RENZO FRANCABANDERA | Deve essere come quando hai creduto per anni nella tua pazzia, contro tutto e tutti, e poi di colpo ti dicono che in qualche modo hai avuto ragione. Una di quelle cose che danno il senso di un’esperienza, ne suggellano l’impegno, la costanza nel dialogo con il linguaggio, con il territorio, con i legami. La fatica, la povertà di mezzi, la rabbia, le frustrazioni, i fondi tagliati, quel delirio che si chiama “provare a vivere di arte oggi”.
Kronoteatro è ed è stato tutto questo, coagulando attorno al loro esperimento ad Albenga una comunità di cittadini, che si allarga poi a tutto il settore teatrale in quelle meravigliose giornate estive nel festival Terreni Creativi.
In origine è stato un gruppo di ragazzi di Albenga (Sv) che nel 2004 fondarono la compagnia: Tommaso Bianco, Alberto Costa, Vittorio Gerosa, Gabriele Lupo, Alex Nesti, Nicolò Puppo, Matteo Tonarelli. Nel 2007 al gruppo si unì poi Maurizio Sguotti, portando l’esperienza di una pratica a cui si dedicava da anni e l’interesse per la drammaturgia contemporanea, con la particolare collaborazione di Fiammetta Carena ai testi di diversi loro allestimenti.
E qualche giorno fa il suggello: Antonio Latella legge il loro nome, fra le poche compagnie italiane invitate a Biennale Teatro 2018, che prenderà il via il 20 luglio a Venezia.
Un Maurizio Sguotti emozionato ma anche consapevole del risultato raggiunto risponde alle nostre domande, fra passato, presente e futuro.
Maurizio, in che modo Kronoteatro si sente organico ad un progetto come quello di Antonio Latella su Biennale?
Kronoteatro dalla sua nascita ha sempre lavorato per macrotemi sviluppati su più produzioni. Le due trilogie (FAMILIA_una trilogia e il Trittico della Resa), lo testimoniano. L’idea di poter indagare un discorso che riteniamo urgente inquadrandolo da diversi punti di vista, chiede un contributo di indagine da una parte più settoriale, ma dall’altra lascia che la materia ci stupisca e crei strade alternative che possono diventare l’oggetto di studio di una nuova produzione.
In questo senso, l’intento di Latella di dare al pubblico la possibilità di conoscere il ventaglio poetico di una compagnia, ci risulta congeniale, perché ci da la possibilità di esporre un discorso con tutte le annesse digressioni.
Per quel che riguarda il tema della, ormai tramontata, distinzione tra attore e performer, crediamo di aver dimostrato con le produzioni fin qui create, di non aver mai cercato una dicotomia tra le parti, ma anzi di aver tentato di integrare la poetica della parola con il dato performativo.
Quali sono le ragioni che secondo voi hanno portato la Direzione a selezionare voi e il vostro linguaggio? Vi siete in qualche modo “candidati”?
Con Antonio c’è stata una conoscenza lenta e costante. Ci siamo incontrati qualche volta in teatro, a volte entrambi pubblico, a volte in occasione dei suoi spettacoli. È iniziato un rapporto perciò dapprima umano e di stima reciproca sul lavoro. Sembra ci tenesse d’occhio da qualche tempo, quando gli abbiamo chiesto di venire ad Albenga a vedere una delle prime messe in scena di Educazione Sentimentale. È venuto a trovarci, ha visto lo spettacolo e abbiamo avuto modo di chiacchierare di tante cose. Qualche tempo dopo ci ha contattati e ci ha proposto di essere ospiti della Biennale.
Crediamo che aver testardamente perseguito un nostro linguaggio, difendendo sempre le scelte espressive percorse, proprio perché nostre e ragionate, abbia ripagato.
Kronoteatro è una delle realtà che in questi anni con caparbietà ha lavorato sulla drammaturgia contemporanea, ostinandosi a proporre al suo pubblico testi non classici. E così anche nelle vostre stagioni ad Albenga. Quando è perché è nata questa scelta, a quali fatiche vi costringe? Che risultati pensate di aver avuto sul vostro territorio?
Fare della drammaturgia contemporanea il mezzo espressivo prediletto e dedicarci, con il fondamentale contributo della drammaturga Fiammetta Carena, alla messa in scena di testi originali, è stato l’iter spontaneo della compagnia.
Quando è partito il percorso creativo, l’intenzione era quella di creare un linguaggio che fosse “farina del nostro sacco” in tutte le sue componenti.
Pensiamo inoltre che crescere, professionalmente, in un territorio, quello della provincia ligure di ponente, dove questa forma espressiva era completamente assente, ci abbia dato uno stimolo maggiore.
Questo spiega anche l’ostinazione, ripagata dai successi, con cui, attraverso la Kronostagione e Terreni Creativi, abbiamo proposto il teatro contemporaneo e di ricerca ad un pubblico completamente vergine in tal senso. Tutto ciò ci ha dato la possibilità, sul territorio di appartenenza, di assumere una fisionomia ben definita, di creare un pubblico nuovo e multiforme. La difficoltà maggiore è stata, ed è tuttora, quella di far capire fino in fondo alle varie amministrazioni locali (comunali e regionali) l’importanza e il valore che queste iniziative hanno in ambito culturale e civico.
Kronoteatro è anche il Festival Terreni Creativi che di solito si svolge nello stesso periodo di Biennale. Vi sposterete di date?
Terreni Creativi vive delle difficoltà sopra descritte, specialmente per quel che riguarda l’aspetto economico. Ad un indiscusso successo di critica e di pubblico non corrisponde mai e non è mai corrisposto un adeguato sostegno da parte delle amministrazioni locali; questo è l’elemento destabilizzante che, ogni anno, da nove anni, mette a serissimo rischio la sua realizzazione.
In ogni caso, non ci perdiamo d’animo e abbiamo già ipotizzato uno spostamento di date. La prossima edizione, se si farà, si svolgerà, l’11, 12 e 13 agosto.