RENZO FRANCABANDERA | A Milano Deflorian e Tagliarini sono in giro in questi giorni negli spazi della Triennale con Cinéma Imaginaire, uno spettacolo tratto da una drammaturgia di Lotte van Den Berg, autrice con cui la Deflorian aveva già avuto a che fare quattro anni fa in un progetto, Agoraphobia, che sbarcò anche a Santarcangelo e che ebbi modo di vedere a Cagliari da Carovana SMI, all’ora di massimo afflusso nel popolarissimo mercato del Lazzaretto di Sant’Elia, mentre l’attrice lanciava su chiunque passasse strali e invettive dal pulpito asocial-isolato del suo personaggio: era veramente una situazione grottesca assistere a questa visione della donna che vaneggia fra le signore che rovistano nelle cataste di vestiti a 1 euro; erano urla da dietro una finestra di quella che magari pensi essere la probabilmente pazza del terzo piano, che in preda a smanie di solitudine urla le sue verità o le sussurra nella tromba delle scale, e di cui arriva eco frastagliata e confusa. Ma che inevitabilmente ti portano ad origliare. E magari è un’Alda Merini qualsiasi. Per dire.
Penso sia questa, in estrema sintesi, una delle note più importanti che il sodalizio artistico composto da Daria Deflorian e Antonio Tagliarini ha aggiunto al teatro di prosa nella sua declinazione più recente, raccogliendo alcuni ingredienti dell’esperienza pluridecennale italiana del teatro di narrazione che però non è il vero parametro di confronto possibile, essendo mescolato ad una pratica di scrittura fatta di autobiografismo delle identità fragili ritratte nella loro normalità e filtrate dall’osservazione maniacale del dettaglio oggettuale concreto, con zoom scenici che passano dalla lente di ingrandimento al cannocchiale rovesciato nel giro di due battute; e con un’intonazione che sempre guarda dolcemente a quello che ricordano essere stato definito anni fa il male oscuro.
Ne parliamo con Daria Deflorian e Antonio Tagliarini in questa video intervista, registrata alcune settimane fa a Castiglioncello in occasione del Festival Inequilibrio, e che riproponiamo in avvio di stagione in concomitanza con due appuntamenti belli e diversi fra loro: il primo è appunto la tappa milanese in Triennale con la performance site-specific in cui i partecipanti di Cinéma Imaginaire sono invitati a “girare” il proprio film attraverso il loro sguardo e, grazie a delle precise istruzioni, potranno immaginare le cinque scene che andranno a comporre il racconto cinematografico, che ben presto si trasforma in un’occasione per guardare in modo nuovo un paesaggio urbano apparentemente scontato e familiare (consigliamo prenotazione); il secondo è il laboratorio che terranno a seguire, dal 1 al 5 ottobre a Lugano in occasione del FIT, il festival internazionale del teatro, che ospiterà poi il 6 ottobre una replica de Il cielo non è un fondale. Il laboratorio affronterà alcune tematiche che verranno poi sviluppate nel loro prossimo lavoro, di cui ci forniscono anteprima nella video intervista.
Buona visione