ILENA AMBROSIO | Immaginiamo una serie di appunti raccolti su un tema specifico, con una propria coerenza, ma priva, per sua natura, di uno sviluppo necessario; riflessioni estemporanee, richiami, illuminazioni improvvise. Immaginiamo poi di trasporre tutto sulla scena, tradotto in movimenti, suoni, luci, costumi; ebbene potremmo avere un’idea di ciò che è Alfa-appunti sulla questione maschile, l’ultimo lavoro di Roberto Castello.
Una scenografia da quartiere suburbano accoglie il primo dei cinque interpreti: uomo in felpa gialla – effettivamente troppo gialla per un adulto, l’ironia è subito evidente − che parla meccanicamente, quasi fosse un giocattolo, una costruzione artificiale e, precisamente, quella di un «ultra cinquantenne maschio eterosessuale bianco europeo, di religione cristiana, ragionevolmente sano, sportivo, istruito, con prole sana e adulta, professionalmente piuttosto realizzato e senza eccessivi problemi economici». Alle spalle una danzatrice doppia i suoi gesti scattosi e robotici; che dietro questa marionetta ci sia una donna è già dato eloquente.
Da questo preludio prende il via una serie di blocchi di azione che, senza soluzione di continuità, proprio come degli appunti, propongono la riflessione, presentata da un Castello versione rock star, con occhiali da sole e infradito, su ciò che è “alfa”: la sopravvivenza biologica, la lotta per il potere e la riproduzione. Una riflessione che si affida, di volta in volta, a elementi scenici sorprendentemente vari.
Il movimento va da quello scattoso e robotico, a quello (apparentemente) incontrollato e comicamente forsennato, passando per gestualità che ricordano il codice Morse e scontri uomo-donna a metà tra lotta marziale e sesso tantrico. Il non-movimento fissa ripetutamente gli interpreti nei fermi immagine tipici del teatro di Castello. Unico frangente tradizionalmente coreografico, su “brano” scritto in Armenia dalla nostra rockstar (riferimento parodico a Simón nel deserto di Buñuel) si trasforma, anche a livello vocale, in simulazione di rapporto sessuale tra scimmie, lasciando lui e le due ballerine stremati e ansimanti. Il sesso c’è, ovviamente, animalesco, come qui, ma soprattutto declinato in sensualità, affidata a gesti, movimenti, atteggiamenti che sono esclusivamente delle interpreti femminili.
Insomma, come da citazione di Laban cara a Castello, «è danza tutto ciò che attiene alle potenzialità espressive del corpo umano», dunque, a rigor di logica, anche la voce. Ingrediente fondamentale in Castello, già condotta alle massime potenzialità in Carne trita, l’espressione vocale raggiunge in Alfa, livelli straordinari. La declamazione della parola, presente e pregnante nello spettacolo, proprio come il movimento, spazia tra i toni più disparati: il metallico da voce computerizzata, l’acuto, il basso e sensuale. Poi i versi, onomatopeici, animaleschi, catarrali, espressione delle parti meno “nobili” del corpo. Ma ciò che è davvero sorprendente è il tessuto vocale e musicale affidato alle tre interpreti/coriste. Che siano cicaleggi, vocalizzi, gridi, parole, le loro voci toccano una gamma vastissima di tonalità, timbri e colori restando però, negli ensamble, perfettamente armonizzate. Trama vocale che è vera e propria musica dal vivo, accompagnata, a più riprese, da un tamburo percosso dallo stesso Castello.
A tale e tanta varietà risponde un assetto di luci, capace di variegare la scenografia illuminandone, di volta in volta, punti diversi, con intensità e colore continuamente mutevoli.
Ma il flusso ininterrotto di sollecitazioni, spunti lasciati sospesi e poi ripresi, provocazioni, trova una propria organicità nel filo drammaturgico del lavoro, nel suo tema portante: la rappresentazione, con relativa, sottintesa e ironica denuncia, di uno standard, quello del “maschio”, cui la società impone caratteristiche stereotipate, quasi imperativi morali; di questo l’elenco numerato delle interminabili qualità richieste a un uomo e ripreso a intermittenza durante tutto lo spettacolo – esilarante Mariano Nieddu – è rappresentazione più che esplicita.
La collocazione artistica di Castello, dunque, il suo essere insieme politico, perché costantemente attento alla polis, e disimpegnato, perché riluttante ad accettarne gli schemi, trova in Alfa un’ulteriore conferma. E la trova tanto nella parte maschile quanto in quella femminile del lavoro. Gli appunti raccolti coinvolgono anche e, forse, soprattutto le donne alle quali, tutto sommato, pare essere affidata la vera struttura portante del lavoro, a livello sia formale che concettuale.
E proprio su una figura femminile termina lo spettacolo: una donna – una splendidamente drammatica Alessandra Moretti – illuminata dalla luce agghiacciante dell’unico riflettore fino ad ora rimasto spento, i cui movimenti sconvolti, disarticolati, sono scanditi dalle già note percussioni questa volta amplificate e terribilmente rimbombanti. La rappresentazione esplicita e crudele della violenza sulle donne, tristo aspetto di una certa parte del genere maschio alfa.
Un lavoro denso, complesso che, nonostante alcuni momenti di oscurità e debolezza drammaturgica, resta comunque eloquente, efficacemente ironico ma anche drammaticamente realistico.
Alfa – appunti sulla questione maschile
di Roberto Castello
in collaborazione con Alessandra Moretti, Mariano Nieddu, Ilenia Romano, Francesca Zaccaria
e con la riflessiva collaborazione di Andrea Cosentino, Carlotta Cossutta, Giacomo Verde, Stefano Questorio
interpreti Roberto Castello, Alessandra Moretti, Mariano Nieddu, Ilenia Romano, Francesca Zaccaria
testi, coreografie e musiche Roberto Castello
scene Daniele Spisa
Teatro India
11-12 luglio 2017 (debutto romano)