FRANCESCA DI FAZIO | Di follia e marginalità è popolato Luciano, il nuovo spettacolo di Danio Manfredini presentato all’Arena del Sole di Bologna all’interno di Vie Festival.
Luciano esce dai corridoi della psichiatria ed entra nel teatro della sua mente, popolato di presenze inquietanti, di storie di droga, perversioni e marchette, costellato da individui che una maschera in lattice rende ancora più inquietanti. Luciano è l’unico a viso scoperto e, se si escludono pochi dialoghi di queste figure sputate fuori dai sobborghi di un luogo indefinito e triste, è l’unico a tentare di comunicare con un linguaggio che esca da quella realtà prosaica per farsi più etereo. Il filo dei discorsi si perde in grottesche ironie poetiche, che rimpastano famosi versi di poeti del ‘900 nel suo linguaggio affannato e sconnesso, nelle sue parole strascicate e a ruota libera.
Con questo spettacolo Manfredini riattraversa di fatto alcuni temi già trattati in Cinema cielo, nel Sacro segno dei mostri e in Tre studi per una crocifissione, ovvero quelli dell’omosessualità, della follia e della solitudine, dandone una visione che risulta ancora più aspra, come del resto lo sono forse i tempi.
D’impatto visivo è una danza circense verso il finire dello spettacolo in cui si alternano i corpi delle figure-fantasma mascherate, dentro un alternarsi di luci rosse e movimenti votati al nulla in quello che ricorda un sabba, ma tutto al maschile. Non ci sono figure femminili nello squarcio aperto da Manfredini, ed anche l’apparizione di una madonna dal velo blu altro non è che il pallido fantasma di un uomo.
Luciano non è uno spettacolo di narrazione ma un trascolorare di immagini, una descrizione immaginifica di interni squallidi, lo spettacolo non possiede una trama ma è piuttosto un concentrato di visioni insalubri di mondi suburbani.
Diretta risulta comunque la comunicazione di solitudine ed emarginazione che il protagonista Luciano e le figure che lo attorniano emanano senza soluzione di continuità. Non c’è spiraglio di salvezza in questo sogno di delirio, come in un incubo di quelli più lunghi e affannosi che appaiono in pesanti notti.
Forse proprio per questo il lavoro di Manfredini sembra voler suggerire al pubblico un maggior dovere di comprensione verso questi individui dalle esistenze lacerate e perse. Tuttavia, a tratti tale suggerimento digrada verso quella che sembra voler essere un’ultima esaltazione del mito leggermente stantio del maudit, dell’emarginato, con un risultato – forse voluto – un po’ appiattito nelle soluzioni estetiche. Interessante è il lavoro di drammaturgia che gioca con la lingua e la poesia creando discorsi in bilico tra il lucido e l’assurdo, con parole che aprono spiragli di pensiero mai scontato.
LUCIANO
ideazione e regia Danio Manfredini
con Danio Manfredini, Vincenzo Del Prete, Ivano Bruner, Giuseppe Semeraro, Cristian Conti
aiuto regia Vincenzo del Prete
ideazione scene e maschere Danio Manfredini
realizzazione elementi di scena Rinaldo Rinaldi, Andrea Muriani, Francesca Paltrinieri
disegno luci Luigi Biondi
fonico Francesco Forni
produzione La Corte Ospitale
coproduzione Associazione Gli Scarti, Armunia centro di residenze artistiche Castiglioncello – Festival Inequilibrio
un ringraziamento a Paola Ricci, Cristina Pavarotti, Massimo Neri