MATTEO BRIGHENTI | La scelta. Prenderne una, la migliore, tra le tante possibili. E caricarsi del peso delle conseguenze e anche degli errori. Scegliere è una partita con il futuro sul campo della speranza. Perché ciò che pare meglio oggi non è detto che valga per il domani. L’attesa, allora, del tempo che confermi la scelta, intanto maturata in decisione, è la risposta che Giulia Vannozzi cerca Sottopelle, l’“atto solenne” che Leo Muscato santifica nel Vangelo secondo Lorenzo, il rispetto che Shebbab Met Project pretende con I Veryferici. Tre pièce in cui il meglio per sé fa i conti, resiste e infine cade di fronte al meglio per gli altri.
Una sedia nera, al centro della scena, poi più niente. Giulia Vannozzi entra dalla platea del Teatro Comunale di Antella (Bagno a Ripoli, Firenze) e scruta con occhio obliquo quel vuoto oscuro che la attrae e respinge insieme. Esita, indecisa e affranta, non sa, non capisce se sedersi là è ciò che vuole davvero, ciò che la farà stare meglio che qui, sulla soglia tra dentro e fuori, tra sapere e sperare.
Il prologo, tutto sguardi e silenzi, rivela fin da subito il travaglio umano e violento che attraversa Sottopelle, il primo monologo scritto da Vannozzi e che sta girando l’Italia con il Collettivo Teatrale Informale e la rassegna SEI Seincontri.Sei. degli attori-autori selezionati per il Laboratorio di narrazione di Francesco Niccolini e Roberto Aldorasi al festival trentino Montagne Racconta 2017.
Isa Benelli è la protagonista di questa storia di perdita e rinascita, crisi e opportunità. Isa ha un marito, due figli, e un posto di lavoro che la fa sentire, tutto sommato, ancora “fedele alla linea”: in un’azienda equo e solidale di cialde di caffè. La scrittura è tagliente quanto alla “smisurata” quotidianità di una mamma lavoratrice e sferzante su una certa sinistra “di lotta” per adulti che non hanno altro a cui pensare. C’è sempre, però, un’attitudine alla compassione, l’ironia è molto femminile, se così si può dire, benevola e mai denigratoria, perché riconosce che sventure e schizofrenie sono comuni tanto allo schernito quanto allo schernitore.
Il rapporto di coppia con Maurizio è un affanno che spezza i giorni e le notti, Isa è venuta a patti con i suoi sogni, un compromesso con il destino per strappare qualche sicurezza, ma il cuore è da un’altra parte. La sua occupazione giovanile, l’associazionismo, la mette sulla strada di Viktor, un adone extracomunitario. L’amore non è esattamente lui, è come lui la fa sentire: viva. Forse, è la prima volta, perché per la prima volta la vita le viene incontro con così tanta semplicità e bellezza.
Pure Viktor passa e dietro di sé lascia non solo dispiaceri, ma soprattutto eruzioni cutanee sul corpo di Isa. Le macchie sono uno sfogo che non va via con la medicina alternativa né da banco. Felicità ed eccitazione le hanno fatto abbassare le difese, non prendere precauzioni, e adesso la vita, dopo averla portata alle stelle, la fa sprofondare nell’angoscia più cupa. Forse, ha i sintomi dell’HIV.
Giulia Vannozzi è magnetica, appassionata e irriverente. È l’attrice che racconta in terza persona Sottopelle, è Isa che lo vive in prima ed è la sua coscienza che parla per la “bocca della verità” della Rete, i forum su Internet, perché “la paranoia non è un’attività che puoi fare part-time”. Svaniscono a una a una tutte le facili illusioni e giustificazioni, “il preservativo serve anche se prendi tante arance” è l’amara e cinica verità. Non esistono categorie a rischio, esistono piuttosto comportamenti a rischio.
