di Antonella Colella e dai suoni Cristina Abati per un testo che compone piccoli crimini di provincia fra bassezze umane e sentimenti a metà, in una unitarietà che gioca ad essere e non essere. Insomma potrebbe essere tutta una vicenda unica e non lo è. Ma la regia gioca su questo equivoco, anche coi costumi. Insomma ci si aspetta di capire chi sia l’assassino, in una qualche forma che ben presto si rivela surreale. L’idea è buona, la realizzazione arriva a metà.
Fortebraccio Teatro
IL CANTICO DEI CANTICI – Teatro
Roberto Latini nel massimo della sua ispirazione come regista, interprete e pensatore della scena. Parliamo di un capolavoro assoluto da godersi in uno spazio piccolo, come è stato a Castello Pasquini, a ridosso della vetrata della radio che nottetempo trasmette, nell’interpretazione del suo conduttore, disk jockey giocoliere di parole più che di dischi, una delle composizioni letterarie più antiche e struggenti dell’umanità. Fra amore sacro e amor profano. Un po’ ci si eccita per la bellezza della poesia, un po’ si vorrebbe iniziare a far l’amore con qualcuno in sala per non lasciar sprecare il sentimento inebriante e carnale, che arriva dove deve senza mediazioni.
Latini in questa resa è insuperabile.
Lo spettacolo e la sua interpretazione meritano premi importanti.
E adesso, la parola al video reportage con le voci di alcuni artisti del secondo week end del festival.
Auguri Inequilibrio