ANTONELLA D’ARCO | La tenda rossa del sipario si apre. Sullo sfondo un divano. Un uomo, visibilmente alterato dall’ alcool che ha ingerito, bottiglia vuota tra le mani, camicia aperta, giace inquieto. Dietro di lui un’ampia finestra, porta sul mondo esterno che egli stesso si è negato, inseguendo i vizi e le comodità; davanti a lui un altro uomo avanza, la sua presenza incombe su quella vittima la cui esistenza è in disfacimento. È con questa prima immagine che i registi Pierpaolo Sepe e Andrea Renzi presentano al pubblico Il servo, dal romanzo omonimo di Robin Maugham, nella traduzione di Lorenzo Pavolini, in scena al Teatro Mercadante di Napoli, dal 10 al 21 gennaio.

Al suo debutto nell’edizione 2016 del Napoli Teatro Festival Italia, lo spettacolo, non solo, si propone di tradurre la letteratura in teatro, sebbene dieci anni dopo il 1948, anno di pubblicazione dell’opera all’ epoca definita “un piccolo capolavoro di abiezione”, fu proposto un allestimento teatrale curato proprio dall’ autore Robin Maugham, nipote del più noto Somerset Maugham, ma è anche chiamato all’ impresa di ri-codificare il testo dal precedente cinematografico di Joseph Losey che, nel 1963, si avvalse della sceneggiatura firmata da Harold Pinter.

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Una scena de “Il servo”, regia di Andrea Renzi e Pierpaolo Sepe

L’ambiguità, le tensioni, l’atmosfera decadente che preludono al dramma psicologico tessono la ragnatela entro la quale resterà impigliato Tony, in scena Andrea Renzi, in veste di attore, oltre che di regista. Di ritorno dall’ Africa, dove ha vissuto in totale privazione, il ricco ereditiere inglese decide di prender casa e di prendere al suo servizio un servo che possa soddisfare ogni esigenza dettata dalla sua accidia. Il servo, Barret, a cui presta corpo e voce Lino Musella, riesce a sovvertire i ruoli e a soggiogare totalmente il suo padrone. Assecondando le debolezze di quest’ultimo che, dapprima incline alla servitù e alla separazione tra le classi sociali, cambierà anche nel linguaggio il suo modo di rapportarsi con lui, Barret non è più “il servo”, diventa “il maggiordomo” e infine l’ amico, l’unico amico che resterà al suo fianco, nella totale disfatta personale verso cui l’ha condotto. A mettere in guardia Tony dalla doppiezza d’animo del suo ossequioso servitore ci sono Richard (Tony Laudadio) e Sally (Emilia Scarpati Fanetti), la fidanzata del ricco signorotto inglese. Inascoltati, diventeranno testimoni infelici della vicenda, nella quale prenderà parte la seducente Vera (e poi Mabel, interpretate entrambe da Maria Laila Fernandez), compagna di Barret, gioco sessuale di entrambi e strumento di ricatto per Tony.

Attraverso gli ambienti della casa si dipana questa “commedia tra domestici”. Se la presenza di Barret e Vera nella camera da letto di Tony, mentre lui è fuori, scatena l’episodio che fa momentaneamente allontanare il servo dal suo padrone, la cucina è il luogo in cui i due si rincontrano e consolidano il rapporto invertito nella scala morale e sociale dei valori piccolo-borghesi. Il salotto, invece, con quel comodo divano, prefigura la gabbia dorata entro la quale Tony e Barret, l’uno di fronte all’ altro, l’uno proiezione di ciò che l’altro vorrebbe essere ed è diventato, rimangono rinchiusi. Il divano, attorno al quale si consumano le liti tra Tony e Sally, le sbronze di Tony, il confronto con l’assennato Richard, il pericoloso ménage à trois tra Barret, Mabel e il signore, è il simbolo dell’ agiatezza; condizione privilegiata che si trasforma in strumento di autodistruzione.

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Una scena de “Il servo”, regia di Andrea Renzi e Pierpaolo Sepe

Il percorso dei luoghi presente nella drammaturgia è chiaro, ma la visione restituita dalla regia si mostra a tratti disturbante, con cambi di scena a vista, effettuati da una presenza non neutra e non giustificabile all’ interno dello spettacolo. Inoltre, se nel testo di Robin Maugham si può leggere un’ interessante e quanto mai attuale riflessione sulla necessità, oggi, di circondarsi di ogni confort, così  come cercato forsennatamente da Tony, e sulla silente costrizione che debolezze e comodità, se manipolate, possono esercitare sugli uomini, questa riflessione si stenta a trovarla nella messinscena. Un’attualizzazione reale, con una più spiccata aderenza alla contemporaneità, apparsa labile nel linguaggio, nei costumi e nelle scene, elementi che comunque hanno restituito immagini suggestive ed eleganti, avrebbe assicurato una narrazione meno distante, capace di far sussultare il pubblico, invece rimasto comodamente seduto sulla sua poltroncina-divano.

IL SERVO

dal romanzo omonimo di Robin Maugham

nella traduzione di Lorenzo Pavolini

regia Andrea Renzi, Pierpaolo Sepe

con (in ordine di apparizione)

Tony Laudadio, Emilia Scarpati Fanetti, Andrea Renzi

Lino Musella, Maria Laila Fernandez

scene Francesco Ghisu

costumi Annapaola Brancia D’Apricena

luci Cesare Accetta

produzione

Teatro Stabile di Napoli-Teatro Nazionale

Casa del Contemporaneo

Teatri Uniti

Fondazione Campania dei Festival-Napoli Teatro Festival Italia