LAURA BEVIONE | Il 26 gennaio 1997 andò in scena, al Teatro Testoni di Bologna, uno spettacolo destinato a superare le 650 repliche e ad abitare i palcoscenici di moltissimi stati, non solo europei. Uno spettacolo che era frutto, fra l’altro, della temporanea ma fertilissima “alleanza” di quattro diversi artisti, associatisi per raccontare una storia cui essi tenevano. Due registi-drammaturghi – Letizia Quintavalla e Bruno Stori – e due coreografi-danzatori – Michele Abbondanza e Antonella Bertoni, combinarono i rispettivi linguaggi per plasmare una drammaturgia originale, in cui teatro e danza, musica, una scena quasi vuota ma pregnante ed esaltata da uno immaginoso disegno luci, concorrevano a dipingere un interno familiare tutt’altro che idilliaco.
Nina e Tommaso sono fratelli e alleati nella guerra non dichiarata contro i propri genitori, incapaci di prestare reale attenzione ai bisogni dei figli, cui impongono regole tanto rigide quanto inadeguate. La coppia di danzatori presta alternativamente corpo e voce a figlio e padre e a madre e figlia – basta raccogliere i lunghi capelli in uno chignon ovvero assumere una postura più austera – mettendo in scena surreali dialoghi fra sordi e liberatori sogni di fuga.
Nina e Tommaso, lasciati soli dai propri genitori, vagheggiano una realtà familiare più accogliente: ed ecco la bambina “partorire” un invisibile figlio, una creatura che, dichiara, non perderà mai d’occhio e così ha avvio la sua folle e irresistibile ricerca fra il pubblico, divertito e coinvolto. E le bambine e i bambini che, entusiasti, seguono sul palco Michele e Antonella e con loro non esistano a danzare, testimoniano l’efficacia di un linguaggio drammaturgico universale ed emozionante, ancora a vent’anni dal debutto.
Non dubitiamo, infatti, che le reazioni dell’eterogeneo pubblico della torinese Casa Teatro Ragazzi il 19 novembre 2017 non siano state diverse da quelle degli spettatori bolognesi del Testoni nel 1997: i più piccoli coinvolti dalle vicende dei “coetanei” Nina e Tommaso, di cui comprendono parole e gesti, per nulla intimoriti dal linguaggio della danza che, anzi, appare più familiare alla loro – ancora – spontanea e disinibita fisicità; mentre i “grandi” – genitori e non – si domandano quanto sappiano realmente ascoltare l’altro, a partire da chi è loro più vicino.
Romanzo d’infanzia, malgrado i capelli grigi dei due splendidi interpreti e le rivoluzioni del nuovo millennio, sa ancora divertire e commuovere, interrogare e far riflettere: la lucidità e l’implacabilità nel ritrarre l’infelicità dei bambini e l’egoismo degli adulti si traducono in battute e movimenti che non sono semplicemente sovrapposti bensì armoniosamente integrati l’uno nell’altro così da tessere un discorso variegato nei toni e nei ritmi, capace di cambiare il cuore degli adulti così come dei bambini. Uno spettacolo da vedere e rivedere, con nonni e nipoti, figli e zii, compagni e compagne, perché ascoltare genuinamente l’altro pare davvero l’impresa più ardua che siamo tenuti ad affrontare…
ROMANZO D’INFANZIA
testo di Bruno Stori
Regia e drammaturgia di Letizia Quintavalla e Bruno Stori
Coreografia e interpretazione di Michele Abbondanza e Antonella Bertoni
Spazio scenico di Letizia Quintavalla
Costumi di Evelina Barilli
Luci di Lucio Diana
Musiche di Alessandro Nidi.
Prod.: Compagnia Abbondanza/Bertoni