La fine ricomincia dall’inizio, dalla sedia che ora capiamo essere in una sala d’aspetto. Isa non è l’Uomo dal fiore in bocca di Pirandello, non si attacca con l’immaginazione alla vita altrui, ma alla propria, riavvolta da Vannozzi fino a questo punto preciso: la scelta di fare il test, cioè che la malattia vera è non sapere cosa fare della propria esistenza. Si può sbagliare, ma si è comunque vivi finché non si è morti. Per questo il risultato dell’esame è affare solo e soltanto suo, perché lei, adesso, è già “guarita”.
Non bisogna avere paura di sbagliare. Del resto, anche i cardinali e i vescovi sono creature fallibili, come dice don Milani, “eretico è chi mostra per loro un rispetto che travalica i confini del nostro Credo”.
Rimane saldamente al di qua dell’esempio e della dottrina milaniana il Vangelo secondo Lorenzo scritto da Leo Muscato e Laura Perini e diretto dallo stesso Muscato. Una sorta di fiction teatrale, dopo il cinema teatro de Il nome della rosa, tutta tesa a onorare il priore di quell’“atto solenne” da lui richiesto in una delle ultime lettere all’arcivescovo di Firenze Ermenegildo Florit, affinché il suo apostolato non apparisse unicamente come “un fatto privato”.
Attraverso brevi scene dialogate e monologhi riepilogativi seguiamo Lorenzo Milani da prima dei voti fino alla morte, passando per Calenzano e Barbiana, la scuola popolare, il crocifisso staccato dal muro, le bandiere rosse in chiesa, i libri, la scrittura collettiva. La sua Resistenza, il suo salire in montagna, è scendere tra gli uomini, iniettare superbia ai poveri e umiltà ai ricchi, attraverso il “frutto proibito” nella trincea del conflitto sociale: l’istruzione.
Questo Vangelo secondo Lorenzo viene narrato in un non luogo asettico, razionalista, la scena è quasi un fondale anonimo da cui i personaggi entrano ed escono come in un orologio meccanico. Pochi e funzionali gli oggetti: sedie, tavoli, panche. Le luci vanno dal blu del cielo e delle tute degli operai, al verde della natura e dei soldi che mancano, al viola della Pasqua di passione.
Gli unici simboli religiosi sono una croce proiettata (stella polare che rischiara il cammino di fede), l’abito talare e, soprattutto, le parole del sacerdote, interpretato da Alex Cendron. La sua presenza è squadrata quanto l’ambiente intorno a sé e il suo tono di voce non si discosta mai dal dichiarativo/assertivo. Sembra riferirsi agli altri attori per parlare in realtà a noi, per rappresentarci un don Milani “cuor di leone”.
Fa lezioni frontali, non certo in cerchio, partecipative e collettive, com’erano a Barbiana e come abbiamo sperimentato con Lettera a una professoressa dei Chille de la balanza. Il Vangelo secondo Lorenzo ha la prosopopea di un sermone del ricordo, di una predica della memoria. Prova ne siano le scene in cui don Milani officia la messa: la platea è la navata centrale della chiesa rievocata da Muscato, il cast ai due lati lascia a Cendron campo libero per catechizzare noi maggioranza silenziosa.
Nel secondo tempo i bambini di Barbiana portano un po’ di energia, vitalità e imprevedibilità, ma lo spettacolo non riesce ugualmente a essere poetico o toccante, perché non (si) dà il tempo del pensiero, dell’interpretazione, della suggestione. C’è spazio solamente per l’esposizione di fatti, temi, circostanze. La complessità è semplificata con un riassunto di eventi al limite dell’aneddotica.
“Ci sono regole oggettive che valgono per tutti e per sempre – scrive don Milani all’amico giornalista Giorgio Pecorini presentando la Lettera – e l’opera è tanto più arte quanto più le segue e s’avvicina al vero”. Il realismo del Vangelo secondo Lorenzo è costruito sul “vero” di un santino celebrativo nel 50° anniversario della morte.
