LAURA BEVIONE | Da qualche anno il Teatro Stabile di Torino commissiona a giovani registi – sovente cresciuti nella scuola per attori dello stesso ente – la messa in scena di “classici” della cosiddetta letteratura per l’infanzia – da Hansel e Gretel a Peter Pan, da Cenerentola a La bella addormentata nel bosco – destinati a una platea di piccoli spettatori. L’obiettivo perseguito è duplice: da una parte, c’è la volontà di far scoprire ai bambini quella vera e propria “scatola delle meraviglie” che è il teatro Carignano di Torino; dall’altra, c’è l’aspirazione a “svezzare” al peculiare linguaggio della scena.
L’opera scelta per questa nuova stagione teatrale è quello stratificato e policromo monumento letterario di invenzioni, temi, colori che è Alice nel paese delle meraviglie, testo che, dunque, ha richiesto un accurato lavoro di riduzione e adattamento. Operazione che, a monte, ha previsto a sua volta un’approfondita riflessione su tematiche e fili narrativi al fine di individuare quelli sui quali concentrare la regia.
Marco Lorenzi, coadiuvato nel lavoro di adattamento da Francesco Scarrone e cercando, implicitamente, di raggiungere non superficialmente spettatori di tutte le età – dai treenni ai novantenni – ha scelto di lumeggiare la dicotomia, apparentemente insanabile, fra fantasia e realtà, fra sguardo incantato e fanciullo e, all’opposto, disincantato e “adulto”. Ecco, allora, che la Regina di Cuori soffre di un’inedita malattia, la “adultite”, e la “super” mamma di Alice è una donna affaticata dalle troppe incombenze quotidiane e, di conseguenza, non più capace di dedicare tempo e, soprattutto, vera attenzione alla figlia Alice.
La fantasia come antidoto alla frenesia che le responsabilità – vere e presunte – della vita di tutti i giorni impongono agli adulti ma anche come rifugio da quella necessità di scegliere che la crescita comporta. Ci sono l’indecisione di Amleto e, allo stesso tempo, la dolorosa coscienza che “la maturità è tutto” di Edgar; ma ci sono pure l’immaginazione sfrenata di Mercutio e l’innocenza di tante eroine shakespeariane. L’Alice di Marco Lorenzi, nondimeno, non è soltanto il frutto di studio accurato e di letture variegate ma è altresì specchio di una reale gioia nel comporre situazioni divertenti che sappiano coinvolgere attivamente il pubblico – e così è avvenuto durante la replica cui abbiamo assistito, con bambini festosi e seriamente impegnati ad aiutare la protagonista – e, allo stesso tempo, rendere grottescamente contemporanea la storia creata da Carroll. Ecco allora la duchessa che parla in romanesco e la svampita lepre marzoilina, il bruco dall’incerta identità sessuale e il Bianconiglio che si inerpica fra i ripiani degli armadi della cameretta di Alice.
Lorenzi invita i bambini a coltivare la propria curiosità, a non smettere di fare e di farsi domande e, soprattutto, a non rinunciare mai alle favole; mentre agli adulti il regista ricorda di spolverare ogni tanto la propria immaginazione, lasciandosi trascinare in vivificanti storie. Così, nel finale, Alice sa guarire la Regina – ma anche la sua impegnatissima mamma – raccontando una storia e ribadendo, ancora una volta, come soltanto chi sa raccontare – e dunque “sfruttare” la propria fantasia – non muore mai.
Un invito che i cinque irresistibili e infaticabili interpreti – citiamo almeno Marta Cortellazzo Wiel, un’Alice testarda e ingenua, candida e capricciosa – ribadiscono con convinzione, regalando al pubblico cinquanta minuti di divertimento che, siamo certi, rimarranno per lungo tempo nella loro anima.
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ALICE NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE
da Lewis Carroll
Adattamento Marco Lorenzi e Francesco Scarrone
Regia, ideazione scene e costumi Marco Lorenzi
Interpreti Ludovica Apollonj Ghetti, Vittorio Camarota, Giorgia Cipolla, Marta Cortellazzo Wiel, Alfonso D’Angelo
Produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale
Teatro Carignano di Torino
14 gennaio 2018
Da bambini si e’felici da grandi si capisce che bisogna essere felici x entrare nel paese delle meraviglie .