FRANCESCA DI FAZIO | Corpi danzanti a immagine e somiglianza di marionette: ecco l’idea portante del Petruska di Stravinskij nella coreografia di Virgilio Sieni, che ha inaugurato a fine febbraio la stagione di danza del Teatro Comunale di Bologna.
Come già aveva fatto per l’allestimento di un’altra opera di Stravinskij, La sagra della primavera (2015), Sieni propone una breve sequenza come preludio al balletto principale. Prima dell’inizio vero e proprio dell’opera stravinskiana, il sipario si apre su un palcoscenico interrotto da un ampio schermo color avorio, opaco eppure semitrasparente, di un materiale simile al lattice. Accompagnati dalla composizione musicale Chukrum di Giacinto Scelsi (del 1963), i corpi dei ballerini cominciano ad apparire, sfuocati, dietro lo schermo, come fantasmi o ombre di se stessi, in un andare e venire dal ritmo lento, come il respiro nel sonno. Più si avvicinano alla superficie liscia, più i loro contorni divengono definiti, spesso le mani arrivano a toccare lo schermo, apparendo come nitide ombre nere. L’avvicinarsi e allontanarsi dei danzatori dallo schermo crea effetti di trasparenza, di nebbia, o di piena visibilità dei loro corpi e dei colori dei costumi, su toni pacati con punte di rosso sgargiante.
In questo movimento si intravvede l’intento, dichiarato da Sieni nel foglio di sala, di voler significare una ricerca dell’origine, uno studio sulla nascita eseguito attraverso il corpo umano privo di orpelli, una ricerca delle forze sorgive. Un guardare all’umano e a ciò che sta oltre l’umano, a quella sua possibile marionettizzazione che prenderà vita in Petruska. Eppure questo preludio, seppur di breve durata, crea forse un po’ di disorientamento rispetto all’argomento centrale dello spettacolo, che comincia dopo una breve pausa.
Quando il sipario si riapre svela un’altra scenografia minimale, composta da tre teli bianchi leggerissimi e traslucidi, che creano uno spazio più intimo e limitato all’interno del più ampio spazio del palco. Il corpo dei ballerini – sei in tutto – è in continuo rapporto spaziale con i confini delimitati dai veli, entrano ed escono da essi giocando coi loro lenti movimenti.
L’allestimento proposto da Sieni si sviluppa mantenendo soltanto come traccia lontana l’argomento del balletto di Stravinskij, la cui musica è eseguita ottimamente dall’orchestra del Comunale diretta da Fabrizio Ventura.
I personaggi sono indistinguibili tra loro, si muovono quasi come corpo unico, ed hanno tutti il volto coperto da un velo su cui sono stati dipinti tratti grandi e colorati come nei volti di Chagall. Quella del dipingere i volti non è una pratica nuova nelle coreografie di Sieni, che più volte ha usato i colori per rendere più iconici i volti dei perfomers, talvolta identificandoli con un solo colore, talaltra ricoprendo totalmente i connotati fino a trasformare i volti in maschere di clown. L’espediente sembra qui voler concorrere all’indistinguibilità delle singole individualità, oggettivando i volti e rendendoli fissi, così come lo sono quelli delle marionette del Petruska.
I costumi, di impalpabile organza bianca e leggero cotone color carne, rendono ancor più lievi i movimenti dei ballerini ed aumentano la loro coesione, la loro somiglianza. Soltanto due momenti vedono due danzatori enuclearsi in un assolo: il primo sembra voler rappresentare la danza d’amore di Petruska non ricambiato dalla Ballerina, una danza dagli interessanti movimenti marionettistici; il secondo è un solo di Ballerina, piccola figura danzante con movenze volutamente meccaniche, come le piccole ballerine in tutù dei carillon musicali.
In quest’ultimo lavoro Sieni indaga le possibilità poietiche del corpo, un corpo che sa sapientemente scomporsi in movimenti precisi e cadenzati che rimandano al tentativo di una perfettibilità dell’umano da ricercarsi in un suo processo di marionettizzazione. In Petruska i corpi dei danzatori, serrati gli uni agli altri, sembrano avviati al movimento dal reciproco contatto – come una marionetta lo è dallo strattone del filo – e ricordano quella sequenza iniziale de La natura delle cose (2009) in cui il corpo della danzatrice Ramona Caia, musa di Sieni, veniva mosso e fatto volteggiare dalle mani di quattro danzatori, come autentica marionetta. E forse non è un caso che l’allestimento scenografico del Petruska, formato dai tre grandi teli bianchi, ricordi vivamente proprio quello de La natura delle cose.
Riuscitissimo esercizio di leggerezza e precisione, il Petruska di Sieni complica tuttavia a tratti la dinamica empatica per lo spettatore. La coreografia non sembra sempre riuscire nell’intento – pur individuabile – di far entrare chi osserva in questa rappresentazione del corpo, in questa «esperienza dell’umano attraverso la “magia” del corpo messo in opera».
PETRUSKA
Coreografia e spazio Virgilio Sieni
Musica Igor Stravinskij / Giacinto Scelsi
Interpreti Jari Boldrini, Ramona Caia, Claudia Caldarano, Maurizio Giunti, Giulia Mureddu, Andrea Palumbo
Costumi Elena Bianchini
Luci Mattia Bagnoli
Allestimento Giovanni Macis
Produzione Compagnia Virgilio Sieni in collaborazione con Teatro Comunale di Bologna
I costumi sono stati realizzati nel Laboratorio di costumi e scena del Teatro della Pergola di Firenze in collaborazione con la sartoria Gorilla Danza di Firenze