Sul palco del Teatro delle Spiagge di Firenze nemmeno il giovane gruppo multietnico Shebbab Met Project, Premio Scenario per Ustica 2017 recensito su PAC da Giulia Zanichelli, va oltre la mera dichiarazione, l’esposizione di sé: i Veryferici sono supereroi della diversità, Avengers delle differenze, con mantelli di plastica come la grande parete di sacchetti e scotch alle loro spalle. “Supererrori”, invece, per benpensanti, intolleranti e razzisti vari.
I Veryferici è il nome dell’“album” che suonano, rappano, ballano, cantano nelle loro rispettive lingue madri, su testi originali o riadattati da brani “meticci” come Le Vent Nous Portera dei Noir Desir e Il gorilla di Fabrizio De André. Gli animali a cui stare attenti sono proprio loro, simbolicamente sulla piazza di Gorino, la cittadina in provincia di Ferrara che fece le barricate contro 12 migranti nell’ottobre 2016 (salvo poi redimersi l’anno successivo).
Inseguono dai confini del mondo un riscatto d’attenzione e accoglienza, attraverso un lavoro a metà tra il teatro di strada e il teatro canzone, contro il pregiudizio e la discriminazione: “neri si nasce, negri si diventa” per scelta degli altri. Il collettivo è coeso, vivace, genuino, eppure, complici una drammaturgia e regia ferme al collage delle improvvisazioni di partenza, gli schiaffi presi, reali e metaforici, non li hanno resi: sembrano anzi compiangersi, farsi forza a vicenda.
Alla fine impariamo chi sono, tuttavia non sappiamo cosa vogliono, a parte un altro viaggio e una città per mostrare con durezza le proprie “ferite”.
Sottopelle
di e con Giulia Vannozzi
con la cura e l’amore di Francesco Niccolini
produzione Collettivo Teatrale Informale
Teatro Comunale di Antella
Bagno a Ripoli, Firenze
Giovedì 5 aprile 2018
Vangelo secondo Lorenzo
di Leo Muscato e Laura Perini
con Alex Cendron nella parte di Lorenzo Milani
con (in ordine alfabetico) Alessandro Baldinotti, Giuliana Colzi, Andrea Costagli, Nicola Di Chio, Silvia Frasson, Dimitri Frosali, Fabio Mascagni, Massimo Salvianti, Lucia Socci, Beniamino Zannoni
e con (per la prima volta sulla scena) Giovanni Carrara, Pietro Carrara, Corrado Casalini, Duccio Casalini, Giulio Elefante, Mattia Mazzoni, Ilaria Pascal, Greta Sabatino
regia Leo Muscato
scene Federico Biancalani
costumi Margherita Baldoni
disegno luci Alessandro Verazzi
assistente alla regia Alessandra De Angelis
coproduzione Elsinor Centro di Produzione Teatrale, Arca Azzurra Teatro, Teatro Metastasio di Prato per Fondazione Istituto Dramma Popolare di San Miniato
Teatro Metastasio
Prato
Venerdì 6 aprile 2018
I Veryferici
Premio Scenario per Ustica 2017
di Shebbab Met Project
con Lamin Kijera, Moussa Molla Salih, Alexandra Florentina Florea, Natalia De Martin Deppo, Youssef El Ghada, Matteo Miucci, Younes El Bouzari, Gianfilippo Di Bari, Camillo Acanfora
regia coordinata da Camillo Acanfora
drammaturgia Natalia De Martin Deppo
visual artist Aurélia Higuet
Teatro delle Spiagge
Firenze
Sabato 7 aprile 2018
[…] e cinica verità. Non esistono categorie a rischio, esistono piuttosto comportamenti a rischio. https://paneacquaculture.net/2018/04/10/vannozzi-muscato-shebbab-met-project-le-parole-per-dire-il-m… Alice Capozza e Michele D’Ambrosio. Gufetto Giulia Vannozzi, dimostrando maestria e ironia, […]