FRANCESCA DI FAZIO | Teatrini, ombre, pupazzi, luci e burattini si sono riproposti in piccoli frammenti di poesia anche quest’anno al Teatro delle Briciole per il Festival Impertinente di Teatro di figura, tenutosi a Parma dall’1 al 5 dicembre.
Il Festival ha inoltre ospitato un seminario su Eduardo De Filippo e il suo rapporto con i burattini (in cui sono intervenuti Luigi Allegri, docente di Storia del Teatro all’Università di Parma, Alfonso Cipolla, direttore dell’Istituto per i Beni marionettistici e il Teatro Popolare di Grugliasco e Irene Vecchia, burattinaia della Compagnia Teatro delle Guarattelle) e due laboratori di costruzione di burattini e maschere, il primo tenuto da Irene Vecchia e Selvaggia Filippini per la costruzione di guaratelle napoletane, il secondo dalla giovane Compagnia Riserva Canini per la costruzione di maschere e sculture.
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OPÉRA OPAQUE
Pièce per pupazzo a taglia umana, due attori e ombre, la creazione della Compagnie Plexus Polaire è un cabaret macabro che poco ha di cabarettistico e molto di teatrale. Durante l’ingresso del pubblico in sala, i due attori sono già sul palco e lo osservano con occhi stralunati: sono già attivi nella recitazione, già all’interno dei loro personaggi, quelli di due cabarettisti, un uomo e una donna, intimoriti e un po’ impacciati, come costretti loro malgrado ad andare in scena. La protagonista è però la marionetta, un’ anziana signora in sedia a rotelle straordinariamente realistica, la cui credibilità vivificante è senz’altro data dalla maestria dei due attori nella sua manipolazione. Ad essi, e in particolare alla Borisova, va riconosciuto un lavoro di alta precisione ritmica e fisica e di credibilissima interpretazione attoriale, che regge con coesione tutto lo spettacolo.
L’impianto scenico è essenziale, formato da tre sipari dai colori spenti e cupi, così come quelli dei costumi. Completamente muto, lo spettacolo è composto da una successione di scene di pantomima di un umorismo squisitamente nero che rende ilare e giocoso il macabro rapporto della signora con i due attori, suoi succubi costretti a prendersi cura di lei, a sottostare ai suoi voleri, aggiogati, loro, come pupazzi ai suoi comandi. Le scene di ombra si intercalano fluidamente in diversi momenti dello spettacolo a raccontare, in modo estremamente semplice ma al contempo con la stessa capacità allusiva delle sequenze cinematografiche, inquietanti incubi e profonde paure, stemperati anch’essi da guizzi di comicità pura.
Ultimo colpo di stile dello spettacolo è il finale, in cui i due attori rimangono in scena, senza abbandonare la loro parte, ad aspettare che il pubblico si alzi e se ne vada. E mentre il pubblico non capisce e rimane perplesso, indeciso se sia il momento di alzarsi o meno, gli attori fanno cenno di andare: sta diventando tardi, loro devono cominciare a prepararsi per la replica successiva. Una chiusura ad anello che aumenta il senso di inquietudine di fronte a questi individui che sembrano attanagliati alla polvere del loro teatrino, costretti a ripetere e a ripetersi incessantemente, automizzati.
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SWIFT! – Skappa! & associés
Lo spettacolo proposto dalla compagnia francese Skappa! & associés, SWIFT!, è una visione luminosa che si rifà ai Viaggi di Gulliver di Jonathan Swift, trasponendo il famoso romanzo in un viaggio nel nostro mondo e nelle nostre città. La scenografia è composta da tre teli bianchi che coprono il fondale e i lati del palco, su cui saranno poi proiettate delle installazioni video, curate da Cristophe Loiseau. Al centro del palco è una distesa di detriti di plastica, un ammasso di vecchi oggetti indistinti, attorno al quale si sviluppa un binario circolare su cui si muove una zattera di legno, che compie i suoi giri lentamente, telecomandata.
Nello spettacolo SWIFT! la parola è assente e sul palco è presente un solo attore-performer (Paolo Cardona) che emette alcuni suoni indistinti, le cui uniche parole riconoscibili sono “lilliput” e “brobdingnag”, ovvero le due prime terre che Gulliver incontra nei suoi viaggi: la prima è l’isola abitata dai piccoli lillipuziani, la seconda è la penisola dei giganti.
Nella terra dei lillipuziani l’attore-perfomer (Gulliver) arriva senza accorgersene e si addormenta a terra. Vediamo la sua ombra proiettata sul telo del fondale e, piano piano, comparire su di essa, grazie a un ingegnoso effetto di sovrapposizione video, i piccoli uomini che cominciano a erigere sulla sagoma dell’uomo una città. Essa si sviluppa grazie alle ombre, sempre proiettate sul telo di fondo, degli oggetti di plastica che mano a mano si alzano, telecomandate, dal mucchio informe, creando con le loro ombre uno skyline da vera e propria metropoli moderna. Una piccola cosmogonia visiva che è un’esatta metafora per indicare l’umana corsa all’urbanizzazione intensiva e cieca.
Nella terra di Brobdingnag invece, Gulliver è un piccolo uomo ignorato dai giganti che gli passano a fianco – di cui vediamo soltanto i grandi, enormi piedi, visibili grazie alle video proiezioni sui teli tutt’attorno – ignorandolo, rendendolo invisibile, negandolo in quanto altro. In Swift! tutto è sempre troppo piccolo o troppo grande, o troppo incomprensibile. Con un incantevole uso delle luci, delle ombre e dei video, SWIFT! pone delle domande e invita a riflettere: cosa ci facciamo qui? Come viviamo?
SWIFT!
Skappa! & associés
Regia Isabelle Hervouët
Testo, interpretazione e scenografia Paolo Cardona
Musica Fabrizio Cenci
Video Cristophe Loiseau
Creazione luci e scenografia Nicolas Le Bodic
Sviluppo digitale Benoît Fincker
OPÉRA OPAQUE
Regia Yngvild Aspeli
Attori e manipolatori Pierre Tual, Polina Borisova
Musica Guro Skumsnes Moe
Pupazzi Polina Borisova, Priscille DuManoir, Yngvild Aspeli
Scenografia Gunhild Mathea Olaussen
Costumi Sylvia Denais
Luci David Farine